AGENZIA delle ENTRATE – Principio di diritto n. 1 del 10 gennaio 2023
Note di variazione IVA – Obbligo di emissione delle note di variazione in aumento in ipotesi di inefficacia di un accordo transattivo stipulato nell”ambito di un piano attestato di risanamento ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 – Articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
In molteplici occasioni, tramite appositi documenti di prassi o in risposta a specifiche istanze di contribuenti si veda, ad esempio, la circolare n. 20/E del 29 dicembre 2021, nonché le risposte pubblicate nell’apposita sezione del sito istituzionale della scrivente (www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-eprassi/risposteagliinterpelli/interpelli) la scrivente ha chiarito quali siano le indicazioni che si possono trarre dal quadro normativo in essere in tema di note di variazione ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA).
Con specifico riferimento alle ipotesi contemplate nell’articolo 26, comma 3-bis, del decreto IVA e, dunque, «in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente» quando questi è assoggettato ad una delle procedure indicate nelle successive lettere a) e b) del medesimo comma dai documenti sopra ricordati emerge:
a) la possibilità per il cedente/prestatore di effettuare la variazione in diminuzione «dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267» [si veda il citato comma 3-bis, lettera a)];
b) in capo al cessionario/committente il permanere dell’«obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata», considerato che tali «istituti [ossia, gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis ed i piani attestati ex articolo 67, terzo comma, lettera d), L.F. (ora anche articolo 56 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)], infatti, non sono qualificabili come procedure concorsuali in senso stretto, in quanto mancano sia del carattere della ”concorsualità”, sia di quello dell”’ufficialità”. Il cedente/prestatore, pertanto, può portare in detrazione l’IVA, nella misura esposta nella nota di variazione, mentre la controparte è tenuta a ridurre in pari misura la detrazione che aveva effettuato, riversando l’imposta all’Erario (cfr. circolare n. 12/E del 2016, paragrafo 13.2).» (così la circolare n. 20/E del 2021);
stante il nuovo comma 5-bis dell’articolo 26 del decreto IVA, l’effetto che qualora «successivamente all’emissione della nota di variazione in diminuzione, ”il corrispettivo sia pagato, in tutto o in parte, si applica la disposizione di cui al comma 1”, ossia l’obbligo di emettere una nota di variazione in aumento. ”In tal caso, il cessionario o committente che abbia assolto all’obbligo di cui al comma 5 ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione in aumento”.» (si veda sempre la circolare n. 20/E del 2021).
Alla luce di quanto sopra, nelle ipotesi di piani attestati pubblicati nel registro delle imprese, emerge la volontà del legislatore di non costringere i cedenti/prestatori, che si siano avvalsi della facoltà di emettere una nota di variazione in diminuzione, ad effettuare una variazione in aumento per la medesima operazione, se non a fronte del successivo pagamento, in tutto o in parte, del relativo corrispettivo.
D’altronde, anche in ragione di un principio di economicità, a fronte dell’acclarato omesso pagamento da parte del cessionario/committente, che questi tramite il piano riconosce ed il professionista indirettamente attesta con successiva pubblicazione nel registro delle imprese, l’obbligazione iniziale rimane inadempiuta e l’eventuale risoluzione dell’accordo raggiunto in base al piano non muta tale aspetto, aprendo anzi alla possibilità di procedere ad una nuova variazione in diminuzione dopo quella in aumento.
Effetto che il legislatore economizza e riduce ad unità stabilendo, come detto, l’obbligo di una variazione in aumento solo a fronte del pagamento, totale o parziale, del corrispettivo che ha costituito oggetto della precedente nota di variazione in diminuzione, eventualmente emessa.