La Corte di Cassazione sez. penale con la sentenza n. 32649 depositata il 26 luglio 2013 intervenendo in materia di reati contro la pubblica amministrazione ha affermato che Ai fini della configurazione del reato di abuso d’ufficio è necessaria un’attenta valutazione e motivazione circa la relazione tra il danno del privato e l’interesse pubblico complessivo, atteso che la mera illegittimità degli atti amministrativi non è di per sè significativa della configurazione del reato, quando sussiste l’effettivo e non strumentale fine primario di perseguimento di un interesse pubblico.
Con il ricorso, per cassazione della sentenza del giudice di appello, alla Corte Suprema il quesito proposto era quello concernente il verificarsi dei presupposti per la configurazione del delitto di abuso di ufficio.
Questa la questione sottoposta nella sentenza in epigrafe alla Suprema Corte in relazione ad una vicenda di esproprio di alcuni terreni. Il giudice del rinvio aveva affermato che la illegittimità degli atti era già di per sé esaustivamente significativa della configurazione del reato, rilevando che dalla documentazione in atti emergeva che rispetto al vincolo preordinato all’esproprio la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera era intervenuta solo ben oltre il termine di efficacia del vincolo stesso e, quindi, in carenza assoluta di potere in concreto.
Nell’occasione, invece, giudici di legittimità evidenziano che per valutare la configurazione del reato di abuso d’ufficio è necessaria un’attenta valutazione e motivazione circa la relazione tra il danno del privato e l’interesse pubblico complessivo, atteso che la mera illegittimità degli atti amministrativi non è di per se significativa della configurazione del reato, quando sussiste l’effettivo e non strumentale fine primario di perseguimento di un interesse pubblico. Sulla base di tali motivazioni la Corte annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto del G.I.P. di Latina del 9 agosto 2011 e dispone la restituzione del bene in sequestro all’avente diritto.
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