MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Nota 12 aprile 2019, n. 3650
Statuti degli enti del terzo settore. Individuazione delle attività di interesse generale e delle finalità. Artt. 4, comma 1, 5 comma 1 e 21
Si fa riferimento alla richiesta pervenuta il 3 aprile scorso via mail da parte di codesto Servizio, relativo alla modalità secondo le quali gli enti del Terzo settore, anche di nuova costituzione, sono chiamate a individuare statutariamente le attività di interesse generale.
Si chiede in particolare se gli enti abbiano facoltà di inserire tutte le attività indicate nell’articolo 5 del d.lgs. 117/2017 o se debbano invece limitarsi ad indicare solo quelle “ritenute più congrue rispetto agli scopi statutari e al campo di azione degli enti”.
In proposito, si osserva quanto segue.
Lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale è uno degli elementi che connotano unitamente alla finalità e all’assenza dei fini di lucro, gli enti che, ai sensi del citato decreto legislativo possono rientrare a far parte del perimetro del Terzo settore, per effetto della qualificazione conseguita attraverso l’iscrizione al RUNTS.
La funzione del RUNTS nell’intendimento del legislatore è quella di individuare da un lato gli enti in parola, dall’altro quella di assicurare nella misura prevista la conoscibilità degli atti e fatti rilevanti e la trasparenza sulle attività svolte, sui risultati conseguiti, nonché sull’impiego delle risorse, sia di provenienza pubblica che di provenienza privata, che gli enti acquisiscono in conseguenza delle attività stesse.
L’articolo 21 del Codice nell’indicare i contenuti obbligatori dell’atto costitutivo (di cui lo statuto, se pur modificabile nel corso del tempo, costituisce parte integrante) individua tra gli altri sia l’attività di interesse generale che costituisce l’oggetto sociale che le finalità solidaristiche e di utilità sociale che l’ente, nella sua autonomia di soggetto a caratterizzazione necessariamente privatistica, sceglie di perseguire. Ferma restando la dovuta prevalenza di quelle cd. di interesse generale, gli enti del terzo settore “possono esercitare attività diverse da quelle di cui all’articolo 5, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale” (art. 6).
Ne consegue che, ferma la possibilità di esercitare attività diverse, nei limiti sopra descritti, l’individuazione “di una o più attività di interesse generale” non potrà esplicarsi nell’inserimento pedissequo, nello statuto, di un elenco di tutte le attività previste dall’articolo 5 o di un numero di esse tale da rendere indefinito – e come tale non conoscibile – l’oggetto sociale.
La varietà dei possibili settori di attività individuati come “di interesse generale” testimonia della volontà del legislatore di garantire agli enti un’ampia autonomia nell’individuazione della/delle attività attraverso le quali, nel rispetto delle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, meglio conseguire le finalità associative in armonia con la natura, le caratteristiche, la “vocazione” dell’ente. Tale autonomia, d’altro canto, non può portare ad eludere gli obblighi di trasparenza e conoscibilità nei confronti dei terzi o il diritto degli associati (anche futuri) di aderire ad una compagine di cui siano chiaramente individuate (e ragionevolmente collegate tra loro) attività e finalità. Sarà sempre possibile modificare l’oggetto sociale inserendo nuove attività o eliminando attività che l’ente non ritiene più di svolgere. Tuttavia, ciò dovrà essere il frutto di una precisa scelta degli associati, da assumersi alla luce e nel rispetto delle regole organizzative di cui l’ente si è dotato secondo caratteristiche di democraticità e trasparenza.
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