Agenzia delle Entrate – Risposta n. 485 del 3 ottobre 2022

Note di variazione IVA – Mancata accettazione del curatore – Tardiva insinuazione al passivo – Articolo 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente

QUESITO 

[ALFA], nel prosieguo istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.

L’istante, nello svolgimento della propria attività di revisione legale e volontaria dei conti, di organizzazione contabile, nonché di altre attività nell’ambito dei servizi professionali alle imprese, si è resa creditrice degli importi recati da nove fatture, emesse negli anni dal 2011 al 2015 nei confronti della [BETA], dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di […] depositata il […] giugno 2021.

Con l’intento di emettere sin dall’apertura della procedura fallimentare la relativa nota di variazione in diminuzione, in rettifica delle fatture insolute, come previsto dal testo dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633, nella versione vigente a decorrere dal 26 maggio 2021, l’istante riferisce di aver «contattato telefonicamente il curatore designato dalla procedura fallimentare, al fine di informarlo e chiedere alcune indicazioni di carattere operativo (e.g. codice destinatario a cui indirizzare la nota di variazione in oggetto etc.). Purtroppo, il curatore ha negato la possibilità di poter procedere con la nota di variazione, motivando tale rifiuto nella mancata insinuazione al passivo nei termini stabiliti da parte della società istante, nonché nella mancata indicazione da parte del Tribunale competente dalle disposizioni procedurali in recepimento della nuova normativa IVA.

Tuttavia, dinanzi al diniego del curatore fallimentare, l’istante, tenendo presente le nuove disposizioni in merito al termine decadenziale entro cui poter emettere la nota di variazione per il recupero dell’IVA, ha proceduto ugualmente con la relativa emissione (allegato 6) in data 11 aprile 2022, pertanto entro il termine ultimo del 30 aprile 2022, cioè il termine di presentazione della dichiarazione IVA 2022 relativa al 2021, anno in cui si è verificato il presupposto (i.e. […] giugno 2021, giorno di emissione della sentenza dichiarativa del fallimento della società di cui l’istante è creditore).

Tuttavia, tenendo in considerazione che il momento entro cui esercitare il diritto alla detrazione è stato individuato alternativamente (i) nella data della liquidazione periodica IVA relativa al mese in cui la nota viene emessa o (ii) al più tardi, in sede di dichiarazione IVA relativa all’anno di emissione della nota, l’IVA della nota di variazione emessa dall’istante non è stata portata in detrazione nella liquidazione del mese di emissione della stessa (i.e. aprile 2022) in attesa di formale conferma da parte di codesta spettabile Agenzia».

Ciò premesso, l’istante chiede di sapere «se può esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA pari a […] della nota di variazione tempestivamente emessa, direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all’anno 2022 (da presentare entro il 30 aprile 2023), anche a seguito del diniego del curatore fallimentare, per la mancata insinuazione al passivo e per mancato aggiornamento delle disposizioni fallimentari sul tema».

 

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE 

In sintesi, «l’istante ritiene che il diritto alla detrazione dell’IVA della nota di variazione tempestivamente emessa entro il 30 aprile 2022 potrà essere esercitato direttamente in sede di dichiarazione IVA 2023 per l’anno di imposta 2022, prescindendo dall’insinuazione al passivo e/o dall’accettazione del curatore».

 

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE 

L’articolo 26 del d.P.R. n. 633 del 1972, nella versione vigente a decorrere dal 26 maggio 2021, consente, al comma 3-bis, di emettere note di variazione in diminuzione

«in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente:

a) a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale […]».

A differenza del testo normativo previgente, quindi, il cedente o prestatore insoddisfatto non deve più attendere l’eventuale esito infruttuoso della procedura concorsuale.

Al riguardo, la circolare 29 dicembre 2021, n. 20/E, ha chiarito che «In aderenza alla nuova formulazione della norma, si ritiene che l’emissione della nota di variazione in diminuzione (a decorrere dalla data di avvio della procedura concorsuale) e, conseguentemente, la detrazione dell’imposta non incassata, non risulti preclusa al cedente/prestatore (creditore) che non abbia effettuato l’insinuazione al passivo del credito corrispondente».

Quanto poi alle tempistiche di esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta oggetto di variazione, il medesimo documento di prassi ha altresì precisato che «emessa tempestivamente detta nota – entro il termine di presentazione ordinario della dichiarazione annuale IVA relativa all’anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione – “l’imposta detratta confluirà nella relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione annuale IVA di riferimento”. Rileva, in altre parole, ai fini della detrazione, anche il momento di emissione della nota di variazione, che rappresenta il presupposto formale necessario per l’esercizio concreto del diritto».

Con riferimento, invece, agli obblighi che si configurano in capo al cessionario o committente, sempre la circolare n. 20/E del 2021 – ricordando preliminarmente che

«Resta invariato il primo periodo del comma 5 dell’articolo 26 del DPR n. 633 del 1972, secondo cui, ove il cedente o prestatore si avvalga dell’anzidetta facoltà di operare la variazione in diminuzione, «il cessionario o committente che abbia già registrato l’operazione ai sensi dell’articolo 25, deve in tal caso registrare la variazione a norma dell’articolo 23 o 24, nei limiti della detrazione operata, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa»» – ha al riguardo chiarito che «In base all’ultimo periodo aggiunto al predetto comma 5 del Decreto IVA dall’articolo 18, comma 1, lettera c), del Decreto Sostegni-bis, comunque, tale obbligo di registrare la nota di variazione emessa dal creditore «non si applica nel caso di procedure concorsuali di cui al comma 3-bis, lettera a)». Il curatore o commissario che riceve la nota di variazione, pertanto, non è tenuto ad annotare la corrispondente variazione in aumento nel registro di cui all’articolo 23 o all’articolo 24 del DPR n. 633 del 1972. Ciò implica che, in tal caso, la procedura non è tenuta al versamento dell’imposta, che resta a carico dell’Erario (cfr. circolare n. 12/E dell’8 aprile 2016, paragrafo 13.1)».

Ne consegue che, in linea generale, è possibile esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA oggetto di tempestiva variazione, direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all’anno in cui la stessa nota è stata emessa (realizzandosi così anche il presupposto “formale” che consente di detrarre l’imposta che ne è oggetto), indipendentemente dalla mancata insinuazione al passivo del credito ed anche in assenza dell’accettazione del curatore, posto che la normativa IVA richiamata non pone a carico di quest’ultimo alcun adempimento fiscale, esentandolo dall’obbligo di registrazione della nota di variazione ricevuta e di versamento della relativa imposta.

Con riferimento al caso oggetto di interpello, tuttavia, dall’esame della documentazione prodotta, è emerso che l’istante ha emesso un’unica nota di variazione in diminuzione della sola IVA recata dalle nove fatture insolute.

Detto modus operandi non risulta corretto alla luce delle indicazioni fornite con la risoluzione 3 aprile 2008, n. 127 – e, più di recente, con la risposta ad interpello n. 801 pubblicata il 3 dicembre 2021 nell’apposita sezione del sito della scrivente (www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agli- interpelli/interpelli) – lì dove è stato chiarito che «Affinché sia possibile emettere la nota di variazione è necessario, quindi, che successivamente all’emissione della fattura ed alla sua registrazione, venga a mancare in tutto o in parte l’originaria prestazione imponibile. La variazione in diminuzione deve, infatti, essere rappresentativa sia della riduzione dell’imponibile che della relativa imposta. Una nota di variazione che tenga conto della sola imposta non riscossa andrebbe a scindere l’indissolubile collegamento esistente tra imposta ed operazione imponibile. La conseguenza paradossale di una tale ricostruzione sarebbe che, a fronte di un’operazione imponibile per la quale è stato interamente riscosso il corrispettivo, l’Erario non incasserebbe alcuna imposta sul valore aggiunto.

In definitiva, va ribadito il principio secondo cui il mancato pagamento a causa di procedure concorsuali deve essere, comunque, riferito all’operazione originaria nel suo complesso e, pertanto, non è possibile emettere nota di variazione per il recupero della sola imposta».

I chiarimenti di cui ai predetti documenti di prassi restano validi anche nell’ipotesi di nota di variazione emessa – sulla base dell’attuale formulazione dell’articolo 26 del d.P.R. n. 633 del 1972 – sin dall’apertura della procedura concorsuale.

La nota di variazione di sola IVA, così come emessa dall’istante, risulta quindi errata e, essendo ormai spirato il termine entro cui la stessa avrebbe potuto essere riemessa correttamente (30 aprile 2022) viene conseguentemente meno la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione della relativa imposta in sede di dichiarazione IVA 2023.

Giova, infine, ricordare che, laddove il cedente/prestatore, ritenendo di poter utilmente recuperare il proprio credito, scegliesse di insinuarsi al passivo e di non avvalersi della facoltà prevista dal predetto comma 3-bis, e la procedura concorsuale si rivelasse infruttuosa, il medesimo potrebbe comunque avvalersi di quanto disposto dal comma 2 dello stesso articolo 26, secondo cui «Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25».

Come già più volte chiarito dalla prassi, il citato articolo 26, comma 2, riferendosi anche alle figure “simili” alle cause di “nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione”, consente di valorizzare ragioni ulteriori per le quali un’operazione fatturata può venir meno in tutto o in parte o essere ridotta nel suo ammontare imponibile. Come anche sottolineato dalla Suprema Corte, infatti, ciò che conta non è tanto la modalità con cui si manifesta la causa della variazione dell’imponibile e dell’IVA, quanto piuttosto che della variazione e della sua causa si effettui registrazione ai sensi degli articoli 23, 24, e 25 del d.P.R. n. 633 del 1972. Occorre, altresì, che vi sia, da un lato, identità tra l’oggetto della fattura e la registrazione originaria e, dall’altro, l’oggetto della registrazione della variazione, di modo che sia palese la corrispondenza tra i due atti contabili (cfr. Corte di cassazione 6 luglio 2001, nn. 9188 e 9195; risoluzione 17 febbraio 2009, n. 42/E).

Tra i casi “simili” è, dunque, possibile ricondurre tutte quelle cause in grado di determinare una modificazione dell’assetto giuridico instaurato tra le parti, caducando in tutto o in parte con effetto ex tunc gli effetti dell’atto originario, in particolare per ciò che attiene ai corrispettivi economici delle operazioni.

Ne consegue che, per coloro che decidano di attendere l’esito della procedura – non avvalendosi della facoltà di emettere la nota di variazione alla sua apertura – la definitività del piano di riparto infruttuoso, che attesta il definitivo mancato pagamento del corrispettivo, può costituire un autonomo presupposto per operare la variazione in diminuzione ex comma 2 dell’articolo 26.

Ciò detto, con riguardo alla fattispecie prospettata con il presente interpello, solo nell’ipotesi di tardiva insinuazione al passivo e successiva eventuale “infruttuosità” della procedura concorsuale, l’istante sarebbe legittimato a riemettere correttamente la nota di variazione, maturando il diritto alla detrazione dell’IVA mai percepita.