AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 86 del 4 aprile 2024
Rimborsi derivanti da periodi di doppia contribuzione a due diversi Enti previdenziali in parte già dedotti in anni precedenti – Modalità di tassazione
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante, dottore commercialista, rappresenta che:
il 1° gennaio 20xx si è iscritto alla Cassa Nazionale Previdenza ed Assistenza Dottori Commercialisti (di seguito ”CNPADC”) alla quale già versava il ”contributo fisso pre-cassa”;
l’anno successivo ha presentato domanda di riscatto del corso legale di laurea, versando i relativi contributi;
da gennaio 20yy è stato assunto con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato ed iscritto all’INPS;
con decorrenza 31 dicembre dell’anno successivo, avendo cessato l’attività di dottore commercialista, ha chiuso la partita Iva e la propria posizione presso la CNPADC;
infine, anni dopo, ha presentato le proprie dimissioni da lavoratore dipendente per riprendere l’attività professionale di dottore commercialista, con conseguente attribuzione di una nuova partita IVA (con decorrenza 1° gennaio dell’anno delle suddette dimissioni) e reiscrizione alla CNPADC alla quale ha successivamente effettuato richiesta di ricongiunzione dei periodi di contribuzione.
L’Istante rappresenta che:
nel 2023, la CNPADC gli ha restituito un importo pari a euro XX.XXX, corrispondente ai contributi relativi al periodo pluriennale in cui l’Istante era iscritto sia all’INPS che alla CNPADC, comprensivo dei relativi interessi calcolati al tasso del 4,50% annuo, in quanto non utili al ricongiungimento dei periodi di contribuzione;
con riferimento a detto periodo di ” doppia contribuzione”, il sostituto di imposta non ha fatto concorrere al reddito di lavoro dipendente i contributi a carico del lavoratore per un ammontare pari a euro YY.YYY,YY.
Ciò posto, l’Istante chiede se:
l’importo corrispondente ai contributi restituiti che non hanno concorso al reddito di lavoro dipendente (pari a euro YY.YYY,YY) «è oggetto di possibile opzione per la tassazione ordinaria ex art. 17, comma 1, lettera n bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) e possa rientrare nella definizione per la tassazione sostitutiva dell’IRPEF ex art. 1 co. 55-57 della L. 197/2022»;
l’importo di euro ZZ.ZZZ,ZZ, corrispondente alla differenza tra i contributi restituiti maggiorati degli interessi, pari a euro XX.XXX,XX, e quelli che non hanno concorso al reddito di lavoro dipendente, pari a euro YY.YYY,YY, debba essere assoggettato a tassazione nell’anno di restituzione, vale a dire nel 2023.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Con riferimento ai quesiti sollevati, l’Istante ritiene:
«A. di dover far concorrere al proprio reddito imponibile del 2023 i contributi precedentemente dedotti dal proprio reddito, per complessivi Euro YY.YYY,YY, e che le modalità di tassazione sono da ricercare nell’art. 17, comma 1, lettera n bis, del Tuir, ovvero a tassazione separata oppure, per opzione da esercitare nel quadro RM del modello Redditi 2024, a tassazione ordinaria;
B. che la rimanente quota di extra reddito sia alternativamente:
esclusa da tassazione ai sensi dell’art. 51, comma 2, lettera a), mantenendo di fatto la sua natura originaria (in più non si tratta di somme erogate dal datore di lavoro);
non attratta ad alcuna categoria reddituale in quanto non è disciplinato il rimborso di oneri non dedotti dal reddito complessivo (né in virtù dell’art. 3 Tuir, né in relazione ad ogni tipologia di reddito presente nell’art. 6 Tuir ed in particolare non tra i redditi diversi in quanto l’elenco ha natura tassativa);
da inquadrare quali redditi di natura professionale, visto che l’attività esercitata all’epoca e l’attività svolta nel periodo di rimborso è la professione di dottore commercialista, da non assoggettare a tassazione in quanto non correlata a costi dedotti.
C. che la quota parte dell’extra reddito tassabile dei precedenti punti A. e B. è oggetto di possibile opzione per la tassazione ordinaria ex art. 17, comma 1, lettera n bis, del Tuir e possa rientrare nella definizione per la tassazione sostitutiva dell’IRPEF ex art. 1 co. 55-57 della L. 197/2022, visto che l’unico reddito nel 2023 afferisce all’attività professionale e che il motivo del rimborso da parte della CNPADC risulta essere l’esercizio della professione negli anni» in cui l’Istante era iscritto sia all’INPS che alla CNPADC.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), rubricato «Tassazione separata», al comma 1, lett. n bis) stabilisce che:
«1. L’imposta si applica separatamente sui seguenti redditi:
[…]
nbis) somme conseguite a titolo di rimborso di imposte o di oneri dedotti dal reddito complessivo o per i quali si è fruito della detrazione in periodi di imposta precedenti. La presente disposizione non si applica alle spese rimborsate di cui all’articolo 15, comma 1, lettera c), quinto e sesto periodo.».
Il successivo comma 3, inoltre, statuisce che:
«3. Per i redditi indicati alle lettere da d) a f) del comma 1 e per quelli indicati alle lettere da g) a n bis) non conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali, il contribuente ha facoltà di non avvalersi della tassazione separata facendolo constare espressamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui è avvenuta o ha avuto inizio la percezione».
La legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), all’articolo 1, commi da 55 a 57, limitatamente all’anno d’imposta 2023, ha introdotto un regime agevolativo opzionale, c.d. ”flat tax incrementale”, sostitutivo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e delle relative addizionali regionale e comunale.
La disciplina del regime in commento, in particolare, prevede al comma 55 che, per «il solo anno 2023, i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, diversi da quelli che applicano il regime forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, possono applicare, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito stabilite dall’articolo 11 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali, calcolata con l’aliquota del 15 per cento su una base imponibile, comunque non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo d’importo più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5 per cento di quest’ultimo ammontare».
Chiarimenti in merito al regime agevolativo in parola sono stati forniti con la circolare del 28 giugno 2023, n. 18/E e, da ultimo, con la circolare 5 dicembre 2023, n. 32/E.
In particolare, con la citata circolare n. 18/E del 2023 è stato chiarito che per la verifica del maggior reddito del triennio 2020-2022 e la comparazione di quest’ultimo con il reddito del 2023, occorre prendere in considerazione il dato riportato in dichiarazione (al netto delle perdite pregresse) e che i dati rilevanti a tal fine sono quelli indicati nel modello ”Redditi persone fisiche” ai quadri RE (reddito di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni), LM (reddito d’impresa o di lavoro autonomo, derivante dall’esercizio di arti e professioni, conseguito dalle persone fisiche che fruiscono del regime forfetario o del regime c.d. ”di vantaggio” per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità), RF (reddito d’impresa in contabilità ordinaria), RG (reddito d’impresa in regime di contabilità semplificata) e RD (Reddito di allevamento di animali e reddito derivante da produzione di vegetali e da altre attività agricole).
In sostanza, dunque, ai fini dell’applicazione del regime agevolativo in commento, il reddito da confrontare è quello derivante dall’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo e non quello complessivo.
Ciò premesso, con riferimento al primo quesito, considerato che ai sensi del citato comma 3 dell’articolo 17 del Tuir, il contribuente ha facoltà di non avvalersi della tassazione separata dei redditi ivi indicati (tra cui le somme conseguite a titolo di rimborso di imposte o di oneri dedotti dal reddito complessivo o per i quali si è fruito della detrazione in periodi di imposta precedenti) facendolo constare espressamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui è avvenuta o ha avuto inizio la percezione, nel caso di specie, l’Istante potrà far concorrere le somme rimborsate nel 2023 corrispondenti ai contributi dedotti al reddito complessivo di tale periodo d’imposta indicandole nella relativa dichiarazione dei redditi.
Le somme in questione, concorrendo al reddito complessivo e non alla determinazione del reddito di lavoro autonomo, non rilevano ai fini della applicazione della ”flat tax incrementale”.
Con riferimento al secondo quesito (in ordine alla rilevanza fiscale delle somme restituite corrispondenti a contributi non dedotti nei periodi di imposta di versamento), preliminarmente si osserva che ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), costituisce presupposto di imposta, ai sensi dell’articolo 1 del Tuir, il «possesso di redditi», in denaro o in natura, appartenenti ad una delle categorie tassativamente indicate nel successivo articolo 6, ovvero:
«a) redditi fondiari;
b) redditi di capitale;
c) redditi di lavoro dipendente;
d) redditi di lavoro autonomo;
e) redditi d’impresa;
f) redditi diversi».
Ai fini dell’IRPEF, dunque, qualora si verifichi un arricchimento del contribuente non inquadrabile in una delle predette categorie reddituali specificatamente individuate dalla normativa, in linea di principio, detto arricchimento non è assoggettabile ad imposizione diretta.
Nel caso in esame, le somme corrispondenti a contributi non dedotti nell’anno di versamento e restituite all’Istante nel 2023 non rientrano tra le somme da assoggettare a tassazione ai sensi del citato articolo 17, commi 1, lettera n bis).
Si ritiene, inoltre, che tali somme non siano riconducibili ad alcuna categoria reddituale prevista dal citato articolo 6 del Tuir e, di conseguenza, non abbiano rilevanza reddituale.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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