La Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia con la sentenza n. 154/2/13 depositata il 25 ottobre 2013 ha affermato che al redditometro vanno applicate le regole dello Statuto del contribuente. Per cui l’Agenzia delle Entrate deve emettere un processo verbale alla conclusione dell’istruttoria e deve attendere il termine dilatorio di 60 giorni. L’inosservanza comporta la nullità della pretesa.
La vicenda è iniziata con l’invio di un invito dell’agenzia delle Entrate rivolto ad un contribuente per ottenere informazioni circa la capacità contributiva. Sono seguiti un paio di incontri, durante i quali sono stati prodotti documenti e giustificazioni a supporto. L’ufficio alla conclusione della procedura ha emesso e notificato due avvisi di accertamento applicando, ai beni indici, i coefficienti del redditometro.
Il contribuente avverso tali atti impositivi ricorreva inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale lamentando varie doglianze, tra cui , la nullità per il mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni previsto dall’articolo 12, comma 7 dello Statuto del contribuente.
La normativa richiamate prevede che «nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente», dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, il contribuente può comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori.
Pertanto l’avviso di accertamento non può essere emesso prima della scadenza di questo termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.
Per l’amministrazione finanziaria la norma, in esame, trova applicazione nelle sole ipotesi di verifica con accesso e non nei cosiddetti accertamenti a “tavolino”, come ad esempio il redditometro.
Per cui l’assenza, in ogni caso, del verbale di chiusura delle indagini comporta l’inesistenza di un termine iniziale per la decorrenza dei 60 giorni e, di conseguenza, la norma risulta inapplicabile. I giudici di prime cure hanno accolto il ricorso del contribuente seguendo un iter logico fondato su alcuni dei principi affermati dalle più recenti pronunce della Corte di Cassazione.
Il collegio giudicante ha preliminarmente esaminato ed affermato il carattere semplice delle presunzioni da redditometro (Cassazione, 23554/2012) e che, al pari di studi di settore e parametri, è necessario un preventivo contraddittorio per adeguare il risultato “statistico”, alla realtà del contribuente (Cassazione, 13289/2011).
I giudici della CTP su tale problematica hanno richiamato la recente pronuncia delle Sezioni Unite (18184/2013) che, benché si riferisca a una verifica con accesso, nella parte iniziale della motivazione è affermato che l’invio di un questionario si prefigge il «meritorio scopo di favorire il dialogo e l’intesa tra fisco e cittadino», rapporto che deve essere improntato su lealtà, correttezza e collaborazione, anche al fine di evitare inutili contenziosi.
Il comma 7 dell’articolo 12 dello Statuto qualifica la norma come espressiva, non solo dei citati principi, ma anche di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione (articolo 97 della Costituzione), di capacità contributiva (articolo 53) e di uguaglianza.
Pertanto, alla luce di quanto sopra, il termine previsto di 60 giorni rappresenta dunque l’intervallo destinato a favorire la partecipazione del contribuente prima dell’emissione dell’atto.
Per i giudici, ai sensi dell’articolo 24 della legge 4/29, le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie devono essere constatate mediante processo verbale, in assenza del quale l’accertamento è nullo.
Interessanti, come abbiamo visto, le motivazioni della sentenza in esame poichè oltre a confermare l’applicabilità dello Statuto anche agli accertamenti a tavolino, sembra sottolineare che solo quando il contribuente ha consapevolezza delle violazioni a suo carico (notifica di un verbale) può concretamente esercitare il proprio diritto al contraddittorio, nel termine previsto di 60 giorni.
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