AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 30 ottobre 2019, n. 452
Società sportiva dilettantistica – Compenso agli amministratori
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Società Istante è una società sportiva dilettantistica senza fine di lucro, riconosciuta dal CONI, alla quale, come previsto dall’art. 90, comma 1, della leggen.289 del 2002, risultano applicabili le disposizioni della legge n. 398 del 1991 e successive modificazioni, nonché le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche.
La Società Istante dichiara di aver nominato un Consiglio di Amministrazione composto di tre membri, tutti soci della società medesima, dotati di poteri disgiunti edi voler riconoscere al consigliere di amministrazione più impegnato nell’attività digestione un compenso per l’attività di amministratore.
A tal riguardo, precisa che tale amministratore ricopre un ruolo rilevante caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale. L’Istante dichiara, inoltre, che le attività da esso svolte sono molto complesse e per tale motivo il ruolo ricoperto dall’amministratore è direttamente riconducibile a quello di Dirigente.
Il dubbio interpretativo posto dall’Istante riguarda la corretta individuazione delle disposizioni previste per enti associativi e società sportive dilettantistiche in tema di distribuzione indiretta di utili, avanzi digestione e simili, alla luce delle nuove disposizioni concernenti la riforma del Terzo Settore.
In particolare, l’Istante chiede chiarimenti di ordine interpretativo circa il coordinamento delle seguenti disposizioni:
a) art. 148, comma 8, del TUIR che concerne il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi riserve o capitale durante la vita dell’associazione. Tale disposizione è applicabile anche alle società sportive dilettantistiche come precisato dalla Circolare n. 21/E del 2013;
b) art. 90, comma 18, lettera d), della legge n. 289 del 2002, secondo cui al fine del riconoscimento dello status di società sportiva dilettantistica viene richiesto che lo statuto sociale disponga espressamente l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possano, in nessun caso, essere divisi fra gli associati anche in forme indirette;
c) art. 8 del d.lgs. n.117 del 2017 secondo cui “è vietata la distribuzione, anche indiretta, degli utili ed avanzi digestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali”.
Ciò posto, se si considera che, né la disciplina degli enti non commerciali di tipo associativo recata dall’art. 148 del TUIR, né quella prevista per le realtà sportive dilettantistiche (art. 90 della legge n. 289 del 2002), risultano abrogate dai decreti attuativi della riforma dei terzo settore, ne deriva che tali diverse definizioni sono”alternative” a quelle previste per i soggetti che potranno definirsi Enti del Terzo Settore ai sensi del d.lgs. n. 117 del 2017.
A parere dell’Istante c’è una concorrenza di disciplina e di definizioni che sopravvivono alla riforma del terzo settore; a conferma di ciò l’art. 89 del d.lgs. n. 117 del 2017 precisa che “Agli enti del terzo settore . non si applicano le seguenti disposizioni a) l’articolo 143, comma 3, l’articolo 144, commi 2, 5 e 6 e gli articoli 148 e 149 del TUIR … c) la legge 16 dicembre 1991, n. 398”.
Tale norma di coordinamento conferma quindi che le disposizioni in commento (art. 148 TUIR e art. 90 L. 289/2002) rimangono in vigore; la prima in quanto espressamente fatta “salva” dalla citata norma di coordinamento, la seconda in quanto non esplicitamente abrogata.
L’Istante rileva tuttavia che la nuova disciplina degli ETS contiene all’art. 8, comma 3, una precisa elencazione dei casi nei quali certamente si considera realizzata una distribuzione indiretta di utili, e che tali fattispecie ricalcano con talune differenze quanto in precedenza previsto dall’art. 10, comma 6, del d.lgs. n. 460 del 1997, applicabili, secondo i chiarimenti forniti con la Circolare n. 124 del 1998 anche agli enti di tipo associativo e alle società sportive.
In altri termini, lo stesso ritiene che, per effetto di quanto previsto dalla lettera a), comma 3, art. 8 del menzionato d.lgs. n. 117 del 2017 sono abrogate le disposizioni di cui agli articoli da 10 a 29 del d.lgs. n. 460 del 1997, e pertanto che anche per i soggetti che non rientreranno nella nuova disciplina prevista per gli ETS (può essere il caso della scrivente società che potrebbe non iscriversi al Registro Unico degli Enti del Terzo Settore) il concetto di divieto alla indiretta distribuzione degli utili non possa che essere declinato secondo i nuovi criteri contenuti nel terzo comma dell’art. 8 del d.lgs. n. 117 del 2017.
Sulla base del quadro normativo sopra delineato l’Istante chiede, con particolare riguardo alla fattispecie, se sia applicabile la sopra citata lettera a) che, considera in ogni caso distribuzione indiretta di utili “la corresponsione ad amministratori, … di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque non superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni”.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
A parere della Società Istante il riconoscimento all’amministratore di un equo compenso che tenga conto dell’impegno in termini di tempo impiegato, delle responsabilità assunte nell’esercizio del proprio incarico e in generale del ruolo non meramente “istituzionale”, bensì dirigenziale dell’amministratore de quo non può rappresentare una distribuzione indiretta di utili.
A tali ultimi compensi la Società Istante ritiene di poter applicare le nuove previsioni della richiamata lett. a) del comma 3, dell’art. 8. Del d.lgs. n. 117 del 2017,atteso che tale norma sarà l’unica disposizione in vigore che gli ETS e gli altri enti/società sono tenuti a rispettare, onde poter continuare a godere dei benefici fiscali riconosciuti dall’art. 148 del TUIR e dall’art. 90 della legge n. 289 del 2002.
Parere dell’agenzia delle entrate
Con il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2 agosto 2017, n. 179, S.O.) è stato approvato il “Codice del Terzo settore” (di seguito anche CTS o Codice) – in attuazione della delega di cui all’articolo1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106 – che provvede al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in materia di enti del Terzo settore (di seguito anche ETS).
Il Codice del Terzo settore reca la disciplina di carattere generale relativa alla tipologia di enti che possono assumere la qualifica di ETS, nonché quella relativa ai requisiti ed alle condizioni necessarie ai fini di detta qualifica.
Tra i requisiti e le condizioni necessarie ai fini della qualifica di ente del Terzo settore, il Codice ricomprende anche quello relativo all’assenza dello scopo di lucro stabilendo, fra l’altro, che agli enti del Terzo settore “è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali (…)” (articolo 8, comma 2, del CTS) e che “si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili”, fra l’altro, “la corresponsione ad amministratori,sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni” [articolo 8, comma 3, lettera a) del CTS].
Come noto il d.lgs. n. 460 del 4 dicembre 1997, circa il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, contiene disposizioni volte al divieto di distribuzione di utili, diretta e indiretta. In particolare, l’articolo 10 di tale decreto prevede un esplicito divieto di distribuzione degli utili ed un vincolo di utilizzo delle risorse dell’ente per le proprie attività caratterizzanti, come definite dal medesimo articolo.
Il suddetto art. 10, in riferimento alle ONLUS, declina ulteriormente, al comma 6, la nozione di “distribuzione indiretta” di utili, individuando cinque specifiche ipotesi sanzionabili.
Tale disposizione costituisce riferimento anche ai fini dell’interpretazione della nozione di “distribuzione indiretta” di utili o di avanzi di gestione per gli enti associativi (cfr. Circolare n. 124/E del 1998 e Risoluzione n. 38/E del 2010 ).
L’art. 90, comma 18, della legge n. 289 del 2002 prevede un esplicito divieto di distribuzione degli utili anche per le associazioni e società sportive dilettantistiche, che ricalca quello di cui al d.lgs. n. 460 del 1997.
L’art. 10, comma 6, lettera c) del citato d.lgs. n. 460 del 1997 limita la corresponsione ai componenti degli organismi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui non superiori al compenso massimo previsto dal decretolegge 21 giugno 1995, n. 239, convertito dalla legge 3 agosto 1995, n. 336, e successive integrazioni e modificazioni, per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni.
Diversamente, l’art. 8, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 117 del 2017 prevede che l’individuazione del compenso previsto per gli amministratori, per i sindaci e per chiunque rivesta cariche sociali (non sia unicamente commisurato al compenso massimo previsto per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni) sia un parametro legato “all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze” oppure ai compensi “previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni”.
In considerazione delle peculiarità che contraddistinguono il settore dello sport dilettantistico non lucrativo, il legislatore ha inteso conservare per gli enti operanti in tale settore (associazioni e società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro di cui all’articolo 90 della legge n. 289 del 2002) le agevolazioni fiscali esistenti alla data di entrata in vigore della riforma del Terzo settore.
In sostanza, le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro potranno scegliere se conservare le agevolazioni fiscali ad esse specificamente riservate dalla vigente disciplina oppure, in alternativa, qualora intendano entrare a far parte degli enti del Terzo settore, fruire dei benefici fiscali previsti per tali enti del Terzo settore, in luogo del regime fiscale specifico riservato alle associazioni e società sportive dilettantistiche non lucrative.
Si rileva, tuttavia, che le modifiche recate dal Codice del Terzo settore, compresa l’abrogazione dell’art. 10 del d.lgs. n. 460 del 1997 [vd art. 102, comma 2, lett. a) del CTS] troveranno applicazione a decorrere dal termine previsto dall’articolo 104,comma 2, del CTS, vale a dire a decorrere dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione delle Commissione europea – prevista per talune disposizioni fiscali del medesimo Codice – e, comunque, non prima del periodo d’imposta successivo di operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, la cui istituzione è stabilita dal medesimo CTS.
Pertanto, sino al termine di cui al citato articolo 104, comma 2, del Codice del Terzo settore, l’ambito soggettivo di applicazione del regime in argomento resta invariato.
Ne consegue che fino al citato termine ai compensi percepiti dall’amministratore non sono applicabili le disposizioni di cui all’art. 8, comma 3, lettera a) del suddetto decreto. Le norme cui fare riferimento restano, pertanto, contenute nel d.lgs. n. 460 del1997 (distribuzione diretta o indiretta di utili) e in particolare nell’art. 10, comma 6 che, con riferimento al caso di specie, continuano a costituire il punto di riferimento utile ad orientarsi in relazione ai proventi ed alla loro distribuzione diretta ed indiretta.
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