CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 661 depositata il 12 gennaio 2023
Tributi – IRES – IRAP – Avviso di accertamento per maggior reddito imponibile – Contratti di “compartecipazione” relativi a calciatori professionisti – Plusvalenze – incertezza normativa oggettiva tributaria
Fatti di causa
1. – Con avviso di accertamento n. TW3080204936/2011, notificato in data 28 dicembre 2011, l’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Cagliari accertava ai fini IRES, ai sensi degli artt. 39, comma 1, lett. b), 40-bis e 41-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nei confronti della società E.I. s.p.a., in qualità di consolidante della società C.C. s.p.a., un maggior reddito imponibile per l’anno d’imposta 2006 di € 556.461,40.
Con tale avviso di accertamento venivano recuperati a tassazione € 366.625,95 per costi non inerenti, riguardanti la rinuncia parziale ad un maggior credito vantato dal C.C. s.p.a. nei confronti della S.G.S. (…) s.r.l., nonché l’ulteriore somma di € 189.835,45, quali costi derivanti dall’atto di transazione stipulato in data 30 aprile 2007 tra la C.C. s.p.a. e la E.I. s.p.a., rilevato contabilmente tra gli oneri diversi di gestione “indennizzi e risarcimenti a terzi”, quale cauzione versata al momento della stipula del contratto di locazione e di somme versate a titolo di affitti anticipati, ritenuti indeducibili perché non sussistenti gli elementi certi e normativamente previsti, nonché per una indeterminata quantificazione della perdita, ancorata puramente ad elementi valutativi.
Con separato avviso di accertamento n. TW3030204980/2011, notificato in data 27 dicembre 2011, l’Agenzia delle entrate accertava, ai sensi dell’art. 41-bis d.P.R. n. 600/1973, nei confronti della C.C. s.p.a. una maggiore base imponibile di € 2.873.261,00, con una maggiore imposta IRAP dell’importo di € 122.114,00.
In particolare, venivano recuperati a tassazione, ai fini IRAP, i costi – già evidenziati – non inerenti relativi alla rinuncia di crediti con la S.G.S. s.r.l. per l’importo di € 366.625,95, ed i costi non deducibili riguardante la transazione con la E.I. s.p.a. per l’importo di € 189.835,45, nonché l’ulteriore somma di € 2.316.799,18, riguardante le plusvalenze realizzate al 30 giugno 2007 per la risoluzione anticipata e la cessione di calciatori professionisti. In relazione a tale ultimo recupero, in data 13 dicembre 2013 l’Ufficio ha tuttavia emesso provvedimento di autotutela prot. n. 89804, con il quale veniva corretto un errore di calcolo commesso nell’atto originario, nel quale veniva interamente ripresa a tassazione la plusvalenza di € 2.316.799,18, in luogo di 1/5 della stessa, pari ad € 463.359,84.
Con successivo avviso di accertamento di TW3030205129/2011 notificato in data 30 dicembre 2011, l’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Cagliari accertava, ai sensi degli artt. 39, comma 1, e 41-bis d.P.R. n. 600/1973, nei confronti della C.C. s.p.a., in qualità di consolidata, l’ulteriore base imponibile ai fini IRAP, per l’esercizio al 30 giugno 2007, di € 259.000,00, con conseguente maggiore IRAP PER € 11.008,00, per oneri e proventi derivanti dalla negoziazione dei diritti di partecipazione agli effetti patrimoniali della contitolarità dei contratti con i calciatori.
2. – Le società contribuenti proponevano quindi distinti ricorsi avverso i suddetti avvisi di accertamento, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cagliari.
In particolare, la E.I. s.p.a. (in qualità di consolidante) e la C.C. s.p.a. proponevano il ricorso n. 1024/2012 R.G.R., avverso l’avviso di accertamento n. TW3080204936/2011, emesso ai fini IRES ed IRAP 2007; la C.C. s.p.a. proponeva altresì il ricorso n. 1026/2012 R.G.R. avverso l’avviso di accertamento n. TW3030204980/2011, emesso ai fini IRAP 2007, ed altro ricorso n. 1025/2012 R.G.R. avverso l’avviso di accertamento n. TW3030205129/2011 emesso ai fini IRAP per l’anno 2007.
La C.T.P. di Cagliari, previa riunione dei tre ricorsi, con sentenza n. 48/02/2013, depositata il 4 marzo 2013, accoglieva il ricorso relativamente alla domanda intesa a riconoscere la natura finanziaria degli oneri e proventi di partecipazione ai fini della tassazione IRAP (ricorso n. 1025/2012 R.G.R.) e relativamente alla inapplicabilità delle sanzioni per quanto attiene alle plusvalenze da cessione di diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori (accoglimento parziale del ricorso n. 1026/2012 R.G.R.), rigettando nel resto i ricorsi e compensando integralmente tra la parti le spese del giudizio.
3. – Interposto gravame dall’Agenzia delle entrate e dalle società contribuenti, per le parti di rispettiva soccombenza, la Commissione tributaria regionale della Sardegna, con sentenza n. 86/01/2016, pronunciata il 21 maggio 2015 e depositata in segreteria il 18 marzo 2016, respingeva entrambi gli appelli e confermava la sentenza impugnata, compensando le spese.
4. – Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate (ricorso n. 24571/2016 R.G.), sulla base di quattro motivi; resiste con controricorso la C.C..
Propone altresì ricorso, avverso la medesima sentenza, la C.C. s.p.a., sulla base di quattro motivi, al quale resistono con controricorso l’Agenzia delle entrate e la E.I. s.p.a., la quale propone altresì ricorso incidentale sulla base di tre motivi.
5.- All’udienza pubblica del 20 settembre 2022 il consigliere relatore ha svolto la relazione ed il P.M. ed i procuratori delle parti hanno rassegnato le proprie conclusioni ex art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. in l. 18 dicembre 2020, n. 176.
La C.C. s.p.a. ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
6. – Preliminarmente, deve essere disposta la riunione dei due ricorsi n. 24571/2016 R.G. e n. 24644/2016 R.G., essendo stati proposti avverso la medesima sentenza.
7. – Cominciando l’esame dei ricorsi da quello proposto dall’Agenzia delle entrate (n. 24571/2016 R.G.), va osservato preliminarmente che con tale ricorso l’Ufficio rivolge le sue censure esclusivamente alla parte della sentenza della C.T.R. che rigetta l’appello proposto dalla stessa Agenzia avverso la sentenza della C.T.P. che aveva accolto il ricorso proposto dalla C.C. s.p.a. riguardante l’avviso di accertamento n. TW3080204129/2011, relativo all’accertamento di una maggiore base imponibile ai fini IRAP per l’anno d’imposta 2006 di € 259.000,00, derivante da contratti di “compartecipazione” relativi a calciatori professionisti, annullando il relativo avviso; inoltre, viene censurata la sentenza impugnata anche nella parte in cui ha rigettato l’appello, con riferimento alla ritenuta inapplicabilità delle sanzioni relativa all’omessa dichiarazione ai fini IRAP delle plusvalenze generatesi con la cessione dei diritti di sfruttamento delle prestazioni dei calciatori, contestate nell’avviso di accertamento n. TW3030204980/2011.
7.1. – Sul punto, con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), dello stesso codice, per avere, la C.T.R., omesso di pronunciarsi sul primo motivo di appello, con il quale l’Ufficio contestava la decisione del giudice di primo grado per errata interpretazione dell’art. 5 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, relativa al trattamento fiscale delle plusvalenze che emergevano, ai fini IRAP, dalla cessione dei “diritti di partecipazione”, ovvero dalla risoluzione dei contratti relativi alla negoziazione di tali diritti, di cui all’avviso di accertamento n. TW3030205129/2011, per avere la C.T.P. errato nell’inquadrare tali diritti tra gli strumenti finanziari, come tali esclusi dalla base imponibile IRAP.
7.2. – Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate eccepisce, in via subordinata, violazione e falsa applicazione dell’art. 132, primo comma, num. 4), cod. proc. civ., degli artt. 1, comma 2, 36 e 61 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 111, sesto comma, Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), cod. proc. civ. Sostiene, in particolare, la ricorrente che, ove si ritenesse che la C.T.R., nello statuire, nel dispositivo, l’integrale rigetto del gravame erariale, avesse implicitamente disatteso anche il primo motivo di appello, la sentenza impugnata sarebbe in parte qua priva di motivazione o comunque corredata di una motivazione soltanto apparente.
7.3. – Con il terzo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ., in quanto l’operazione finanziaria di cessione dei diritti di compartecipazione di calciatori non sarebbe qualificabile come strumento finanziario non imponibile ai fini IRAP.
7.4. – Con il quarto motivo di ricorso, infine, l’Ufficio deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, 8 del d.lgs. n. 546/1992 e 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Sostiene, in particolare, la ricorrente che l’Ufficio, con il secondo motivo di appello, aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva statuito l’inapplicabilità delle sanzioni relativa all’omessa dichiarazione IRAP delle plusvalenze generatesi con la cessione dei diritti di sfruttamento delle prestazioni dei calciatori, e che non sussistevano le ragioni di incertezza normativa che avrebbero costituito causa di esenzione dalle sanzioni della contribuente.
8. – Per quel che riguarda, invece, il ricorso proposto dalla C.C. s.p.a. (n. 24644/2016 R.G.), si rileva quanto segue.
8.1. – Con il primo motivo di ricorso la ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 109 T.U.I.R., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ., in quanto il giudice di secondo grado, confermando la decisione della C.T.P. in merito, nella parte in cui aveva escluso la deducibilità dei costi riguardanti la transazione intercorsa tra la C.C. s.pa. e la S.G.S. s.r.l., sarebbe incorso in errore, trattandosi di costi correlati in senso ampio all’attività d’impresa, e quindi inerenti.
8.2. – Con il secondo motivo di ricorso la C.C. s.p.a. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 101, comma 5, 109 e 163 T.U.I.R., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ., in quanto il costo dedotto relativamente alla transazione intercorsa con la società E.I. s.r.l. era comunque determinato e determinabile, e come tale deducibile, trattandosi della perdita del diritto al rimborso della cauzione e degli affitti anticipati.
8.3. – Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 132, primo comma, num. 4), cod. proc. civ., e 36 d.lgs. n. 546/1992, per omessa motivazione sui motivi attraverso i quali la C.T.R. è giunta a respingere le argomentazioni sottese ai motivi di gravame.
8.4. – Con il quarto motivo di ricorso, infine, la C.C. s.p.a. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 3, d.lgs. n. 446/1997, nonché degli artt. 1362 ss. cod. civ., in quanto le plusvalenze derivanti dalla cessione di calciatori non sarebbero inquadrabili nella cessione di un bene strumentale.
9. – Con riferimento, invece, al ricorso incidentale della E.I. s.p.a., deve rilevarsi quanto segue.
9.1. – con il primo motivo di ricorso la ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 109 T.U.I.R., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ. Deduce, in particolare, la società contribuente che, con riferimento al primo rilievo ai fini IRES contenuto nell’avviso di accertamento n. TW3080204936/2011, relativamente all’accordo transattivo intercorso tra la C.C. s.p.a. e la S.G.S. (…) s.r.l., sussisteva l’interesse della società calcistica a rinunciare al credito nei confronti della sua debitrice, in considerazione della necessità di garantirsi la prosecuzione del servizio e, successivamente, della rideterminazione degli accordi con la società S.G.S. s.r.l., dal che conseguiva l’inerenza del costo in questione rispetto all’attività della società.
9.2. – Con il secondo motivo di ricorso la E.I. s.p.a. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 101, comma 5, 109 e 163 T.U.I.R., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ., sussistendo il requisito della certezza del costo, in quanto nell’atto di transazione intercorso tra la stessa E.I. s.p.a. e la C.C. s.p.a. in data 30 aprile 2007 era esattamente indicato l’importo del credito al quale quest’ultima rinunciava a fini transattivi, e tale costo era certamente inerente all’attività svolta, dato che il locale oggetto di locazione era stato utilizzato direttamente dalla società calcistica.
9.3. – Con il terzo motivo di ricorso la E.I. s.p.a. eccepisce la nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione e quindi violazione degli artt. 132, primo comma, num. 4), cod. proc. civ. e 36 d.lgs. n. 546/1992, per avere, la C.T.R., confermato la sentenza di primo grado limitandosi ad aderire a quest’ultima, senza alcuna valutazione critica dei motivi di appello.
10. – In via preliminare, con riferimento al ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, deve essere dichiarata la cessazione parziale della materia del contendere.
10.1. – Ed invero, con i primi tre motivi viene censurata la sentenza impugnata, relativamente al giudizio attinente all’avviso di accertamento n. TW3080204129/2011, riguardante la sottoponibilità ad IRAP delle componenti economiche derivanti dai contratti di compartecipazione dei calciatori. Con riferimento a tale atto impositivo, la società C.C. s.p.a. ha presentato domanda di definizione agevolata, ai sensi dell’art. 6 del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv. dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, per la quale non è stato comunicato l’eventuale diniego previsto dal comma 12 del citato art. 6 d.l. n. 119/2018, conv. dalla legge n. 136/2018.
L’istanza di trattazione ex art. 6, comma 13, d.l. cit. è stata depositata dalla ricorrente, al fine di far dichiarare la cessazione della materia del contendere, con riferimento al ricorso riguardante l’avviso di accertamento n. TW3080204129/2011, e la prosecuzione nel resto del giudizio.
Ne consegue che, con riferimento ai primi tre motivi del ricorso n. 24571/2016 R.G., deve essere dichiarata cessata la materia del contendere.
10.2. – Con riferimento, invece, al quarto motivo di ricorso dell’Agenzia delle entrate, lo stesso deve ritenersi infondato.
Sul punto, l’Agenzia delle entrate censura la decisione impugnata, nella parte in cui la C.T.R., nel respingere l’appello erariale, ha confermato la sentenza di primo grado relativamente alla parte in cui aveva stabilito l’inapplicabilità delle sanzioni irrogate nell’avviso di accertamento n. TW3030204980/2011 (in relazione al recupero IRAP conseguente all’omessa dichiarazione delle plusvalenze generatesi dalla cessione dei diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori), per obiettive condizioni di incertezza normativa.
Secondo l’Agenzia, la C.T.R. avrebbe errato nel ritenere sussistente l’esimente di cui alle citate norme, in quanto sulla questione della imponibilità ai fini IRAP delle suddette plusvalenze l’Amministrazione finanziaria era già intervenuta con la Risoluzione n. 213/E del 2001, il che (a suo dire) escluderebbe l’esistenza di alcuna condizione obiettiva di incertezza idonea ad evitare l’applicabilità delle sanzioni tributarie.
Orbene, per “incertezza normativa oggettiva tributaria” deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie (cfr. Cass. 12 aprile 2019, n. 10313; Cass. 24 giugno 2015, n. 13076; Cass. 12 febbraio 2014, n. 3113).
Orbene, la decisione della C.T.R. sul punto si fonda in primo luogo su una corretta analisi delle cause che possono portare il giudice tributario a dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme alle quali la violazione si riferisce, laddove, ad esempio, la disciplina della cui applicazione si tratti contenga una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per equivocità del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione.
Peraltro, appare inadeguato e non decisivo il richiamo di controparte alla Risoluzione n. 213/E del 2001, sia per la sua valenza meramente interna all’amministrazione, sia perché comunque inidonea a fornire certezza alla disciplina in esame, tanto più in presenza di evidenti contrasti giurisprudenziali. Non a caso questa Corte, preso atto della contrapposizione esistente nella giurisprudenza di merito tra decisioni secondo cui la cessione di calciatori non genererebbe plusvalenze imponibili a fini IRAP e arresti di segno contrario, ha già avuto modo di affermare di recente, in casi analoghi, che «sull’interpretazione delle norme che regolano l’imponibilità a fini IRAP delle plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione di calciatori e di diritti di compartecipazione da parte delle società sportive professionistiche ricorre proprio quella situazione – la presenza di contrasti giurisprudenziali – a cui la giurisprudenza di questa Corte collega l’esimente della condizione di incertezza normativa», e questo almeno fino al parere del Consiglio di Stato in data 11 dicembre 2012, in ordine all’interpretazione delle norme che regolano l’imponibilità, a fini IRAP, delle plusvalenze e minusvalenze generate dalla cessione di calciatori e diritti di compartecipazione da parte delle società sportive professionistiche) (cfr. Cass. 25 gennaio 2019, n. 2144; Cass. 2 dicembre 2015, nn. 24588 e 24589).
Nel caso di specie, trattandosi di periodi d’imposta precedenti a detto parere, sussiste l’incertezza di interpretazione normativa in materia, ragion per cui correttamente la C.T.R. ha escluso in parte qua l’applicazione delle sanzioni.
11. – Venendo ora ad esaminare il ricorso proposto dalla C.C. s.p.a. (n. 24644/2016 R.G.), osserva la Corte quanto segue.
11.1. – Il primo motivo non è fondato.
La ricorrente censura la sentenza impugnata, nella parte in cui, con riferimento all’avviso di accertamento n. TW3080204936/2011, rigetta l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado, relativamente al punto in cui ha confermato il recupero a tassazione ai fini IRES dei costi relativi alla transazione intercorsa tra la C.C. s.p.a. e la S.G.S. (…) s.r.l. in data 3 luglio 2006 e, con riferimento all’avviso di accertamento n. TW3030204980/2011, rigetta l’appello per la parte in cui è stato confermata la sentenza di primo grado che ha ritenuto legittimo il recupero a tassazione di tali costi anche ai fini IRAP.
Con tale atto transattivo la società calcistica rinunciava parzialmente (per l’importo di € 366.625,95 su un totale di € 866.625,95) al credito vantato nei confronti della SGS (…), determinando altresì le scadenze per il pagamento del residuo debito di € 500.000,00.
La somma di € 366.625,95, quindi, è stata considerata quale costo inerente all’attività d’impresa, e portata in detrazione dal reddito complessivo.
L’Ufficio ha invece disconosciuto tale deduzione, ritenendo che la rinuncia al credito in questione costituisse un finanziamento effettuato alla S.G.S. s.r.l. (che è socia della C.C. nella misura del 30%), ovvero come un’erogazione liberale, in ogni caso indeducibile.
Sul punto, va rilevato che questa Corte ha già affermato che le somme versate per coprire i costi delle transazioni stipulate al fine di prevenire contenziosi giudiziari (in particolare, costi sostenuti dagli istituti bancari per prevenire controversie per inosservanza degli obblighi informativi propedeutici alla conclusione di contratti di investimento aventi ad oggetto obbligazioni Cirio e Bond argentini), costituendo risarcimento del danno, sono deducibili come sopravvenienze passive, nell’esercizio in cui intervengono, trattandosi di spese attinenti al concreto svolgimento dell’attività di impresa a titolo di responsabilità contrattuale o precontrattuale e, dunque, inerenti ai sensi dell’art. 109, comma 5, del d.P.R. n. 917/1986 (Cass. 5 novembre 2019, n. 28355).
Nel caso di specie, tuttavia, la transazione stipulata tra la C.C. s.p.a. e la S.G.S. s.r.l. era funzionale unicamente a riconoscere a quest’ultima una somma una tantum (pari, per l’appunto, ad € 366.625,95), nell’attesa di ridiscutere le condizioni del contratto in essere tra le due società sin dal 10 giugno 2005, con il quale la C.C. s.p.a. aveva affidato alla S.G.S. s.r.l. il servizio di incasso dei biglietti e degli abbonamento delle gare sportive, nonché la gestione del servizio “maschere” all’interno dello stadio Sant’Elia, per un compenso pari al 10% degli incassi conseguiti, compenso che tuttavia – come indicato nella premessa dell’atto di transazione del 3 luglio 2006 – si era rilevato insufficiente a coprire i costi realmente ed effettivamente sostenuti da S.G.S. s.r.l. Sempre nella premessa della transazione in questione si dà atto che la S.G.S. ha manifestato delle difficoltà finanziarie, “in considerazione delle quali il Cagliari si è impegnato a ridiscutere le condizioni contrattuali, ipotizzando altresì una riduzione del debito”.
In sostanza, attraverso la rinuncia al credito in questione la C.C. s.p.a. ha operato un finanziamento nei confronti del socio S.G.S. s.r.l., o comunque ha effettuato una liberalità in suo favore per sostenerla in un momento di difficoltà finanziaria, come tale non deducibile, non rientrandosi in alcuna delle ipotesi previste dall’art. 100, comma 2, T.U.I.R.
Peraltro, con riferimento specifico al profilo dell’inerenza, va osservato che non vengono indicati dalla ricorrente i maggiori costi che l’indennizzo riconosciuto alla S.G.S. sarebbe andato a coprire, né è stato mai chiarito in quali termini la C.C. avrebbe tratto un vantaggio dalla rinuncia al credito in questione. L’operazione, quindi, appare chiaramente avente natura finanziaria finalizzata a salvaguardare, all’interno del gruppo, un socio della C.C. s.p.a.
11.2. – Infondato deve ritenersi anche il secondo motivo di ricorso.
Con tale motivo la C.C. s.p.a. censura la sentenza impugnata, laddove ha confermato la decisione di primo grado, nella parte in cui ha rigettato il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento n. TW3080204936/2011, relativamente alle doglianze riguardanti il recupero a tassazione della somma di € 189.835,45, conseguente alla transazione del 30 aprile 2007, stipulata tra la C.C. s.p.a. e la E.I. s.p.a., nonché nella parte in cui ha confermato la decisione di primo grado anche con riferimento al rigetto del ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento n. TW3030204980/2011, nella parte in cui ha considerato tale somma imponibile ai fini IRAP.
Con tale accordo transattivo la E.I. s.p.a. rinunciava ad avviare un contenzioso con la C.C. s.p.a. in relazione ad un contratto di locazione avente ad oggetto un immobile sito in viale (…) a Cagliari, nel quale la società calcistica aveva la propria sede legale, contenzioso riguardante la mancata manutenzione degli immobili ed il danneggiamento degli impianti per un totale stimato in € 300.000,00; con tale transazione la C.C. rinunciava al credito riguardante la cauzione versata per € 108.455,95, e gli affitti anticipati per € 81.379,50, a tacitazione delle richieste risarcitorie avanzate dalla E.I. s.p.a., la quale rinunciava a chiedere il risarcimento invocato di € 300.000,00.
Ad avviso della ricorrente, la C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto assenti gli elementi di oggettiva qualificazione delle spese di manutenzione e dei danni, in quanto il costo sostenuto presentava tutti i requisiti richiesti dall’art. 109 T.U.I.R. ai fini della deducibilità (competenza, certezza e inerenza).
Risulta, tuttavia, che la E.I. s.p.a. aveva ceduto in leasing, in data 9 febbraio 2006, lo stabile in questione alla I.L. s.p.a. che, a sua volta, lo aveva ceduto in locazione finanziaria alla S.G.S. s.r.l., con l’impegno a continuare la locazione alla C.C. s.p.a.
In tale atto di cessione non vi era alcun riferimento a danni nello stabile, né la C.C. ha mai esibito documentazione probatoria riguardanti tali asseriti danni, ed il loro importo stimato in € 300.000,00, né che tali danni fossero stati prodotti nel periodo in cui la E.I. s.p.a. era proprietaria del bene.
Correttamente, quindi, la C.T.R. ha confermato l’esclusione della deducibilità di tali costi, mancando il requisito della certezza, con riferimento all’effettiva esistenza dei danni asseritamente riguardante l’immobile in questione.
11.3. – Anche il terzo motivo di ricorso non è fondato.
Deduce, in particolare, la ricorrente C.C. s.p.a. che la sentenza impugnata sarebbe nulla per mancanza della motivazione, per essersi limitata, la C.T.R., a condividere le ragioni esposte dalla C.T.P. che avevano portato al rigetto del ricorso, con riferimento ai costi riguardanti la transazione intercorsa con la E.I. s.p.a., senza esporre le ragioni di tale condivisione, e quindi senza indicare l’iter logico-motivazionale attraverso il quale si giungeva al rigetto delle argomentazioni sottese ai motivi di appello.
Sul punto, va rilevato, tuttavia, che, ai fini della completezza della motivazione, non è necessaria l’analisi particolareggiata e la specifica confutazione di tutte le questioni sollevate dalle parti, essendo sufficiente, a tal fine, un’esposizione chiara delle ragioni poste a fondamento della decisione (da ultimo, Cass. 9 febbraio 2021, n. 3126; Cass. 29 dicembre 2020, n. 29730). Ne consegue che risponde al modello legale anche la motivazione per relationem, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, il che è quanto avvenuto nel caso di specie, in cui la C.T.R. ha richiamato (e condiviso) la sentenza della C.T.P., nella parte in cui ha ritenuto che i costi in questione difettassero dei requisiti della certezza e della oggettiva determinabilità.
11.4. – Infondato deve ritenersi anche il quarto motivo di ricorso.
Invero, la C.C. s.p.a. censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha confermato la sentenza di primo grado, con specifico riferimento al recupero a tassazione, ai fini IRAP per il periodo d’imposta al 30 giugno 2007, della somma di € 2.316.799,18, derivante da plusvalenze per la cessione di calciatori, somma poi ridotta ad € 463.359,84, giusta provvedimento di autotutela parziale del 19 dicembre 2013, imputandosi la plusvalenza nella misura di 1/5 in conformità alla scelta operata dalla società ai fini delle imposte dirette.
Sul punto, con il ricorso in primo grado la società C.C. s.p.a. eccepiva l’illegittimità della rettifica con riferimento alla maggiore imposta accertata ai fini IRAP, in quanto la plusvalenza in esame non sarebbe riconducibile alla cessione di un bene strumentale. Veniva invocata, inoltre, l’inapplicabilità delle sanzioni pecuniarie, sia in forza delle esimenti di cui all’art. 10, commi 2 e 3, della l. 27 luglio 2000, n. 212 (legittimo affidamento e obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’àmbito di applicazione della norma), sia per l’assenza di un comportamento doloso e/o colposo da parte della società ricorrente (art. 6 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472).
La C.T.P. accoglieva il ricorso, limitatamente alla inapplicabilità delle sanzioni, mentre lo rigettava per la parte relativa al recupero a tassazione dell’importo suindicato.
Orbene, sostiene la ricorrente che l’operazione di “trasferimento dei calciatori” non potrebbe essere qualificata – come ritenuto dalla C.T.P. e dalla C.T.R. – come cessione di contratto ex art. 1406 cod. civ., in quanto l’oggetto del contratto stipulato tra le società di calcio per il passaggio di squadra dell’atleta dovrebbe essere inquadrato come l’acquisto di un diritto a contrarre, posto che gli accordi tra società di calcio non sono vincolanti per l’atleta, essendo necessario un ulteriore accordo tra l’atleta e la nuova società. In questo senso, dunque, secondo l’impostazione della ricorrente, le somme pagate alla società titolare del contratto sportivo rappresenterebbero un corrispettivo per acconsentire all’anticipata cessazione del contratto, a cui seguirebbe un nuovo contratto d’ingaggio tra il calciatore e la nuova società, che nulla avrebbe a che vedere con il precedente rapporto.
Il motivo è totalmente destituito di fondamento.
E’ noto che, con la legge 23 marzo 1981, n. 91, è stato abolito il c.d. “vincolo sportivo”, che si configurava, per la società di calcio, quale diritto esclusivo all’utilizzo dell’atleta, alienabile a terzi, distinto e separato rispetto al rapporto di lavoro formalizzato con l’ingaggio. Il vincolo sportivo rappresentava, quindi, il bene ceduto in occasione del trasferimento di un giocatore da una società ad un’altra, e quindi era considerato bene strumentale autonomo a fini tributari.
Con l’emanazione della legge 18 novembre 1996, n. 586, che ha recepito in Italia gli effetti della famosa sentenza Bosman (Corte di Giustizia UE, sent. 15 ottobre 1995, causa C415/93), i club di appartenenza dei calciatori professionisti giunti alla scadenza del contratto non avevano più diritto a percepire somme da parte della società calcistica che procedeva ad ingaggiare l’atleta.
Nel caso invece di cessioni di calciatori nel corso del rapporto (e quindi prima della scadenza del contratto), viene seguita la seguente procedura di trasferimento: a) calciatore, società di provenienza e società di destinazione devono redigere per iscritto, a pena di nullità, un accordo di cessione di contratto, denominato “variazione di tesseramento per calciatori professionisti”; b) società di provenienza e società di destinazione redigono e allegano un documento in bollo, nel quale evidenziano importo e modalità del prezzo di cessione dovuto dalla secondo alla prima; c) società di destinazione e calciatore redigono, infine, un altro modulo federale, con il quale concordano la misura del compenso al calciatore, quello da questo dovuto al suo procuratore, la scadenza del rapporto contrattuale, ed altre clausole accessorie.
Trattasi, all’evidenza, di una operazione economica rientrante nello schema della cessione del contratto, in quanto la società di provenienza cede alla nuova società, con il consenso del giocatore, la propria posizione contrattuale (e, in particolare, il diritto alle prestazioni sportive dell’atleta), secondo lo schema tipico di cui all’art. 1406 cod. civ.
Non appare condivisibile la tesi della ricorrente, secondo la quale oggetto della cessione è il diritto di risoluzione anticipata del contratto, e l’operazione di trasferimento di calciatori sarebbe composta da atti tra loro distinti, e cioè, da un lato l’accordo per la risoluzione del contratto tra la società di provenienza ed il calciatore, e, dall’altro, l’accordo tra le due società per il trasferimento dell’atleta, ed infine l’accordo tra l’atleta e la nuova società.
In realtà, l’oggetto del contratto tra le società sportiva e l’atleta è il diritto alla prestazione sportiva esclusiva, per la durata del contratto stesso.
Con la cessione del giocatore la società cessionaria acquista, con il consenso dell’atleta ceduto, proprio il diritto oggetto del contratto, e succede in tutti gli obblighi ed i diritti connessi, fermo restando che la società acquirente potrà, in base agli accordi con l’atleta, continuare il rapporto contrattuale alle medesime condizioni, ovvero regolarlo diversamente.
Questa interpretazione, peraltro, è confermata anche dal tenore letterale dell’art. 5 della l. n. 91/1981, che definisce proprio “cessione del contratto” il trasferimento di un atleta da una società ad un’altra.
Ne consegue che oggetto della cessione è il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta, che è senz’altro un bene da inquadrarsi tra i beni immateriali strumentali ammortizzabili ai sensi dell’art. 68, comma 2, T.U.I.R., suscettibili, come tali, di produrre plusvalenze o minusvalenze, rilevanti ai fini IRES ed IRAP, ai sensi degli artt. 56 T.U.I.R. e 5, comma 1, e 11, comma 3, d.lgs. n. 446/1997.
12. – Consegue il rigetto integrale del ricorso proposto dalla C.C. s.p.a.
13. – Procedendo ora ad esaminare il ricorso incidentale proposto dalla E.I. s.p.a., nei cui confronti è stato notificato l’avviso di accertamento n. TW3080204936/2011, i relativi motivi in questione sono infondati.
13.1. – Con riferimento al primo motivo di ricorso, deve ribadirsi quanto già evidenziato, relativamente al primo motivo di ricorso della C.C. s.p.a.
Invero, la transazione stipulata tra la C.C. s.p.a. e la S.G.S. s.r.l. era funzionale unicamente a riconoscere a quest’ultima una somma una tantum (pari ad € 366.625,95), nell’attesa di ridiscutere le condizioni del contratto in essere tra le due società sin dal 10 giugno 2005, con il quale la C.C. s.p.a. aveva affidato alla S.G.S. s.r.l. il servizio di incasso dei biglietti e degli abbonamento delle gare sportive, nonché la gestione del servizio “maschere” all’interno dello stadio Sant’Elia, per un compenso pari al 10% degli incassi conseguiti, compenso che tuttavia – come indicato nella premessa dell’atto di transazione del 3 luglio 2006 – si era rilevato insufficiente a coprire i costi realmente ed effettivamente sostenuti da S.G.S. s.r.l.
Sempre nella premessa della transazione in questione si dà atto che la S.G.S. ha manifestato delle difficoltà finanziarie, “in considerazione delle quali il Cagliari si è impegnato a ridiscutere le condizioni contrattuali, ipotizzando altresì una riduzione del debito”. Ciò significa che, attraverso la rinuncia al credito in questione, la C.C. s.p.a. ha operato un finanziamento nei confronti del socio S.G.S. s.r.l., o comunque ha effettuato una liberalità in suo favore per sostenerla in un momento di difficoltà finanziaria, come tale non deducibile, non rientrandosi in alcuna delle ipotesi previste dall’art. 100, comma 2, T.U.I.R.
Peraltro, con riferimento specifico al profilo dell’inerenza, non vengono indicati dalla ricorrente i maggiori costi che l’indennizzo riconosciuto alla S.G.S. sarebbe andato a coprire, né è stato mai chiarito in quali termini la C.C. avrebbe tratto un vantaggio dalla rinuncia al credito in questione. L’operazione, quindi, appare chiaramente avente natura finanziaria finalizzata a salvaguardare, all’interno del gruppo, un socio della C.C. s.p.a.
13.2. – Anche con riferimento al secondo motivo di ricorso, deve confermarsi quanto già evidenziato in relazione al secondo motivo del ricorso della C.C. s.p.a., relativamente alla transazione del 30 aprile 2007, stipulata tra la C.C. s.p.a. e la E.I. s.p.a.
Con tale accordo transattivo la E.I. s.p.a. rinunciava ad avviare un contenzioso con la C.C. s.p.a. in relazione ad un contratto di locazione avente ad oggetto un immobile sito in viale (…)a Cagliari, nel quale la società calcistica aveva la propria sede legale, contenzioso riguardante la mancata manutenzione degli immobili ed il danneggiamento degli impianti per un totale stimato in € 300.000,00; con tale transazione la C.C. rinunciava al credito riguardante la cauzione versata per € 108.455,95, e gli affitti anticipati per € 81.379,50, a tacitazione delle richieste risarcitorie avanzate dalla E.I. s.p.a., la quale rinunciava a chiedere il risarcimento invocato di € 300.000,00.
Ad avviso della ricorrente, la C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto assenti gli elementi di oggettiva qualificazione delle spese di manutenzione e dei danni, in quanto il costo sostenuto presentava tutti i requisiti richiesti dall’art. 109 T.U.I.R. ai fini della deducibilità (competenza, certezza e inerenza), trattandosi di importi determinati direttamente nella transazione.
Risulta, tuttavia, che la E.I. s.p.a. aveva ceduto in leasing, in data 9 febbraio 2006, lo stabile in questione alla I.L. s.p.a. che, a sua volta, lo aveva ceduto in locazione finanziaria alla S.G.S. s.r.l., con l’impegno a continuare la locazione alla C.C. s.p.a.
In tale atto di cessione non vi era alcun riferimento a danni nello stabile, né la C.C. ha mai esibito documentazione probatoria riguardanti tali asseriti danni, ed il loro importo stimato in € 300.000,00, né che tali danni fossero stati prodotti nel periodo in cui la E.I. s.p.a. era proprietaria del bene.
Correttamente, quindi, la C.T.R. ha confermato l’esclusione della deducibilità di tali costi, mancando il requisito della certezza, con riferimento all’effettiva esistenza dei danni asseritamente riguardante l’immobile in questione, che giustificassero il costo indicato in transazione.
13.3. – Anche il terzo motivo di ricorso non è fondato.
Deduce, in particolare, la ricorrente E.I. s.p.a. che la sentenza impugnata sarebbe nulla per mancanza della motivazione, per essersi limitata, la C.T.R., a condividere le ragioni esposte dalla C.T.P. che avevano portato al rigetto del ricorso, con riferimento ai costi riguardanti la transazione intercorsa con la E.I. s.p.a., senza esporre le ragioni di tale condivisione, e quindi senza indicare l’iter logico-motivazionale attraverso il quale si giungeva al rigetto delle argomentazioni sottese ai motivi di appello.
Sul punto, va ribadito, tuttavia, che, ai fini della completezza della motivazione, non è necessaria l’analisi particolareggiata e la specifica confutazione di tutte le questioni sollevate dalle parti, essendo sufficiente, a tal fine, un’esposizione chiara delle ragioni poste a fondamento della decisione (da ultimo, Cass. 9 febbraio 2021, n. 3126; Cass. 29 dicembre 2020, n. 29730). Ne consegue che risponde al modello legale anche la motivazione per relationem, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, il che è quanto avvenuto nel caso di specie, in cui la C.T.R. ha richiamato (e condiviso) la sentenza della C.T.P., nella parte in cui ha ritenuto che i costi in questione difettassero dei requisiti della certezza e della oggettiva determinabilità.
14. – In conclusione, quindi, con riferimento al ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate (n. 24571/2016 R.G.) deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere per i primi tre motivi, nel mentre il ricorso deve essere rigettato, con riferimento al quarto motivo; con riferimento al ricorso proposto dalla C.C. s.p.a., ed al ricorso incidentale proposto dalla E.I. s.p.a. (n. 24644/2016), entrambi tali ricorsi devono essere rigettati.
15. – Sussistono giustificati motivi per la compensazione delle spese di lite, con riferimento al giudizio n. 24571/2016 R.G., stante l’intervenuta cessazione della materia del contendere, con riferimento ai primi tre motivi di ricorso, e la peculiarità del quarto motivo.
Con riferimento, invece, al giudizio n. 24644/2016 R.G., le spese di giudizio seguono la soccombenza della C.C. s.p.a. e della E.I. s.p.a., secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono altresì i presupposti per il pagamento, da parte delle ricorrenti C.C. s.p.a. e E.I. s.p.a., di un importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Con riferimento, invece, al ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, rilevato che risulta soccombente, sia pure parzialmente, parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
Dispone la riunione dei ricorsi nn. 24571/2016 R.G. e 24644/2016 R.G.
Dichiara cessata la materia del contendere, con riferimento al primo, secondo e terzo motivo proposto dall’Agenzia delle entrate, e rigetta il quarto motivo di detto ricorso.
Rigetta il ricorso proposto dalla C.C. s.p.a., ed il ricorso incidentale proposto dalla E.I. s.p.a.
Condanna la C.C. s.p.a. e la E.I. s.p.a. alla rifusione, in solido tra loro, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 7.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della C.C. s.p.a. e della E.I. s.p.a., di un importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.