CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 luglio 2019, n. 18142
Tributi – Soggetto sottoposto a procedura concorsuale – Credito IVA sorto dopo il fallimento – Diniego di rimborso – Credito compensato dall’Agenzia delle Entrate con debiti erariali ante fallimento – Illegittimità
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate ha opposto un parziale diniego di rimborso del credito IVA nei confronti di I. SPA, quale cessionaria del credito IVA del Fallimento C.U. & C. S.a.s., per avere l’Agenzia compensato detto credito con i debiti del fallito risultanti da alcune cartelle esattoriali;
che la cessionaria del credito ha interposto ricorso avverso il diniego parziale del credito asserendo trattarsi di credito sorto in costanza di procedura, non compensabile con i crediti vantati nei confronti del fallito, nonché per intervenuta decadenza dell’amministrazione non avendo la stessa reso esecutivi i ruoli nei termini di legge, nonché (con deduzione formulata nel corso del giudizio di prime cure) in forza della circostanza secondo cui i debiti erariali del fallito non erano stati oggetto di ammissione allo stato passivo;
che la CTP di Como ha rigettato il ricorso e che la CTR della Lombardia ha accolto l’appello della contribuente, rilevando (per quello che rileva in questa sede):
– che l’amministrazione finanziaria ha violato il disposto dell’art. 56 l. fall., nella parte in cui prevede che la compensazione può essere operata solo tra crediti e debiti reciproci (entrambi sorti prima o dopo la dichiarazione di fallimento) e che nella specie il credito oggetto di rimborso era sorto dopo la dichiarazione di fallimento, laddove i debiti opposti in compensazione erano debiti concorsuali sorti ante fallimento nei confronti del fallito;
– che i debiti opposti in compensazione non erano stati oggetto di ammissione allo stato passivo, per cui venivano meno per tali debiti i requisiti di certezza, liquidità ad esigibilità;
che l’Agenzia delle Entrate interpone ricorso per cassazione con un unico motivo, cui resiste con controricorso la società contribuente;
che il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Procuratore generale S.D.M., ha concluso per l’inammissibilità o per il rigetto del ricorso;
Considerato che
Con il primo e unico motivo l’amministrazione finanziaria denuncia vizio di motivazione in relazione a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dall’accertamento del momento in cui sarebbe maturato il credito IVA da parte del fallimento, laddove dagli atti di causa (e, per vero, dalla stessa narrativa della sentenza della CTR oggetto di impugnazione) emerge come il curatore del fallimento avesse esposto anche un credito sorto prima della dichiarazione di fallimento e trascinato in corso di procedura sino alla richiesta di rimborso, il che renderebbe legittima la compensazione con debiti erariali del fallito sino alla concorrenza dell’importo del credito maturato alla data della dichiarazione di fallimento;
che detto motivo non è inammissibile per le ragioni dedotte dal controricorrente, posto che l’anteriorità del credito rispetto al fallimento è fatto costitutivo dell’eccezione di compensazione di cui all’art. 56 l. fall., che presuppone che entrambi i crediti contrapposti (credito del fallito e debito nei confronti dell’erario, ovvero credito della massa e debito di massa erariale) siano reciproci, in quanto sorti entrambi in data precedente, ovvero in data successiva alla dichiarazione di fallimento;
che, per quanto la censura potrebbe astrattamente rivelarsi fondata, posto che il presupposto della compensazione con crediti anteriori alla dichiarazione di fallimento presuppone che l’accertamento che il credito richiesto a rimborso dal fallimento sia sorto prima della dichiarazione di fallimento, laddove questa compensazione è inibita nel caso in cui il credito IVA sia sorto esclusivamente dopo la dichiarazione di fallimento (Cass. Sez. V, 9 aprile 2009, n. 8642; Cass., Sez. V, 15 dicembre 2003, n. 19169), decisivo appare il rilievo secondo cui la decisione impugnata si fonda su una ratio decidendi concorrente, secondo cui il credito erariale opposto in compensazione non era stato ammesso allo stato passivo del fallimento cedente, di tal ché, non essendo stato oggetto di accertamento all’interno della procedura fallimentare, non sarebbe stato opponibile al cessionario in quanto privo dei requisiti di «certezza, omogeneità, liquidità ed esigibilità», requisiti essenziali ai fini della eccezione di compensazione (Cass., Sez. U., 15 novembre 2016, n. 23225);
che questa seconda statuizione, che postula la non deducibilità della eccezione di compensazione nei confronti di una procedura fallimentare, ovvero di suoi aventi causa, davanti al giudice tributario (come anche davanti al giudice ordinario), ove quel credito opposto in compensazione nei confronti della procedura fallimentare (ovvero dei suoi aventi causa) non sia stato oggetto di preventivo accertamento all’interno dello stato passivo del fallimento – in termini con quanto prevede l’art. 7, comma 8, lett. e) della I. 19 ottobre 2017, n. 155, che ha previsto il principio di delega legislativa di «attrarre nella sede concorsuale l’accertamento di ogni credito opposto in compensazione ai sensi dell’articolo 56 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267», ma non anche con l’art. 155 del d. Igs. 12 gennaio 2019, n. 14 (codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), che ha mantenuto l’attuale struttura della disciplina della compensazione nel procedimento fallimentare – non è stata oggetto di specifica censura;
che questa seconda statuizione, non oggetto di impugnazione, è idonea a sorreggere la sentenza impugnata, con la conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione nel suo complesso; che le spese seguono la soccombenza;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’AGENZIA DELLE ENTRATE al pagamento delle spese processuali in favore di I. SPA, che liquida in € 2.200,00 per compensi, oltre 15% spese generali, IVA e CPA come per legge.
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