Agenzia delle Entrate – Risposta n. 181 del 7 aprile 2022
Note di variazione IVA – Omessa insinuazione al passivo fallimentare – Articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
[ALFA], di seguito anche istante, pone un quesito, qui di seguito sinteticamente riportato, in merito alla possibilità di emettere delle note di variazione dell’IVA, a seguito di procedura concorsuale infruttuosa, anche quando il credito non risulta ammesso al passivo.
In particolare, sono prospettati due casi:
CASO A): PROCEDURA FALLIMENTARE “[BETA]”
L’istante riferisce di aver maturato un credito, quale corrispettivo dovuto per servizi resi, nei confronti della “[BETA]”, dichiarata fallita con sentenza emessa in data […] 2015.
Al riguardo, fa presente di non aver «mai ricevuto la comunicazione» di apertura della procedura concorsuale «poiché, per quanto riferito dal curatore, lo stesso non ha potuto adempiere a tale obbligo atteso che la documentazione e la contabilità della fallita risultavano carenti ed incomplete».
L’istante afferma, altresì, di non aver appreso della procedura concorsuale «nemmeno tramite il sistema di pubblicità camerale», perché essendo una azienda «costretta a gestire, costantemente, un numero molto elevato di crediti di valore variabile» non può «prevedere di sottoporre tutti indistintamente i propri debitori a verifica ed a monitoraggio camerale».
Secondo quanto riportato nell’istanza, infatti, «solo nel corso dell’anno 2021, a seguito di verifiche effettuate nell’ambito dell’ordinaria gestione del credito, è emersa l’apertura della procedura concorsuale a carico della [BETA]», e «che la stessa era anche già stata chiusa con provvedimento emesso in data […].21 (doc. n. 2), per mancanza di attivo da ripartire, ai sensi dell’art. 118 n. 4 L.F.»; conseguentemente,
«non è stato oggettivamente possibile, per l’istante, procedere con il deposito dell’istanza di ammissione al passivo del proprio credito, nemmeno in via “ultratardiva”, ai sensi dell’art. 101 L.F. ultimo comma».
CASO B): PROCEDURA FALLIMENTARE “[GAMMA]”
L’istante riferisce di aver maturato un credito, quale corrispettivo dovuto per servizi resi, nei confronti della “[GAMMA]”, dichiarata fallita con sentenza emessa in data […] 2015.
Al riguardo, fa presente che «In data […].2016, su istanza del curatore, è stato emesso provvedimento ex art. 102 L.F. con cui è stato disposto il non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo (doc. n. 4), in considerazione della mancanza di attività da liquidare in favore del ceto creditorio»; per tale motivo
«l’istante, ben consapevole della totale inutilità di un’eventuale ammissione del proprio credito allo stato passivo, atteso che riparti in proprio favore non ne sarebbero mai arrivati, ha optato per non avviare la procedura di insinuazione del proprio credito, poiché chiaramente antieconomica […]».
«La procedura fallimentare de qua è stata dichiarata chiusa, ai sensi dell’art. 118 n. 4 L.F., per mancanza totale di attivo, come da decreto del […].2021 (doc. n. 6)».
Ciò premesso, l’istante chiede se sussistano i presupposti per emettere una nota di variazione IVA in diminuzione, in base all’articolo 26, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito “decreto IVA”), nella formulazione vigente ante 26 maggio 2021 – che consentiva di operare la variazione IVA «per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose» – benché, a tal proposito, la circolare 17 aprile 2000, n. 77/E abbia chiarito che «l’infruttuosità della procedura viene giuridicamente ad esistenza allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, in tutto o in parte, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo», e tale indicazione postula «la necessaria partecipazione del creditore al concorso» previa ammissione al passivo della procedura.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In sintesi, l’istante, nel richiamare al riguardo la pronuncia della Corte di Giustizia Europea dell’11 giugno 2020 (causa C-146/19), ritiene che «la pretesa di subordinare l’emissione della nota di variazione in diminuzione ex art. 26 D.P.R. n. 633/72 all’insinuazione del credito al passivo concorsuale, peraltro prevista solo dalla Circolare Ministeriale n. 77/E del 2000, sia parimenti in contrasto con l’art. 90, paragrafo1, e con l’art. 273 della Direttiva IVA, nella misura in cui non si ammette la possibilità per il contribuente di dimostrare che un’eventuale insinuazione al passivo sarebbe stata, comunque, sostanzialmente inutile.
Invero, in entrambe le fattispecie concrete proposte a sostegno della presente istanza di interpello, risulta documentalmente accertato che:
– le procedure fallimentari si sono definitivamente concluse nel corso dell’anno 2021;
– il decreto di chiusura di entrambe le procedure è stato emesso ai sensi dell’art. 118 n. 4 L.F., per mancanza di attivo da liquidare;
– per l’effetto, anche qualora l’istante avesse ammesso al passivo i propri crediti, non avrebbe, comunque, ricevuto alcun riparto;
– rimane accertata la definitività del mancato pagamento di quei crediti, a fronte dei quali l’istante ha versato, in favore dell’Erario, un importo IVA che non ha mai percepito dai debitori, con evidente violazione del principio di neutralità dell’IVA».
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’articolo 26, comma 2, del decreto IVA, nella versione vigente ante 26 maggio 2021, stabiliva che «Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, […] per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose […], il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25».
La suesposta disposizione disciplina le variazioni in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta il cui esercizio, diversamente dalle variazioni in aumento previste al comma 1 del medesimo articolo 26, ha natura facoltativa ed è limitato alle ipotesi espressamente previste.
Tra queste figura il «mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali […] rimaste infruttuose». Al riguardo, con la circolare 17 aprile 2000, n. 77/E, è stato chiarito che «tale circostanza viene giuridicamente ad esistenza allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, in tutto o in parte, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo.
Il verificarsi di tale evento postula, quindi, in via preventiva, da un lato l’acclarata insolvenza dell’importo fatturato e l’assoggettamento del debitore a procedura concorsuale, dall’altro la necessaria partecipazione del creditore al concorso».
Successivamente, con la risoluzione del 16 maggio 2008, n. 195/E è stato altresì precisato che «Il legislatore ha, dunque, limitato la rilevanza del mancato pagamento alle ipotesi di “procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose”, perché solo in tali ipotesi si ha una ragionevole certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore. Il mancato pagamento assume, quindi, rilievo costitutivo nelle sole ipotesi in cui il creditore abbia esperito tutte le azioni volte al recupero del proprio credito ma non abbia trovato soddisfacimento».
Dello stesso tenore la pronuncia della Corte di cassazione 27 gennaio 2014, n. 1541, ove è stato chiarito che «In tema di IVA, la variazione prevista dal secondo comma dell’art. 26 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, con riguardo all’ipotesi in cui sia stata emessa fattura per un’operazione successivamente venuta meno per mancato pagamento a causa del sopravvenuto fallimento della debitrice, richiede la necessaria partecipazione del creditore alla relativa procedura concorsuale e la prova del vano esperimento del recupero del suo credito in quella sede, che è desumibile, esclusivamente, dall’infruttuosa ripartizione finale dell’attivo o, in mancanza, dalla definitività del provvedimento di chiusura del fallimento».
Con ogni evidenza, quindi, per le procedure concorsuali aperte in data antecedente il 26 maggio 2021, il presupposto che consente di emettere la nota di variazione in diminuzione per «mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali […] rimaste infruttuose» si realizza allorquando si verificano congiuntamente le seguenti condizioni:
– il creditore si è utilmente attivato al fine di recuperare il proprio credito, prendendo parte alla procedura concorsuale;
– la pretesa creditoria rimane insoddisfatta «per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo», ovvero quando «si ha una ragionevole certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore».
Ciò nondimeno – alla luce dell’insegnamento di cui alla sentenza della Corte di Giustizia Europea (causa C-146/19) dell’11 giugno 2020, nota all’istante – il presupposto in parola può dirsi realizzato laddove il creditore dimostri che la sua “inerzia” consegue alla preventiva valutazione di “antieconomicità” della partecipazione al concorso, dovuta alla prevedibile incapienza del patrimonio del debitore.
La pronuncia del Giudice unionale, infatti, al fine di consentire l’esercizio del diritto alla variazione in diminuzione, nell’ipotesi di inosservanza dell’obbligo di insinuare il credito nella procedura fallimentare, chiarisce che «l’articolo 90, paragrafo 1, e l’articolo 273 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa di uno Stato membro, in virtù della quale ad un soggetto passivo viene rifiutato il diritto alla riduzione dell’IVA assolta e relativa ad un credito non recuperabile qualora egli abbia omesso di insinuare tale credito nella procedura fallimentare instaurata nei confronti del suo debitore, quand’anche detto soggetto dimostri che, se avesse insinuato il credito in questione, questo non sarebbe stato riscosso».
Volendo recepire le indicazioni impartite dal Giudice unionale, ne deriva che, per le procedure concorsuali aperte in data antecedente il 26 maggio 2021, il diritto alla variazione in diminuzione sorge anche nell’ipotesi di omessa insinuazione al passivo della pretesa creditoria, solo laddove il contribuente possa dimostrare l’infruttuosità della procedura fallimentare per mancanza di attivo da liquidare.
Resta inteso che il diritto alla variazione è esercitabile solo alla chiusura della procedura, e ciò anche se, nelle more, sia intervenuta la prescrizione del credito. D’altronde, il creditore che omette di insinuare il proprio credito al passivo ritenendo “antieconomica” la partecipazione al concorso, non beneficia dell’interruzione della prescrizione prevista dall’articolo 2945, secondo comma, del codice civile, che spetta esclusivamente ai crediti ammessi al passivo, né può diversamente azionare la propria pretesa creditoria nelle more dello svolgimento della procedura fallimentare, essendo preclusa qualsiasi iniziativa individuale sul patrimonio del fallito (Cfr. Cassazione civile, 6 febbraio 2002, n. 1586).
Diversamente, alla luce dei chiarimenti forniti con la risposta ad interpello n. 102, pubblicata il 10 marzo 2022 nell’apposita sezione del sito della scrivente ( www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agli- interpelli/interpelli), il diritto alla variazione in diminuzione non può sorgere nella diversa ipotesi di prescrizione del credito antecedente l’apertura della procedura fallimentare, evento che ne preclude l’ammissione stessa al passivo.
Orbene, in entrambi i casi oggetto di interpello, risulta dimostrata la mancanza di attivo da liquidare, sicché qualora l’istante avesse insinuato al passivo i propri crediti, non li avrebbe, comunque, riscossi, nemmeno in parte.
Per quanto sopra chiarito – nel presupposto che i crediti in parola non fossero già prescritti alla data di apertura delle procedure fallimentari (circostanza non verificabile in sede di interpello) – l’istante è legittimato ad emettere due note di variazione IVA in diminuzione, in base all’articolo 26, comma 2, del decreto IVA, nella formulazione vigente ante 26 maggio 2021, a decorrere dalla definitività dei provvedimenti di chiusura delle predette procedure fallimentari, per mancanza di attivo da liquidare. Si rammenta, infine, che, qualora in sede di attività di controllo dovessero emergere fatti e circostanze idonei a modificare lo scenario sopra descritto, il presente parere non esplicherà alcuna efficacia.