TRIBUNALE DI VOGHERA – Ordinanza 07 marzo 2012
Disabile – Discendente di secondo grado convivente – Diritto al congedo straordinario per l’assistenza – Mancata previsione – Violazione di diritto fondamentale della persona – Lesione del principio di uguaglianza – Violazione del principio di tutela della salute – Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 19/2009, 158/2007 e 233/2005 – Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, art. 42, comma 5 – Costituzione, artt. 2, 3 e 32.
F. M. docente di lettere presso il Liceo Scientifico Statale di Voghera e titolare dei benefici di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 per l’assistenza alla nonna materna con lui convivente M. B. (vedova e senza figli viventi) – è stato collocato, a sua domanda, in aspettativa non retribuita per gravi e documentati motivi familiari dal 20 settembre 2010 al 30 giugno 2011;
in data 13 ottobre 2010 egli ha chiesto la sostituzione della domanda di aspettativa non retribuita con quella per congedo retribuito per particolari patologie dei familiari ai sensi dell’art. 4 legge 8 marzo 2000, n. 53;
il dirigente scolastico ha rigettato la domanda, sul rilievo che la disciplina legislativa vigente in materia, pur a seguito degli interventi della Corte costituzionale, contempla il diritto a fruire del congedo retribuito solo in favore del coniuge, del figlio convivente o di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con il soggetto affetto da handicap in situazione di gravità, nell’ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere all’assistenza;
in data 14 maggio 2011 F. M., ha proposto ricorso al Tribunale di Voghera, in funzione di giudice del lavoro, per l’accertamento del proprio diritto a fruire del richiesto congedo retribuito e per la condanna del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca al pagamento delle retribuzioni non corrisposte dal 14 ottobre 2010 al 30 giugno 2011, pari ad € 19.811,88;
il punto di riferimento normativa per valutare la fondatezza delle domande del ricorrente è costituito dall’art. 42, comma 5, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), che, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti di causa, così recitava, per la parte che qui interessa: «la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità di cui all’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, della legge medesima e che abbiano a fruire dei benefici di cui all’art. 33, comma 1, del presente testo unico e all’art. 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l’assistenza del figlio, hanno diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’art. 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta»;
la Corte costituzionale ha operato un primo vaglio della norma ora citata, dichiarandone l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevedeva il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con un disabile grave a fruire del congedo ivi indicato, nell’ipotesi in cui i genitori fossero impossibilitati a provvedere all’assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabili (sentenza 8-16 giugno 2005 n. 233);
in quell’occasione la Corte ha sottolineato che il congedo straordinario retribuito si inscrive negli interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie che si fanno carico dell’assistenza della persona diversamente abile, evidenziando altresì il rapporto di stretta e diretta correlazione di detto istituto con le finalità perseguite dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, ed in particolare con quelle di tutela della salute psicofisica della persona handicappata e di promozione della sua integrazione nella famiglia;
la Consulta ha poi dichiarato l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione, nella parte in cui non includeva nel novero dei soggetti beneficiari, ed in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, il coniuge convivente della persona in situazione di disabilità grave (sentenza 18 aprile – 8 maggio 2007 n. 158);
con tale pronuncia si è posta in evidenza la ratio dell’istituto del congedo straordinario retribuito, alla luce dei suoi presupposti e delle vicende normative che lo hanno caratterizzato, rilevandosi che «sin dal momento della sua introduzione, […] l’istituto in questione mirava a tutelare una situazione di assistenza della persona con handicap grave già in atto, pur limitando l’ambito di operatività del beneficio ai componenti (genitori e, in caso di loro scomparsa, fratelli) della sola famiglia di origine del disabile»;
conseguentemente, si è affermato che «l’interesse primario cui è preposta la norma in questione – ancorché sistematicamente collocata nell’ambito di un corpo normativo in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità – è quello di assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito»;
sulla base di tali premesse, il Giudice delle leggi ha ritenuto che il trattamento riservato dalla norma censurata al lavoratore coniugato con un disabile, che versi in situazione di gravità e con questo convivente, ometteva di considerare le situazioni di compromissione delle capacità fisiche, psichiche e sensoriali, tali da «rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione» – secondo quanto previsto dall’art. 3 legge 5 febbraio 1992, n. 104 – che si fossero realizzate in dipendenza di eventi successivi alla nascita ovvero in esito a malattie di natura progressiva; in tal modo la stessa norma avrebbe comportato un inammissibile impedimento all’effettività dell’assistenza ed integrazione del disabile stesso nell’ambito di un nucleo familiare in cui ricorrono le medesime esigenze che l’istituto in questione è deputato a soddisfare, in violazione degli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.;
infine; con sentenza 26-30 gennaio 2009 n. 19 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio convivente,
in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, evidenziando come «la disposizione censurata, omettendo di prevedere tra i beneficiari del congedo straordinario retribuito il figlio convivente, anche qualora questi sia l’unico soggetto in grado di provvedere all’assistenza della persona affetta da handicap grave, viola gli artt. 2, 3 e 32 Cost., ponendosi in contrasto con la ratio dell’istituto. Questa, infatti, […] consiste essenzialmente nel favorire l’assistenza al disabile grave in ambito familiare e nell’assicurare continuità nelle cure e nell’assistenza, al fine di evitare lacune nella tutela della salute psico-fisica dello stesso, e ciò, a prescindere dall’età e dalla condizione di figlio di quest’ultimo. Inoltre, la suddetta omissione determina un trattamento deteriore dell’unico figlio convivente, del disabile – allorché sia anche il solo soggetto in grado di assisterlo – rispetto agli altri componenti del nucleo familiare di quest’ultimo espressamente contemplati dalla disposizione oggetto di censura; trattamento deteriore che, diversificando situazioni omogenee, quanto agli obblighi inderogabili di solidarietà derivanti dal legame familiare, risulta privo di ogni ragionevole giustificazione»;
l’art. 42, comma 5, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, nel testo attualmente vigente a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 4, comma 1, lettera b), d.lgs. 18 luglio 2011, n. 119, stabilisce che «il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 3 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’art. 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi»;
sia nella formulazione attuale, sia nel testo previdente risultante a seguito delle citate sentenze additive della Corte costituzionale (applicabile ratione temporis alla presente fattispecie), la norma non contempla tra i soggetti legittimati alla fruizione dello speciale congedo retribuito ivi previsto i discendenti di secondo grado conviventi con la persona affetta da disabilità, pur quando si tratti degli unici soggetti idonei a prendersi cura di quest’ultima;
si ritiene prospettabile una questione di legittimità costituzionale della norma, sotto il profilo della mancata estensione del beneficio a favore di tali soggetti.
La questione appare rilevante ai fini della decisione, in quanto: la norma censurata trova sicura applicazione nella presente fattispecie;
in punto di fatto, dalla documentazione allegata in atti risulta che F. M. è convivente con la nonna materna M. B. (cfr. certificati di famiglia allegati sub docc. 2 e 4 fascicolo ricorrente) e che la stessa, dell’età di 91 anni, è stata riconosciuta affetta da handicap in condizione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104 dalla competente commissione ASL in data 11 giugno 2009 (cfr. doc. 7 fascicolo ricorrente);
il ricorrente è l’unica persona in grado di prestare assistenza alla familiare disabile, atteso che quest’ultima è vedova e non ha figli viventi (cfr. certificato anagrafico storico di M. B. e certificato di morte della figlia, nonché madre di F. M., O. M. B., rispettivamente allegati sub docc. 2 bis e 3 fascicolo ricorrente);
l’unico altro componente del nucleo familiare, G. E. M. (padre del ricorrente), dell’età di 73 anni, non è in grado di fornire assistenza alla suocera, essendo stato a sua volta riconosciuto affetto da handicap e invalido con difficoltà medio-gravi nella misura dell’80% (cfr. verbali delle competenti commissioni sanitarie, allegati sub doc. 6 fascicolo ricorrente);
che F. M. assista con continuità la nonna disabile è confermato dal fatto che lo stesso fruisce, proprio per tale ragione, dei benefici di cui all’art. 33 legge 5 febbraio 1992, n. 104, come da provvedimento del dirigente scolastico del Liceo Scientifico Statale di Voghera in data 11 luglio 2009 (allegato sub doc. l fascicolo ricorrente);
infine, il ricorrente ha presentato istanza di concessione del congedo straordinario, che è stata rigettata dal dirigente dell’istituto scolastico di appartenenza proprio in ragione del fatto che la disposizione censurata non contempla, tra i soggetti legittimati alla fruizione del congedo straordinario retribuito, i discendenti del disabile, al di fuori dei figli (cfr. domanda e provvedimento di rigetto allegati rispettivamente sub docc. 11 e 12 fascicolo ricorrente).
La questione appare non manifestamente infondata, considerato che:
anche alla luce delle motivazioni delle sentenze della Corte costituzionale precedentemente richiamate, deve ritenersi che la materia dei congedi concessi in relazione alle necessità del soggetto portatore di handicap, pur se formalmente collocata in un testo normativo emesso a tutela della paternità e della maternità, sia attinente all’esigenza di assicurare continuità nell’assistenza e nelle cure del disabile, indipendentemente dal suo status di figlio, così da evitare vuoti pregiudizievoli alla salute psico-fisica del soggetto diversamente abile, in consonanza con il più generale obiettivo dell’ordinamento di garantire la tutela dei soggetti deboli;
la ratio della norma di cui all’art. 42, comma 5, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 è, infatti, quella di tutelare le esigenze primarie e fondamentali del soggetto affetto da handicap, facendo in modo che la continuità nelle cure si realizzi in ambito familiare, data la centralità del ruolo della famiglia nell’assistenza e nel soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione, quale fondamentale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute del disabile, intesa nella sua accezione più ampia;
pertanto, in presenza di una disposizione che, a tal fine, assicura il diritto al congedo straordinario, oltre che ai genitori, anche ai fratelli ed alle sorelle (in caso di scomparsa dei genitori o di loro impossibilità a prestare assistenza), al coniuge e ai figli conviventi del soggetto portatore di handicap, l’esclusione dal novero dei soggetti legittimati dei discendenti di secondo grado – in mancanza di altri familiari idonei ad occuparsi del disabile – appare contrastante con i principi costituzionali richiamati dalle sentenze 8-16 giugno 2005 n. 233, 18 aprile-8 maggio 2007 n. 158 e 26-30 gennaio 2009 n. 19;
anche lo status di discendente, infatti, è fonte dell’obbligo alimentare previsto dall’art. 433 c.c., nell’ambito del quale il discendente, in mancanza di figli, è collocato in via prioritaria rispetto allo stesso genitore;
il mancato riconoscimento del diritto in esame a favore del discendente convivente, rispetto a quanto previsto per i genitori, il coniuge, i figli ed i fratelli conviventi, appare pertanto fonte di un’ingiustificata disparità di trattamento, in relazione all’art. 3, comma 1, della Costituzione;
la disparità di trattamento risulta particolarmente evidente e priva di ragionevole giustificazione se posta a confronto con la condizione dei fratelli del soggetto disabile: a questi ultimi, parenti di secondo grado in linea collaterale, è riconosciuto un beneficio – funzionale a garantire l’assistenza al disabile stesso – che viene invece negato, a parità di condizioni, ai parenti del medesimo grado in linea retta, con ciò diversificando irragionevolmente situazioni omogenee quanto agli obblighi inderogabili di solidarietà derivanti dal legame familiare;
parimenti, l’esclusione appare tale da violare l’art. 2 della Costituzione, che tutela i diritti inviolabili dell’uomo e richiede il rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, attraverso l’adozione di idonee misure che consentano l’esercizio di detti diritti e doveri: l’esclusione del congedo retribuito a favore dell’unico familiare in grado di farsi carico dell’assistenza alla persona portatrice di handicap, che non sia coniuge, genitore, figlio o fratello convivente di quest’ultimo, compromette la possibilità di garantire al disabile assistenza continuativa all’interno del nucleo familiare, con evidenti riflessi pregiudizievoli sulla sfera della socializzazione e dell’ integrazione;
tutto ciò si traduce anche in una violazione dell’art. 3, comma 2, della Costituzione, poiché l’apporto dei familiari alla cura del congiunto gravemente disabile è da considerarsi come funzionale al compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana (cfr. sentenza 1° ottobre-24 novembre 2003 n. 350, in tema di concessione del beneficio della detenzione domiciliare alla madre condannata e, nei casi previsti, al padre condannato, conviventi con un figlio portatore di handicap totalmente invalidante);
si ravvisa altresì una contrarietà della norma di legge rispetto all’art. 32, comma 1, della Carta costituzionale, nella parte in cui garantisce il diritto alla salute, atteso che privare un soggetto lavoratore, avente lo status di unico familiare convivente con persona affetta da stabile disabilità, della fruizione di idonee misure finalizzate a prestare a quest’ultima la necessaria assistenza determina il concreto rischio di un deterioramento delle condizioni di salute psico-fisica della stessa;
ritenuta conclusivamente, alla luce delle argomentazioni esposte, la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità della normativa di cui all’art. 42, comma 5, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, per contrasto con gli artt. 2; 3, comma 1; 3, comma 2, e 32, comma 1, della Costituzione;
P.Q.M.
Visti gli artt. 1 legge 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, per contrasto con gli artt. 2; 3, comma 1; 3, comma 2, e 32, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il discendente di secondo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona affetta da handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104;
Sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a cura della Cancelleria;
Dispone che la presente ordinanza, a cura della Cancelleria, sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
—
Provvedimento pubblicato nella G.U. del 10 luglio 2013, n. 28
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