La Corte di Cassazione con la sentenza n. 27221 del 28 dicembre 2016 intervenendo in tema di rimborso IVA versata per errore ha stabilito che la domanda di rimborso Iva non può essere presentata dopo due anni dal pagamento o se posteriore dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. Rileva il termine di decadenza fissato dall’articolo 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992.

La controversia ha avuto origine dalla richiesta di un contribuente della richiesta di rimborso di quanto pagato erroneamente e che l’Amministrazione finanziaria aveva ritenuto di negare il rimborso IVA anni 2004 e 2005 opponendo la decadenza, ex art. 21 D.Lgs. n. 546/92.  La società contribuente aveva presentato domanda di rimborso c.d. “anomalo” nel 2010 con riguardo a “operazioni di importazione” assoggettate a imposta ma “per errore” non inserite nel quadro VF della dichiarazione.

Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario il quale, tuttavia, in grado di appello ne confermava la legittimità, ritenendo tardiva la domanda presentata. In particolare, rilevava che l’Iva erroneamente pagata nel 2005 poteva essere detratta con la dichiarazione relativa al 2006, da presentarsi entro il 31 ottobre 2007, con la conseguenza che la domanda di rimborso poteva essere presentata entro il 31 ottobre 2009.

La società ricorreva così in Cassazione lamentando un’errata applicazione dell’articolo 19 del decreto Iva poiché il collegio di seconde cure aveva confuso i termini di presentazione della dichiarazione con quelli previsti per la detrazione dell’imposta.

I giudici di legittimità non accoglievano le doglianze della società ricorrente illustrando che, in tema di IVA, la domanda di rimborso non rientrante tra le ipotesi disciplinate dall’art. 30 del D.P.R. n. 633/72, né contemplata da disposizioni specifiche, dev’essere proposta a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, secondo il quale “la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione”.

Gli Ermellini nel confermare il precedente orientamento (Cass. n. 3593/2016; Cass. n. 12447/2011) hanno precisato che, nel caso in cui il contribuente abbia erroneamente versato l’imposta non dovuta, “il termine entro il quale va avanzata la richiesta di rimborso è quello biennale, previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2 e decorre dal momento in cui è stato effettuato il versamento, in quanto l’errore in cui il contribuente è incorso legittima l’immediato esercizio del diritto al rimborso, non ostandovi preclusione alcuna” con la precisazione che il predetto termine biennale non potrebbe decorrere “dalla data del termine ultimo previsto per la dichiarazione ai fini della detrazione, poiché detrazione e rimborso d’imposta sono manifestazioni alternative del medesimo diritto, ancorché non subordinate ai medesimi presupposti, sicché il decorso del termine previsto per avvalersi della facoltà di rimborso non potrebbe essere di certo collegato con una modalità alternativa di esercizio del medesimo interesse, modalità che opera separatamente ed in ragione di differenti presupposti” (da ultimo: Cass. n. 16726/2016).