AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 198 del 7 febbraio 2023
Riconoscimento anche ai fini fiscali del trattamento contabile delle plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni alla controllante nell’ambito di un’operazione descritta come ”lease back indiretto”
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA, che redige il bilancio secondo il codice civile e non rientra tra le microimprese, rappresenta di essere controllata al 100 per cento dalla società BETA (con la quale ha optato per il consolidato fiscale nazionale, di cui agli articoli 117 e seguenti del TUIR), a propria volta controllata al 77,26 per cento dalla società GAMMA.
La società, che esercita l’attività di locazione di beni per la pulizia ad operatori professionali, dichiara di acquistare le attrezzature ed i macchinari direttamente dai rispettivi produttori, in considerazione di condizioni contrattuali particolarmente vantaggiose che riesce ad ottenere a fronte di consistenti volumi di acquisti (sotto forma di prezzi convenienti, sconti incondizionati applicati su ogni acquisto, premi di fine anno).
Per finanziare tali operazioni, la società procede alla rivendita dei beni acquistati da società di leasing (non controllate, collegate od in alcun modo correlate al gruppo di appartenenza), e alla stipula di contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto gli stessi beni ceduti, realizzando così una tipica operazione di ”compravendita con locazione finanziaria” (cd ”sale & lease back”) che la società definisce, ai fini della rappresentazione della fattispecie in esame, come lease back ”diretto”.
Sotto il profilo contabile, come precisato dalla società, per i soggetti che redigono il bilancio in base alle regole del codice civile, ”il bene oggetto dell’operazione di lease back deve essere stornato dal bilancio della società cedente e l’eventuale plusvalenza iscritta tra i risconti passivi è imputata gradualmente a conto economico in base alla durata del contratto di locazione finanziaria”. Ciò in attuazione, in particolare, dell’articolo 2425bis, comma 4, c.c., che prevede che ”le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione”.
Tuttavia, nei confronti di alcune società di leasing che ”non sono disponibili” ad effettuare l’operazione di sale and lease back sopra descritta, l’istante ”pone comunque in essere l’operazione indirettamente, attraverso la propria controllante BETA.
Tale operazione, che l’istante definisce come ”Lease Back indiretto”, risulta nel suo complesso articolata nel modo seguente:
da una parte, la società istante:
acquista i macchinari oggetto dell’attività di noleggio direttamente dai produttori;
li rivende alla controllante ”per ottenerne la disponibilità in leasing e quindi per finanziarne l’acquisto”;
realizza un margine sulla vendita grazie alle condizioni favorevoli di fornitura ottenute, che ha natura di plusvalenza;
dall’altra parte, la società controllante BETA:
acquista i macchinari dalla controllata;
li vende ”a società di leasing (terze) in virtù del contratto di locazione finanziaria stipulato dalla Società istante, che riveste la qualità di utilizzatrice”;
realizza un margine con la vendita dei macchinari che ”rappresenta la remunerazione che la controllata rende alla controllante per il servizio di interposizione svolto”.
Ai fini della rappresentazione della fattispecie, l’istante precisa, inoltre, che:
il prezzo di cessione dei macchinari dalla controllante BETA alle società di leasing ”è pari al prezzo sostenuto dalla società stessa in sede di acquisto dei beni dalla controllata ALFA ma con una scontistica minore”;
l’utilizzatore del bene ceduto alla società di leasing è la società istante, che ovviamente sostiene i costi relativi ai canoni di locazione finanziaria;
in taluni casi, le società di leasing richiedono alla controllante, in sede di sottoscrizione del contratto di leasing, la sottoscrizione di un impegno irrevocabile di subentro nel contratto di leasing.
In merito alla fattispecie prospettata, la società chiede conferma della rilevanza anche fiscale, ai fini Ires e Irap, del comportamento contabile che intende adottare.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La società istante, nel sottolineare che attraverso l’operazione descritta ”ottimizza la gestione finanziaria della propria fornitura, al pari di quanto accade nel caso del ”Lease Back diretto”, fa presente che sotto il profilo contabile ha adottato lo stesso trattamento, come suggerito, peraltro, dalla società di revisione incaricata del controllo legale dei conti.
In sostanza, ritenendo possibile assimilare allo schema del contratto di ”Sale and lease back” la fattispecie descritta, definita nell’interpello come ”Lease Back indiretto” in cui è prevista la vendita dei macchinari alla controllante, che a sua volta li rivende alle società di leasing, nonché la stipula di contratti di locazione finanziaria da parte della società istante in qualità di utilizzatrice la società intende applicare a tali operazioni lo stesso trattamento contabile riservato al contratto di ”Sale and lease back” dall’articolo 2425bis, comma 4, del codice civile, in base al quale ”le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione”.
Di conseguenza, la società ritiene che nell’ambito delle predette operazioni, l’eventuale plusvalenza derivante dalla cessione dei macchinari alla controllante vada iscritta tra i risconti passivi e imputata gradualmente a conto economico in base alla durata del contratto di locazione finanziaria.
A sostegno della propria soluzione, la società richiama, in particolare, l’OIC 11, che, al paragrafo 4, ”nei casi in cui i principi contabili emanati dall’OIC non contengano una disciplina per fatti aziendali specifici”, prevede che la società adotti ”uno specifico trattamento contabile” facendo riferimento alle seguenti fonti:
a) in via analogica, alle disposizioni contenute in principi contabili nazionale che trattano casi simili, tenendo conto delle previsioni contenute in tali principi in tema di definizioni, presentazione, rilevazione, valutazione e informativa;
b) le finalità ed i postulati di bilancio.
Inoltre, nel fare rinvio all’articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale 1° aprile 2009, n. 48 e alla relazione al decreto ministeriale del 3 agosto 2017, in tema di rilevanza degli elementi reddituali e patrimoniali rappresentati in bilancio in base al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma, la società ritiene che la contabilizzazione proposta sia corretta dal punto di vista contabile, in quanto derivante dall’applicazione analogica di altri principi contabili.
Come precisato in sede di documentazione integrativa, tale approccio contabile, adottato dalla società istante nel bilancio 2019, è stato confermato dal collegio sindacale e dalla società di revisione, che hanno accertato che gli amministratori non hanno derogato ai principi di redazione del bilancio previsti dal codice civile.
Di conseguenza, l’istante ritiene che la rappresentata contabilizzazione assuma rilievo anche ai fini fiscali.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In riferimento all’interpello in esame si premette che la presente risposta non implica né presuppone alcun giudizio o valutazione in ordine alla ricorrenza dei requisiti indicati dall’articolo 1325 del codice civile per i contratti rispettivamente denominati dall’istante ”Lease Back diretto” e ”Lease Back indiretto”, né alcuna valutazione viene svolta rispetto alla congruità dei corrispettivi pattuiti in relazione alle transazioni descritte nell’istanza che, richiedendo un esame fattuale, esulano dalle prerogative esercitabili dalla scrivente in sede di interpello. Si segnala, comunque, che su tali aspetti resta fermo il potere di rettifica da parte dell’Amministrazione finanziaria in caso di eventuale controllo. La presente risposta, dunque, si limita a pronunciarsi solo sulla applicazione del principio di derivazione rafforzata, invocato dall’istante.
L’articolo 13bis del decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, attraverso le modifiche operate al comma 1 dell’articolo 83 del TUIR, ha previsto che anche ”per i soggetti, diversi dalle microimprese di cui all’articolo 2435ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili”. Lo stesso articolo 13bis ha, inoltre, inserito nell’articolo 83 del TUIR il nuovo comma 1bis, in forza del quale, ai soggetti di cui sopra, ”si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni emanate in attuazione del comma 60 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e del comma 7quater dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38”.
In sostanza, come chiarito con la risoluzione del 23 giugno 2017, n. 77/E, le modifiche in parola hanno introdotto, per i soggetti che redigono il bilancio ai sensi del codice civile, regole di determinazione del reddito coerenti con le nuove modalità di rappresentazione contabile, estendendo, ove compatibili, le modalità di determinazione del reddito imponibile previste per i soggetti IAS/IFRS adopter. Resta comunque fermo che la rilevanza fiscale del dato contabile presuppone che i principi contabili di riferimento siano stati correttamente applicati (cfr. circolare n. 7/E del 28 febbraio 2011, paragrafo 3.1, concernente le regole di determinazione del reddito dei soggetti IAS/IFRS adopter). In particolare, nel caso in cui emerga che la rappresentazione contabile dei fatti di gestione adottata in sede di redazione del bilancio non sia conforme a quella prevista dai principi contabili internazionali, l’Amministrazione finanziaria determina l’imponibile applicando i corretti criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili stessi.
Ciò premesso, con riferimento alla fattispecie rappresentata nell’istanza di interpello, la società chiede di sapere se il proprio comportamento contabile sia da ritenere conforme al codice civile e ai principi OIC e, di conseguenza, per effetto del cosiddetto principio di derivazione rafforzata, anche ai fini della determinazione della base imponibile ai fini IRES (nonché IRAP, ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n 446).
L’operazione oggetto del quesito è rappresentata da un’operazione descritta come ”lease back” su beni strumentali (beni mobili ”nuovi di fabbrica”), definita, in particolare, come ”lease back indiretto” per l’intervento della controllante che svolge un ”servizio di intermediazione” a favore della società controllata utilizzatrice (l’istante), la quale sostiene i costi relativi ai canoni di leasing.
Il quesito verte, in particolare, sul trattamento delle plusvalenze che, secondo quanto rappresentato in istanza, emergono dalla prima cessione dei beni alla controllante, considerato che, nel caso prospettato, le cessioni sono due, in luogo di una sola cessione iniziale, come si verifica normalmente nel lease back, al termine della cui durata contrattuale avviene la retrocessione. La società, dal punto di vista contabile, nell’ambito delle predette operazioni, ritiene corretto iscrivere, alla stregua delle operazioni di lease back ”ordinario”, le eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione dei macchinari alla controllante tra i risconti passivi, imputandole a conto economico in base alla durata del contratto di locazione finanziaria.
Pertanto, in applicazione del principio di derivazione rafforzata sancito dall’articolo 83 del TUIR, il trattamento fiscale della fattispecie, in termini di qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali, discende dalla corretta contabilizzazione dell’operazione di lease back con doppia cessione iniziale del bene concesso in locazione finanziaria.
Al riguardo, premesso che nei principi contabili nazionali non si rinviene una disciplina applicabile in via diretta e immediata alla fattispecie rappresentata nell’istanza di interpello, occorre fare rinvio, come proposto anche dalla società istante, al principio contabile OIC 11 (”Finalità e postulati del bilancio d’esercizio” versione marzo 2018), il quale, al par. 4, prevede che ”Nei casi in cui i principi contabili emanati dall’OIC non contengano una disciplina per fatti aziendali specifici, la società include, tra le proprie politiche contabili, uno specifico trattamento contabile sviluppato facendo riferimento alle seguenti fonti, in ordine gerarchicamente decrescente:
a) in via analogica, le disposizioni contenute in principi contabili nazionali che trattano casi simili, tenendo conto delle previsioni contenute in tali principi in tema di definizioni, presentazione, rilevazione, valutazione e informativa;
b) le finalità ed i postulati di bilancio”.
Al riguardo, si osserva che l’applicazione analogica di un principio contabile nell’ambito della specifica politica di bilancio di una società è espressione della rappresentazione sostanziale delle fattispecie. Infatti, come precisato nel principio OIC 11 (punto 4 della sezione sulle motivazioni delle decisioni assunte), ”il postulato della rappresentazione sostanziale riguarda, oltre che lo standard setter, anche il redattore del bilancio, che vi fa ricorso se necessario quando deve stabilire una propria politica contabile su una fattispecie non disciplinata dai principi contabili emanati dall’OIC”. La successiva lettera c) chiarisce che ”poiché è impossibile che, in via generale ed astratta, i principi contabili possano prevedere ogni possibile casistica generata dal concreto divenire delle gestioni aziendali, quando una fattispecie non trova specifica disciplina nei principi contabili nazionali, il redattore del bilancio è direttamente investito della responsabilità di un’autonoma applicazione del principio della rappresentazione sostanziale”.
Occorre, pertanto, verificare l’eventuale esistenza, nella disciplina civilistica o all’interno dei predetti principi, di una disciplina applicabile in via analogica al caso di specie.
Al riguardo, il riferimento è costituito dall’articolo 2425bis del codice civile, ultimo comma, che, per quanto concerne le normali operazioni di lease back, dispone che ”Le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione”. Sotto il profilo contabile, il principio OIC n. 12, in particolare, prevede la tecnica dei risconti passivi per distribuire tale componente positivo lungo la durata del contratto, ”in parallelo” con i canoni maturati (cfr. risoluzione del 23 giugno 2017, n. 77/E).
Come si evince dal dettato normativo, il lease back è un contratto atipico di impresa, con il quale un soggetto in questo caso una società proprietario di un bene (mobile o immobile), strumentale all’esercizio della sua attività, aliena lo stesso a una società di leasing, la quale a sua volta lo concede in locazione al venditore contro il pagamento di un canone. Alla scadenza del contratto il locatario può optare per l’acquisto del bene (contro il pagamento di un prezzo predeterminato), esercitando il c.d. diritto di opzione.
In questo schema di contratto si verifica, quindi, un collegamento tra un contratto di vendita di un bene a una società di leasing e un contratto di locazione finanziaria, stipulato dalla medesima società di leasing che concede a sua volta l’utilizzo del bene alla società alienante, dietro corresponsione di un canone. Pertanto, ciò che caratterizza il contratto di lease back, rispetto ad un contratto di leasing ordinario, è la coincidenza tra il fornitore del bene oggetto del contratto e l’utilizzatore dello stesso.
Ciò premesso, dall’esame dell’istanza e della documentazione prodotta, anche in sede di documentazione integrativa, risulta che, nella fattispecie descritta: 1) il fornitore dei beni è BETA, che a sua volta lo acquista da ALFA; 2) ALFA è il contraente del leasing in veste di locatario. Nell’operazione descritta, quindi, la società istante risulta essere sia l’utilizzatore del bene che il fornitore, anche se indiretto del bene, in quanto, in sostanza, la controllante assume il ruolo di mero intermediario dell’operazione.
Ciò premesso, considerato che un’analisi dell’operazione nel suo complesso, che tenga conto degli effetti economici, porta a rilevare una sostanziale coincidenza, nel caso specifico, tra il fornitore e l’utilizzatore del bene, si ritiene compatibile con la disciplina civilistica e i principi contabili di riferimento la ricostruzione dell’operazione in analogia ad un contratto di lease back.
In relazione all’operazione, infatti, si ritiene rilevante il punto 17 della sezione motivazioni dell’OIC 11, laddove, sul principio di rappresentazione sostanziale, precisa che ”la finalità è anche quella di non avere rappresentazioni contabili disomogenee in presenza di transazioni economicamente omogenee. Infatti, se per ottenere una determinata posizione finanziaria o economica sono necessari una serie di contratti, oppure uno solo, ciò non può fare la differenza in termini di rappresentazione del bilancio.”
Pertanto, con riferimento alla fattispecie rappresentata nell’istanza di interpello, si ritiene che il comportamento contabile illustrato dalla società sia da ritenere compatibile con la disciplina dettata dal codice civile e coerente con i principi OIC. Di conseguenza, per effetto del cosiddetto principio di derivazione rafforzata, detto comportamento è rilevante anche ai fini della determinazione della base imponibile dell’IRES e dell’IRAP, ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n 446.
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