AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 383 del 12 luglio 2023
Strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati (Carried interest) e PIR Alternativi – Investimento indiretto – Articolo 13-bis, comma 2-bis, decreto-legge 26/10/2019, n. 124 e articolo 60 decreto-legge 24/04/2017
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante rappresenta che intende costituire un piano di risparmio a lungo termine ”alternativo” (c.d. ”PIR Alternativo”) avente ad oggetto l’investimento indiretto, per il tramite della società lussemburghese (di seguito ”Società Alfa”), in azioni ”ordinarie” e dotate di ”diritti patrimoniali rafforzati” di un fondo di investimento alternativo (di seguito, il ”FIA”).
Il FIA è un organismo di investimento collettivo del risparmio (OICR) alternativo chiuso, riservato, di diritto lussemburghese, costituito nel XXXX per lo sviluppo di iniziative di private equity in Italia, nei Paesi europei di lingua tedesca (i.e. Germania, Svizzera, Austria) e in Cina, ed è gestito da una società lussemburghese (di seguito, il ”Gestore”) soggetta alla vigilanza dell’autorità di controllo in Lussemburgo (Commission de Surveillance du Secteur Financier, CSSF), Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/UE (cd. ”direttiva AIFM”).
L’Istante rappresenta che il Regolamento del FIA, parte integrante dello Shareholders Agreement, vale a dire l’accordo di investimento sottoscritto dagli investitori, è stato da ultimo aggiornato il xx/yy/zz, anche al fine di adeguarlo alla normativa italiana in materia di PIR Alternativi. A tal fine, lo Shareholders Agreement, prevede (cfr. articolo 8.1. e Schedule 1):
l’obbligo di investire almeno il 70 per cento del valore complessivo degli investimenti (Total Commitment) in società italiane non quotate o, se quotate, non incluse negli indici ”FTSE MIB” e ”FTSE Mid Cap” (vincolo di composizione);
il divieto di investire in una delle imprese target per un importo superiore al 20 per cento del Total Commitment (limite di concentrazione degli investimenti);
il limite del 20 per cento del Total Commitment per la detenzione di depositi o conti correnti (limite di quantità);
il divieto di investire in società target localizzate in Stati che non consentono un adeguato scambio di informazioni;
che i predetti vincoli e limiti siano raggiunti entro la fine del periodo di investimento (Investment Period), definito nello Shareholders Agreement.
Le azioni del FIA, sottoscritte esclusivamente tramite versamenti in denaro, non garantiscono la restituzione del capitale investito (cfr. articoli 5.1 e 15.5 dello Shareholders Agreement), e sono distinte in tre classi:
(i) le azioni ordinarie di classe A (di seguito, le ”Azioni A”), che attribuiscono il diritto di ricevere, pro quota, la distribuzione dei proventi rinvenienti dall’attività di investimento in misura pari al capitale investito, un ritorno preferenziale dell’8 per cento annuo (Preferred Return) e l’80 per cento degli ulteriori importi che residuano a seguito della remunerazione delle azioni di classe C (cfr. articolo 14.1 dello Shareholders Agreement), si suddividono in tre categorie:
azioni di classe A1, la cui sottoscrizione è riconosciuta agli investitori parte dello Shareholders Agreement diversi da quelli a cui sono riservate le ulteriori classi di azioni;
azioni di classe A2 e A3, sottoscritte dagli investitori in caso di ”richiami” (i.e. richieste di versamento delle somme corrispondenti agli impegni di investimento sottoscritti), destinati a coprire il pagamento delle Management Fee da parte di alcuni specifici investitori (i.e. dei compensi riconosciuti al Gestore). La sottoscrizione delle azioni di classe A3 è riservata alla Società Alfa, quale ”Carried Interest Investor”;
(ii) le azioni di classe B (di seguito, le ”Azioni B”), riservate in sottoscrizione al socio illimitatamente responsabile del FIA (di seguito, ”GP”);
(iii) le azioni di classe C (di seguito, le ”Azioni Carried” e, unitamente alle Azioni A e alle Azioni B, le ”Azioni”), riservate in sottoscrizione alla Società Alfa, dotate di diritti patrimoniali rafforzati collegati alle performance del FIA (di seguito ”Carried Interest”). Tali azioni riconoscono il diritto di percepire, una volta remunerati i titolari di Azioni A, un importo pari al 25 per cento del Preferred Return corrisposto ai titolari di Azioni A, oltre il 20 per cento degli ulteriori importi che residuano a seguito della remunerazione delle azioni di classe A e delle Azioni Carried (cfr. articolo 14.1 dello Shareholders Agreement).
Partecipano al FIA, dunque, tre categorie di investitori:
gli investitori, «per così dire, ordinari» titolari di azioni di categoria A;
il GP;
la Società Alfa.
La Società Alfa è stata costituita nella forma giuridica di societé en commandite simple, dove il socio illimitatamente responsabile (il general partner) è GP, mentre i soci limitatamente responsabili (limited partners) sono i key managers del Gestore e delle altre società del gruppo, tra i quali vi è l’Istante, soggetto residente ai fini fiscali in Italia, che detiene una quota del X per cento del capitale della Società Alfa (pari a un investimento, attualmente, di Euro X).
L’Istante afferma che il xx/yy/zz i manager hanno costituito la Società Alfa al fine di investire nel FIA, mediante la sottoscrizione di azioni di categoria A e di azioni di categoria C (quest’ultime le ”Azioni Carried”), con una modalità in linea con i presupposti previsti all’articolo 60 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, «per applicare la presunzione legale circa la natura finanziaria dei relativi proventi. In altri termini, l’investimento effettuato dai manager presenta le caratteristiche e i requisiti per essere qualificato, ex lege, quale investimento di natura finanziaria».
La compagine sociale e la regolamentazione dei rapporti tra i soci della Società Alfa sono state successivamente integrate e delineate in modo più compiuto e dettagliato il xx/yy/zz, con la sottoscrizione del Limited Partnership Agreement.
Come precisato dall’Istante in sede di documentazione integrativa, l’oggetto sociale della Società Alfa è limitato all’investimento nel FIA (cfr. articolo 2.5. del Limited Partnership Agreement).
Coerentemente con l’oggetto sociale, la Società Alfa:
ha assunto un ”commitment” a effettuare un investimento nel FIA pari a euro Y (cfr. artt. 2.6 e 2.8 e 2.10 del Limited Partnership Agreement), mediante sottoscrizione del X per cento delle Azioni A;
ha sottoscritto, alla data di costituzione del FIA, tutte le Azioni Carried emesse da quest’ultimo, per l’importo complessivo di euro Z.
Le quote della Società Alfa attribuiscono ai soci, da un lato, l’obbligo di versare gli importi corrispondenti ai ”richiami” effettuati dal FIA in relazione alle Azioni sottoscritte dalla medesima Società e, dall’altro lato, il diritto di ricevere il pagamento dei proventi rivenienti, in ultima istanza, dalle Azioni A e dalle Azioni Carried del FIA, ivi incluso il Carried Interest.
L’Istante fa presente che la Società Alfa è «qualificabile come un’entità economicamente trasparente» in quanto, ai sensi dell’articolo 17 del Limited Partnership Agreement, dovrà distribuire ai propri soci nei limiti delle risorse economiche disponibili e, in ogni caso, entro la fine di ciascun anno qualsiasi ammontare ricevuto.
Il Limited Partnership Agreement disciplina anche gli effetti di eventuali interruzioni dei rapporti tra i soci persone fisiche (tra cui l’Istante) e le società del gruppo presso cui sono impiegati (ivi incluso il Gestore), delineando le fattispecie di good e bad leavership (cfr. articolo 15).
Ciò premesso, l’Istante manifesta la volontà di procedere alla costituzione di un PIR Alternativo avente ad oggetto l’investimento indiretto, per il tramite della Società Alfa, nelle Azioni del FIA, mediante conferimento di un apposito incarico a un intermediario abilitato.
Al riguardo, l’Istante chiede chiarimenti circa la corretta interpretazione dell’articolo 1, commi da 100 a 114, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), dell’articolo 13bis, comma 2bis e seguenti, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, dell’articolo 18, comma 1, del testo unico delle imposte approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) e dell’articolo 26quinquies del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
In particolare, chiede se:
1) il FIA presenti le caratteristiche per poter essere qualificato tra gli investimenti ”rilevanti” ai fini della normativa in materia di PIR Alternativi, con riguardo alla sottoscrizione sia di Azioni A sia di Azioni Carried;
2) l’investimento in Azioni A (ordinarie) e in Azioni Carried (dotate di diritti patrimoniali rafforzati) del FIA, effettuato per il tramite della Società Alfa, sia qualificabile come investimento rilevante ai fini della normativa in materia di PIR Alternativi, con conseguente possibilità, al ricorrere degli ulteriori requisiti (in specie, del plafond e dell’holding period), di beneficiare dell’agevolazione fiscale prevista per i PIR Alternativi in relazione al predetto investimento; in altri termini, se la Società Alfa possa essere qualificato quale veicolo per il tramite del quale effettuare indirettamente un investimento qualificato ai fini della normativa in materia di PIR Alternativi;
3) la determinazione dell’holding period previsto dalla normativa in materia di PIR Alternativi, per il caso di investimenti effettuati indirettamente in OICR, sia calcolato a far data dall’investimento nella Società Alfa, ovvero a far data dall’incarico attribuito all’intermediario italiano per la costituzione del PIR Alternativo;
4) in ogni caso, se la Società Alfa possa essere qualificata quale veicolo fiscalmente trasparente, con conseguente imputabilità dei proventi dalla stessa percepiti nell’ipotesi di mancata integrazione dei presupposti per costituire il PIR Alternativo, ovvero di sua preventiva interruzione direttamente in capo ai relativi soci (ivi incluso l’Istante), al momento della percezione da parte di questi ultimi.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che il FIA presenta le caratteristiche oggettive previste dalla normativa in materia di PIR Alternativi alla luce di quanto previsto dallo Shareholders Agreement che, in linea con la predetta normativa:
individua gli investimenti qualificati;
definisce un limite di concentrazione degli investimenti;
stabilisce un limite di liquidità;
prevede un espresso divieto di effettuare investimenti in società localizzate in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni;
individua un limite temporale entro cui raggiungere i limiti e i vincoli di investimento.
A parere dell’Istante, con riferimento ai PIR Alternativi, costituiti mediante investimento in OICR, la normativa non specifica le caratteristiche delle quote o delle azioni, dando così rilevanza sia alle quote/azioni ordinarie sia alle quote/azioni con diritti patrimoniali rafforzati.
In merito al secondo quesito, l’Istante ritiene che la Società Alfa presenti le caratteristiche previste dal quadro normativo e di prassi per essere qualificato quale veicolo idoneo all’effettuazione di investimenti qualificati ai fini della normativa in materia di PIR Alternativi, dato che si tratta di un veicolo societario, istituito in uno Stato membro dell’Unione Europea, che investe unicamente in strumenti rilevanti ai fini della normativa in materia di PIR Alternativi (in specie, in azioni del FIA), con conseguente possibilità di applicare le agevolazioni previste nei limiti del plafond qualora sia rispettato l’holding period.
Per quanto riguarda il terzo quesito, il dies a quo a partire dal quale calcolare il decorso dell’holding period previsto dalla normativa in materia di PIR Alternativi per poter fruire della connessa agevolazione fiscale, a parere dell’Istante va individuato nel giorno in cui è effettuato l’investimento nel veicolo intermedio in quanto l’attribuzione dell’incarico all’intermediario italiano costituisce, invero, un mero passaggio formale, volto a consentire la verifica di sussistenza e permanenza dei presupposti sino alla effettiva fruizione dei benefici. A conferma di quanto appena affermato, l’Istante rileva che tali presupposti afferiscono all’investimento, e non ai rapporti con l’intermediario, che, quindi, non possono assumere rilevanza ai fini della fruizione dell’agevolazione fiscale (pur costituendo un elemento procedurale necessario per consentire la materiale fruizione del beneficio).
Con riferimento al quarto quesito, la documentazione costitutiva della Società Alfa impone la distribuzione ai soci di qualsivoglia importo ricevuto, per l’importo massimo possibile e, comunque, con cadenza annuale. Pertanto, l’Istante ritiene che sussistano, in capo alla medesima Società, «le condizioni per poter essere qualificata quale veicolo fiscalmente trasparente, con conseguente imponibilità, in ogni caso, degli importi distribuiti direttamente in capo ai soci (tra cui, per quanto qui d’interesse, l’Istante) al momento della percezione a parte di questi ultimi, secondo il regime fiscale applicabile», tenuto conto della recente prassi amministrativa.
In tal senso, l’Istante ricorda che l’Amministrazione finanziaria, anche in recenti interventi di prassi (cfr. risposta 258 del 2021; risoluzione 27 gennaio 2006, n. 17; risoluzione 21 aprile 2008, n. 167), ha chiarito che le condizioni in presenza delle quali un veicolo può essere qualificato come economicamente trasparente, sono:
(i) la «natura di mero veicolo, attraverso cui i flussi di reddito transitano in favore dei sottoscrittori»;
(ii) la distribuzione di tali flussi reddituali «con cadenza almeno annuale in base a vincoli statutari»;
(iii) la sottoposizione dei predetti flussi «a imposizione nello Stato di residenza» da parte dei sottoscrittori.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare, si precisa che esula dal presente parere qualsiasi valutazione circa la qualificazione come redditi di natura finanziaria delle somme che l’Istante percepirà per effetto dell’investimento indiretto, effettuato tramite la Società Alfa, nelle azioni del FIA dotate di diritti patrimoniali rafforzati (le Azioni Carried), dando per presupposta ed assunta acriticamente la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, come dichiarato dall’Istante e non oggetto dell’interpello.
Con riferimento a tale disciplina, l’articolo 60 del decreto-legge n. 50 del 2017 dispone che, al verificarsi di determinate condizioni, i proventi derivanti dagli strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati percepiti da manager e dipendenti «si considerano in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi», configurandosi come una forma di remunerazione della partecipazione al capitale di rischio.
La presunzione in questione, operante ope legis, è applicabile nel rispetto dei seguenti criteri:
a) effettuazione di un investimento di ammontare minimo pari ad almeno l’un percento dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio (OICR) o del patrimonio netto nel caso di società;
b) maturazione successiva ed eventuale del provento, subordinata alla restituzione agli altri soci del capitale investito ed all’attribuzione di un rendimento minimo (cd. hurdle rate);
c) periodo di detenzione minimo di 5 anni, salvo deroga in caso di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione.
Chiarimenti in merito alla disciplina fiscale dei carried interest sono stati resi con la circolare 16 ottobre 2017, n. 25/E e numerose risposte ad interpelli pubblicate, consultabili nell’apposita sezione presente sul sito dell’Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativaeprassi/risposteagliinterpelli).
Riguardo ai chiarimenti richiesti con riferimento alla disciplina fiscale dei PIR Alternativi, si premette che la valutazione delle caratteristiche del FIA al fine di stabilire se lo stesso rispetti i requisiti per essere considerato compliant con le previsioni di cui all’articolo 13bis, commi 2bis e 2ter, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, comportando un accertamento di fatto non rientra nell’ambito applicativo dell’attività di consulenza esercitabile in sede di interpello.
Ai fini delle imposte sui redditi, l’articolo 1, commi da 100 a 114, della legge di bilancio 2017 prevede un regime di non imponibilità dei redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria, derivanti da determinati investimenti (c.d. ”investimenti qualificati”) operati tramite piani di investimento del risparmio a lungo termine (cd. ”PIR”) effettuati nel rispetto di determinate caratteristiche espressamente previste dalla normativa (vincoli e divieti di investimento) (cd. regime PIR).
Gli investimenti che compongono il PIR devono rispettare specifici limiti quantitativi di investimento (c.d. plafond annuo e complessivo), determinate caratteristiche (natura e tipologia delle attività oggetto di investimento), specifici vincoli di composizione (cd. quota obbligatoria) e limiti (soglie massime di concentrazione e liquidità).
Come affermato nella relazione illustrativa alla predetta legge, si tratta di una disciplina fiscale diretta a favorire la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso gli investimenti in strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali, italiane ed europee, radicate sul territorio italiano, per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l’approvvigionamento mediante il canale bancario.
I chiarimenti in merito alla disciplina fiscale dei PIR sono stati resi con le circolari 26 febbraio 2018, n. 3/E, 29 dicembre 2021, n. 19/E e 4 maggio 2022, n. 10/E, cui si rinvia per gli ulteriori approfondimenti.
In applicazione del comma 2bis dell’articolo 13bis del decreto-legge n. 124 del 2019 (comma introdotto dall’articolo 136, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34), a decorrere dal 19 maggio 2020 è possibile costituire i cd. PIR Alternativi.
Come già chiarito nei documenti di prassi (da ultimo nella circolare n. 19/E del 2021), ai fini dell’individuazione degli strumenti ammissibili, si deve far riferimento prima facie alla definizione di ”strumento finanziario” rinvenibile nell’articolo 1 del testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), che all’articolo 1, comma 2 del TUF definisce «strumento finanziario»: «qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell’Allegato I, compresi gli strumenti emessi mediante tecnologia a registro distribuito. Gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari».
La nozione di ”strumento finanziario” contenuta nell’articolo 1 e nell’allegato I, sez. C del TUF è da considerarsi ”aperta” ovvero in grado di adeguarsi all’evoluzione dei mercati. Le categorie di ”valore mobiliare”, di ”strumenti del mercato monetario” e di ”quote di organismo di investimento collettivo”, presenti, tra gli altri, nell’allegato I, sez. C del TUF, infatti, rinviano ad altre definizioni normative e regolamentari.
In particolare, l’articolo 1, comma 1bis, del TUF specifica che per «valori mobiliari» «si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio:
a) azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e ricevute di deposito azionario;
b) obbligazioni e altri titoli di debito, comprese le ricevute di deposito relative a tali titoli;
c) qualsiasi altro valore mobiliare che permetta di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle lettere a) e b) o che comporti un regolamento a pronti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci o altri indici o misure».
La classe dei «valori mobiliari», dunque, è definita mediante una tecnica esemplificativa, essendo in essa espressamente ricomprese anche fattispecie diverse da quelle indicate purché assimilabili.
In estrema sintesi, sono «valori mobiliari» quelle categorie di «valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali». La negoziabilità intesa come idoneità ad essere negoziabile costituisce caratteristica comune agli strumenti finanziari. Tale idoneità, nella sostanza, consiste nella possibilità giuridica di essere oggetto di atti dispositivi e nella possibilità concreta di essere oggetto di circolazione all’interno di un mercato finanziario. Ciò significa che la circolazione dei predetti strumenti non deve essere occasionale e limitata ad un ristretto numero di operatori, né subordinata a vincoli così restrittivi da renderla di fatto pressoché impossibile.
La negoziabilità, inoltre, dipende da caratteristiche proprie dello strumento, quali la standardizzazione e la divisibilità.
La normativa PIR non richiede necessariamente la negoziazione nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione e, pertanto, nel novero degli strumenti finanziari qualificati ai fini PIR possono essere inclusi anche quelli non negoziati in detti mercati e sistemi multilaterali.
In ogni caso, la qualificazione di strumento finanziario, di per sé, non è sufficiente per far rientrare l’investimento tra quelli ammissibili ai fini della normativa in esame, ma occorre che lo strumento finanziario a cui sono destinate le somme del PIR presenti caratteri e finalità compatibili con l’impianto previsto dalla normativa.
Con riferimento specifico alla costituzione dei PIR Alternativi, la normativa prevede che gli stessi rispettino i seguenti vincoli di investimento:
per almeno i due terzi dell’anno solare di durata del piano, almeno il 70 per cento (cd. quota obbligatoria) del valore complessivo del PIR deve essere investito, «direttamente o indirettamente», in «strumenti finanziari», anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione;
gli strumenti finanziari devono essere emessi o stipulati con imprese fiscalmente residenti in Italia, con imprese residenti in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo con stabile organizzazione in Italia;
le imprese, oggetto degli investimenti, devono essere diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;
gli investimenti possono essere rappresentati anche da «prestiti erogati alle predette imprese nonché in crediti delle medesime imprese».
Attualmente, a seguito dell’introduzione dell’articolo 13bis del decreto-legge n. 124 del 2019, è prevista la possibilità di detenere gli ”investimenti qualificati” anche ”indirettamente”. Al riguardo, nella circolare n.19/E del 2021 è stato precisato che «l’unico strumento utilizzabile per l’investimento indiretto sia quello partecipativo. Pertanto, si può costituire un PIR destinando risorse agli investimenti qualificati anche attraverso la detenzione di partecipazioni in società veicolo, italiane ed estere, che investono in investimenti qualificati».
In particolare, nel medesimo documento di prassi è stato chiarito che, affinché il veicolo possa essere utilizzato per dare rilevanza agli investimenti qualificati ”indiretti” deve essere di natura partecipativa e rispettare determinati requisiti, in coerenza con la normativa generale PIR. Pertanto, deve trattarsi di veicoli societari, italiani o esteri, istituiti in Stati UE o SEE che consentano un adeguato scambio di informazioni. Poiché oggetto di agevolazione è l’investimento sottostante, al fine di rispettare la ratio della normativa di esenzione, il veicolo societario deve investire esclusivamente in attività finanziare ammissibili ai fini PIR (”investimenti qualificati” e ”investimenti non qualificati”).
Le illustrate discipline agevolative perseguono, dunque, finalità diverse:
il regime PIR intende canalizzare il risparmio delle famiglie verso l’economia reale;
la disciplina dei ”carried interest” mira ad allineare gli interessi dei dipendenti/manager di società di gestione del risparmio o di altre società a quelli dei quotisti degli OICR o degli azionisti delle società.
Ciò posto, con riferimento alla possibilità di includere tra gli investimenti ”rilevanti” ai fini del regime PIR gli strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati per i quali ricorrono i presupposti previsti all’articolo 60 del decreto-legge n. 50 del 2017, occorre verificare che lo strumento finanziario a cui sono destinate le somme del PIR presenti caratteristiche e finalità compatibili con l’impianto previsto dalla relativa disciplina.
Al riguardo, si evidenzia che la scelta di investire nell’economia reale, circoscritta alle imprese con le quali l’investitore è legato, direttamente o indirettamente, da un rapporto di lavoro, vanificherebbe la ratio del regime di esenzione di favorire l’afflusso di capitale di rischio all’intera economia reale di mercato.
In relazione alla possibilità di applicare il regime di esenzione in esame anche ai proventi derivanti da strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, la Scrivente ha richiesto un parere al Ministero dell’Economia e delle Finanze Dipartimento delle Finanze, che ha rilevato che la disciplina dei ”carried interest” «è stata introdotta al fine di distinguere in modo netto, sulla base dei requisiti quantitativi e temporali ivi previsti, i proventi qualificabili come redditi di lavoro dipendente o autonomo e i redditi di capitale o diversi ed evitare possibili abusi volti a convertire in modo surrettizio redditi di lavoro (dipendente o autonomo) in redditi di capitale o diversi.
I predetti strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, in via generale, vengono emessi al fine di allineare gli interessi dei manager a quelli degli investitori e trovano la loro fonte nei cc.dd. ”carried interest arrangement” che sono parte integrante di talune strutture di investimento.
Per tali strumenti finanziari, pertanto, non vi è ”sollecitazione all’investimento” all’esterno della struttura di investimento.
Com’è noto, la disciplina dei PIR ha realizzato l’idea di una consistente incentivazione fiscale del risparmio di lungo termine, di carattere generale, per:
offrire maggiori opportunità di rendimento alle famiglie;
favorire lo sviluppo dei mercati finanziari nazionali;
aumentare le opportunità delle imprese di ottenere finanziamenti per investimenti di lungo termine.
La disciplina PIR, quindi, come chiarito dalla relazione illustrativa all’articolo 1 della legge di bilancio 2017 e ribadito, più volte, sia dal Dipartimento delle Finanze (cfr. Linee guida del 4 ottobre 2017) sia dall’Agenzia delle entrate, è finalizzata a indirizzare il risparmio delle famiglie, concentrato sulla liquidità, verso l’economia reale.
Tale disciplina agevolativa, pertanto, è volta a incentivare gli investimenti nell’economica reale da parte di soggetti che non effettuerebbero tali investimenti in assenza di siffatta disciplina.
I soggetti che sottoscrivono (o cui vengono attribuiti) strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, invece, sono soggetti che operano professionalmente nei mercati finanziari e che acquisiscono tali strumenti in virtù dell’attività professionale svolta, a prescindere dalla disciplina PIR».
In altri termini, l’inclusione degli strumenti finanziari partecipativi in un PIR non è in linea con la finalità sottesa alla relativa disciplina fiscale agevolativa, volta a favorire la creazione di uno stabile canale, alternativo a quello tradizionale, per far affluire risorse alle imprese dell’economia reale.
Sulla base di quanto illustrato, pertanto, si ritiene che gli strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati, non possono fruire della disciplina di esenzione di cui all’articolo 1, commi da 100 a 114, della legge di bilancio 2017.
In merito al secondo quesito, l’Istante rappresenta che intende costituire un PIR Alternativo mediante apporto delle quote di proprietà detenute nella Società Alfa la quale detiene, a sua volta, le azioni del FIA lussemburghese PIR compliant, gestito da un soggetto residente in Lussemburgo e ivi sottoposto a vigilanza ai sensi della Direttiva AIFM.
La Società Alfa, veicolo appositamente costituito per operare l’investimento nel FIA, detiene azioni sia ordinarie (Azioni A), sia dotate di diritti patrimoniali rafforzati (Azioni Carried). Queste ultime azioni, come appena specificato nell’ambito della risposta al primo quesito, non possono essere immesse in un PIR in quanto si tratta di strumenti finanziari rilevanti ai fini della disciplina fiscale sui carried interest di cui all’articolo 60 del decreto-legge n. 50 del 2017, che non sono compatibili con il regime PIR.
Ne consegue che le quote della Società Alfa non possono beneficiare del regime PIR.
Alla luce di quanto precisato, il terzo quesito risulta assorbito.
Con riferimento al quarto quesito, relativo alla possibile qualificazione della Società Alfa «come entità economicamente trasparente», l’Istante richiama le indicazioni contenute nelle risoluzioni 27 gennaio 2006, n. 17/E e 21 aprile 2008, n. 167/E e quanto affermato nella risposta pubblicata il 19 aprile 2021, n. 258.
Al riguardo, si precisa che tali chiarimenti riguardano l’applicazione delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia con altri Paesi e sulle relative indicazioni fornite nel Report ”The Application of the OECD Model Tax Convention to Partnerships” (”Partnership Report”) del 1999, mutuati dal Commentario al Modello OCSE. In particolare, il Partnership Report afferma che le Convenzioni normalmente non si applicano alle partnership, considerata la loro peculiare condizione di ”trasparenza fiscale”, tuttavia ammette taluni casi in cui possono essere concessi i benefici convenzionali qualora il reddito sia comunque corrisposto a una ”persona residente” ai fini del Trattato. Coerentemente, la richiamata prassi nel la nozione di ”trasparenza economica” e le condizioni di equiparazione alla trasparenza fiscale, si riferiscono esclusivamente all’applicazione di una Convenzione contro le doppie imposizioni che l’Italia abbia in vigore con un altro Stato.
Pertanto, il rinvio operato dall’Istante al concetto di trasparenza elaborato nella prassi richiamata, con riguardo all’applicazione della normativa interna, è inconferente rispetto al caso di specie.
Al riguardo si precisa che tali chiarimenti richiamati dall’Istante riguardano l’applicazione delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia con altri Paesi e sulle relative indicazioni fornite dall’Ocse nel relativo Commentario e nel Report sulle Partnership del 1999, che non si rendono applicabili al caso di specie.
Riguardo alla tassazione degli utili distribuiti da entità estere trasparenti, nella circolare 5 marzo 2015, n. 9/E (paragrafo 5.1) viene chiarito che nell’ordinamento interno una società estera trasparente non è considerata come tale in quanto viene ricompresa tra i soggetti IRES dall’articolo 73, comma 1, lettera d), del Tuir, con la conseguenza che il reddito che il residente italiano ritrae dalla partecipazione in detta società assume rilevanza, ai fini fiscali, solo al momento della distribuzione.
Pertanto, nel presupposto assunto acriticamente che le Azioni Carried soddisfino i requisiti di cui all’articolo 60 del decreto-legge n. 50 del 2017, gli utili derivanti dalla partecipazione nella Società Alfa da parte della persona fisica Istante, al di fuori dell’attività d’impresa, costituiscono, per quest’ultimo, redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera e), del Tuir, da determinare ai sensi del successivo articolo 45.
Detti redditi sono soggetti a tassazione in Italia in base al principio di cassa nel periodo d’imposta di percezione.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e delle qualificazioni effettate dal contribuente, assunte acriticamente così come illustrate nell’istanza di interpello in quanto non oggetto di valutazione in questa sede e nel presupposto della loro veridicità e correttezza.
Resta impregiudicato, ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritto in interpello, per effetto di eventuali altri atti, fatti o negozi ad esso collegati e non rappresentati dall’Istante, possa condurre ad una diversa valutazione delle fattispecie oggetto di chiarimento.
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