AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 386 del 13 luglio 2023

Trattamento fiscale ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione tra Italia e Bulgaria per evitare le doppie imposizioni, ratificata con legge 29 novembre 1990, n. 389, dei redditi percepiti da lavoratori fiscalmente residenti in Italia, da parte di società stabilita in Bulgaria, a fronte di prestazioni rese ad aziende italiane

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

Quesito

XXXXX (di seguito, anche ”Società” o ”Istante”) è una società stabilita in Bulgaria che esercita attività di intermediazione ai fini dell’inserimento occupazionale nel mercato del lavoro dello Stato, con autorizzazione anche per altri Paesi.

Al fine di poter operare nel mercato italiano, l’istante ha richiesto l’iscrizione all’Albo Nazionale delle Agenzie di Lavoro per la relativa autorizzazione, a seguito della quale inizierà a svolgere in Italia l’attività di società interinale per aziende nazionali, utilizzando anche lavoratori italiani residenti nel territorio dello Stato.

Tali lavoratori, in base alle richieste delle aziende italiane, saranno assunti in Bulgaria con contratto di lavoro interno e connessa remunerazione, contribuzione previdenziale e ritenute fiscali della legislazione locale.

L’Istante chiede, quindi, quale sia il corretto trattamento fiscale dei redditi percepiti dai lavoratori italiani, anche in applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia e la Bulgaria, firmata a Sofia il 21 settembre 1988 e ratificata con legge 29 novembre 1990, n. 389 (di seguito, ”Convenzione” o ”Trattato”).

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

La Società ritiene che i lavoratori italiani, essendo soggetti alle ritenute previdenziali e fiscali in Bulgaria, non dovranno dichiarare tali redditi in Italia, ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione, per il quale le remunerazioni per le attività di lavoro dipendente svolte in Bulgaria da un residente in Italia sono ivi imponibili, poiché elargite da un datore di lavoro locale.

Per i redditi soggetti ad imposizione fiscale in Bulgaria, i residenti in Italia sono esonerati dagli obblighi fiscali italiani, quindi, nella fattispecie, i lavoratori italiani non dovranno dichiarare in Italia i redditi di lavoro dipendente ricevuti dall’Istante.

Parere dell’Agenzia delle Entrate

Da quanto si evince dall’istanza, il quesito prospettato attiene al corretto trattamento impositivo dei redditi che lavoratori, fiscalmente residenti in Italia, riceveranno da parte della società Istante, stabilita in Bulgaria, a fronte di prestazioni lavorative rese ad aziende italiane.

Ciò posto, la scrivente espone di seguito i chiarimenti richiesti, nel presupposto qui assunto acriticamente di un’effettiva residenza fiscale in Italia dei lavoratori impiegati e della società Istante. Infatti, l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisce una questione di fatto che non può essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (cfr. circolare n. 9/E del 1° aprile 2016).

Per quanto attiene alla disciplina nazionale, si osserva, che, ai fini dell’assoggettamento ad imposizione in Italia dei redditi in esame, l’articolo 3, comma 1, del Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917, dispone che le persone residenti in Italia sono tassate sull’insieme dei loro redditi percepiti, indipendentemente dal luogo in cui questi siano prodotti, mentre, nel caso di soggetti non residenti, sono tassati in Italia solo i redditi prodotti nel territorio italiano.

Tanto chiarito sotto il profilo della normativa italiana, occorre, tuttavia, considerare le disposizioni internazionali contenute in accordi conclusi dall’Italia con gli Stati esteri.

Il principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è, difatti, pacificamente riconosciuto nell’ordinamento italiano e, in ambito tributario, è sancito dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del D.P.R. n. 600 del 1973, oltre ad essere affermato dalla giurisprudenza costituzionale.

Sul piano del diritto internazionale pattizio, si rileva che l’Italia ha stipulato con numerosi Paesi esteri Convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni sui redditi, le quali stabiliscono come deve essere ripartito il potere impositivo tra i due Stati contraenti, tra cui rientra il Trattato con la Bulgaria, menzionato dalla Società nell’istanza d’interpello.

In particolare, nel caso di specie, viene in rilievo l’articolo 13 della Convenzione, menzionato anche dall’Istante, in base al quale ”i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è ivi svolta, le remunerazioni percepite a tale titolo sono imponibili in quest’altro Stato”.

Inoltre, al paragrafo 2, il medesimo articolo 13 precisa che ”le remunerazioni che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente, svolta nell’altro Stato contraente, sono imponibili soltanto nel primo Stato se:

a) il beneficiario soggiorna nell’altro Stato per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato;

b) le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato;

c) l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato”.

Pertanto, in virtù della richiamata Convenzione, come regola generale le remunerazioni derivanti da attività di lavoro dipendente sono assoggettate a imposizione esclusiva nello Stato di residenza del lavoratore, ossia, nel caso di specie, l’Italia.

La regola della tassazione esclusiva nel Paese di residenza subisce tuttavia una deroga laddove l’attività lavorativa sia svolta anche nell’altro Stato contraente (purché non ricorrano congiuntamente le condizioni elencato nel paragrafo 2 sopra riportato).

Applicando la normativa convenzionale al caso in esame, si osserva che l’Istante si limita a riferire che i lavoratori saranno assegnati in somministrazione ad aziende italiane con contratto di diritto bulgaro, senza precisare se queste abbiano sedi all’estero a cui tali lavoratori saranno destinati.

Pertanto, nell’ipotesi in cui i lavoratori residenti in Italia siano assegnati ad aziende con sede in Italia, presso cui svolgono le relative prestazioni, ricorre tassazione esclusiva in Italia, con conseguente illegittimità della ritenuta fiscale eventualmente operata in Bulgaria dalla Società, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, primo periodo, del Trattato. In tale ipotesi, infatti, non rileva la residenza del soggetto pagatore delle remunerazioni, poiché la Convenzione fa riferimento esclusivamente alla residenza (Italia) e al luogo di svolgimento dell’attività lavorativa (ancora Italia, nella fattispecie presa in esame). I lavoratori saranno quindi tenuti ad assoggettare a imposizione le relative remunerazioni esclusivamente in Italia.

Qualora, invece, i lavoratori residenti in Italia siano assegnati ad aziende con sede in Bulgaria, presso le quali debba essere svolta la prestazione, ricorre una tassazione concorrente dei due Paesi, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, secondo periodo, della Convenzione. Peraltro, in ipotesi di parziale assegnazione, ove i lavoratori prestino parte dell’attività in Italia e parte in Bulgaria, solamente i redditi riferibili a tale ultima porzione saranno assoggettati a tassazione concorrente in Italia e in Bulgaria.

Pertanto, le remunerazioni percepite dai lavoratori residenti nel nostro Paese per l’attività dipendente prestata in Bulgaria, sebbene sottoposte a tassazione di quest’ultimo Stato, dovranno essere comunque dichiarate e assoggettate a tassazione in Italia, con la conseguenza che l’eventuale doppia imposizione sarà risolta attraverso il riconoscimento, da parte italiana, di un credito per le imposte estere (ai sensi dell’articolo 22 della Convenzione e dell’articolo 165 del TUIR).