CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 gennaio 2014, n. 1513
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Occupazione senza titolo – Beni promessi in vendita – Durante il concordato preventivo
Svolgimento del processo
Con decreto del 23 febbraio 2012 il Tribunale della Spezia rigettava l’opposizione proposta dalla s.r.l. G. avverso il provvedimento con cui il giudice delegato al fallimento della s.r.l. N.M. aveva ammesso in via chirografaria, escludendo la richiesta prededuzione, il credito di €. 56.808,93 (di cui €.34.500,00 per indennità di occupazione, €. 3.450,00 per compenso di custodia ed € 18.858,93 per spese di causa), che la stessa s.r.l. G. aveva vantato, esponendo: che essa, in data 17 gennaio 2006 e in forza di un contratto di cessione di ramo di azienda, aveva acquistato dalla s.r.l. N.M. un capannone; che in tale capannone si trovavano beni mobili (“macchinette da intrattenimento”) che la proprietaria N.M. aveva promesso in vendita alla s.r.l. M.A., con contratto preliminare allegato alla proposta di concordato presentata dalla stessa N.M. ed omologata il 6 luglio 2007; che, con verbale del 19 luglio 2007, gli organi della procedura avevano messo i beni a disposizione della s.r.l. M.A.; che, malgrado ripetute assicurazioni, il capannone non veniva sgombrato così da costringere la s.r.l. G. a chiedere un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.; che il giudice adito autorizzava in data 18 febbraio 2008 lo spostamento dei beni in un altro capannone e nominava la G. come custode; che in data 13 luglio 2009 veniva redatto verbale della consegna dei beni dalla s.r.l. M.A. alla s.r.l. N.S.G., la quale, previa autorizzazione del giudice delegato, era subentrata alla prima nell’adempimento degli oneri del concordato; che i beni erano stati definitivamente rimossi soltanto in data 28 febbraio 2010. A fondamento del rigetto il Tribunale osservava che: a) il credito in questione non poteva considerarsi sorto in occasione del concordato preventivo che aveva preceduto il fallimento, in quanto trovava causa in un fatto, e cioè la presenza dei beni nel capannone, anteriore all’ammissione del concordato ed alla sua omologazione; b) lo spostamento dei beni nel secondo capannone era avvenuto ad istanza della G., su disposizione del giudice della cautela e senza alcun intervento degli organi della procedura; inoltre, lo spostamento si collegava, comunque, alla originaria presenza dei beni nel primo capannone.
La s.r.l. G. propone ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi, illustrati anche con memoria. Il fallimento della s.r.l. N.M. resiste con controricorso illustrato anche con memoria.
Motivi della decisione
Alla ammissibilità del ricorso non osta la notificazione, sei giorni prima, di altro ricorso non iscritto a ruolo; invero, «nel caso in cui una sentenza sia stata impugnata con due successivi ricorsi per cassazione, il primo dei quali non sia stato depositato o lo sia stato tardivamente dal ricorrente, è ammissibile la proposizione del secondo, anche qualora contenga nuovi e diversi motivi di censura, purché la notificazione dello stesso abbia avuto luogo nel rispetto del termine breve decorrente dalla notificazione del primo, e l’improcedibilità di quest’ultimo non sia stata ancora dichiarata, dal momento che la mera notificazione del primo ricorso non comporta la consumazione del potere d’impugnazione » (e plurimis Cass. 26 maggio 2010, n. 12898).
Con il primo e con il secondo motivo la ricorrente G. deduce rispettivamente la violazione dell’art. 112 c.p.c. ed il vizio di motivazione, lamentando in entrambi i casi che la sentenza impugnata aveva omesso di pronunciare sul rilievo che il concordato proposto dalla s.r.l. N.M. ed omologato dal Tribunale era un concordato con cessione dei beni, ivi compresi i beni depositati nel capannone della ricorrente, dei quali pertanto, dopo il deposito del decreto di omologazione potevano disporre soltanto gli organi della procedura, che infatti in data 19 luglio 2007 li avevano messi a disposizione della promissaria acquirente.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione in relazione al possesso dei beni presenti nel capannone, considerato che lo stesso poteva essere trasferito soltanto con una traditio e non con un verbale di messa a disposizione.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 111 L. fall., assumendo che, contrariamente a quanto erroneamente ritenuto dal Tribunale, i crediti dovevano considerarsi sorti in occasione o in funzione di una procedura concorsuale, poiché derivavano da atti strumentali alla conservazione del patrimonio dell’imprenditore.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati. L’art. 111, comma 2, L. fall., nel testo successivo alla riforma ed applicabile nella fattispecie ratione temporis, considera crediti prededucibili quelli sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo che ha preceduto il fallimento. L’attuale formulazione della norma segna il superamento della precedente disciplina nella parte in cui, secondo il diritto vivente elaborato dall’interpretazione di questa Corte (e plurimis Cass. nn. 3581/2001; 6352/1997; 11216/1995) , prevedeva che i crediti nascenti da obbligazioni contratte nel corso della procedura di concordato preventivo, in caso di successivo fallimento, non potevano essere soddisfatti in prededuzione stante la funzione meramente liquidatoria del concordato, rispetto alla quale era estranea la continuazione dell’esercizio dell’impresa da parte del debitore, salvo che tale continuazione non avesse costituito elemento essenziale della proposta di concordato (Cass. nn. 2192/1999; 7140/1996).
L’art. 111, comma 2, L. fall. nella attuale formulazione individua i crediti prededucibili nella successiva procedura fallimentare alternativamente nei crediti sorti in occasione ovvero in quelli sorti in funzione del concordato preventivo. Il primo criterio, che fa riferimento all’elemento cronologico (“in occasione”), deve essere integrato, per avere un senso compiuto, con un implicito elemento soggettivo e cioè quello della riferibilità del credito alla attività degli organi della procedura; in difetto di una tale integrazione il criterio in questione sarebbe palesemente irragionevole in quanto porterebbe a considerare come prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa. D’altro canto, la funzionalità alle esigenze della procedura non può costituire un criterio integrativo di quello cronologico, poiché tale funzionalità è autonomamente considerata come causa della prededucibilità dei crediti. In conclusione, in virtù del primo criterio l’attività degli organi della procedura dà luogo a crediti prededucibili indipendentemente dalla verifica in concreto della funzionalità rispetto alle esigenze della procedura mentre, in virtù del secondo criterio, l’attività del debitore, ammesso alla procedura di concordato preventivo, dà luogo alla prededuzione quando sia funzionale alle predette esigenze.
Nel concordato con cessione dei beni, ove non sia previsto diversamente, le attività di liquidazione dei beni competono, dopo l’omologazione, al liquidatore, nominato ai sensi dell’art. 182 L. fall., al quale viene trasferito il potere di amministrazione e disposizione dei beni ceduti; il liquidatore, inoltre, nello svolgimento della sua attività, è responsabile a titolo contrattuale o aquiliano, secondo i casi, nei confronti dei terzi che siano con lui venuti in contatto.
Pertanto, venendo a considerare il credito del proprietario dì locali occupati senza titolo da beni ceduti dal debitore ai creditori nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, si deve ritenere che si tratti di un credito riferibile a fatti anteriori all’inizio della procedura solo per il periodo ad essa anteriore; per il periodo successivo, invero, il credito non discende dal fatto che i beni siano stati a suo tempo collocati nei locali (o, come nella specie, dal fatto che al momento dell’acquisto dei locali questi erano occupati dai beni) , ma dal fatto che sono stati mantenuti senza titolo nei locali da chi doveva provvedere alla loro liquidazione. In questa prospettiva la presenza dei beni nei locali cessa di generare ulteriori obbligazioni soltanto dopo che gli stessi sono stati rimossi ovvero, senza essere rimossi, sono stati consegnati a terzi che abbiano assunto i relativi oneri con effetto liberatorio nei rapporti tra il proprietario dei beni ed il proprietario dei locali. Erroneamente, pertanto, il Tribunale ha ritenuto irrilevanti le contestazioni dell’opponente «circa l’idoneità dei verbali di consegna delle macchinette al trasferimento della proprietà o del possesso delle stesse» e di conseguenza erroneamente non ha proceduto alla relativa verifica, che tuttavia nella specie è ormai preclusa dal giudicato interno di ammissione della odierna ricorrente al passivo fallimentare. Tale ammissione, infatti, indipendentemente dalla contraddittoria esclusione della prededuzione, trova il suo presupposto logico nel fatto che gli oneri relativi alla rimozione dei beni non erano transitati su altro soggetto, a seguito della consegna ad un terzo che fosse opponibile al proprietario dei locali.
Il decreto impugnato deve essere perciò- cassato e, decidendo nel merito, deve essere riconosciuto il diritto della s.r.l. G. alla prededuzione.
Le spese dell’intero giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, ammette in prededuzione il credito della s.r.l. N.M. già ammesso in via chirografaria; condanna il fallimento della s.r.l. N.M. al rimborso delle spese dell’intero giudizio liquidate, quanto alla fase di merito, in € 3.650,00=, di cui 300,00 per esborsi e quanto al giudizio di cassazione in € 8.200,00=, di cui 200,00 per esborsi, oltre, in entrambi i casi, IVA e CP.
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