CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 8680 del 3 maggio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – TRATTAMENTO ECONOMICO – INDENNITA’ “AGENTE UNICO” – INTERPRETAZIONE DELLE DOMANDE – VIZIO DI INTERPRETAZIONE
Svolgimento del processo e motivi della decisione
1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.
2. Il ricorrente, dipendente della A. S.p.A. (…) come conducente di autobus di linea senza l’ausilio del bigliettaio, chiedevano al Tribunale del lavoro di Napoli che venisse dichiarato il diritto alla corresponsione mensile della voce “agente unico” in misura pari a 20 minuti della retribuzione normale di autista di 7 livello con tre scatti di anzianità a far tempo dal 1990 (indennità che non era stata adeguata nel tempo) e condannata l’azienda al pagamento delle differenze retributive, da quantificarsi in separato giudizio.
3. L’A. si costituiva ritualmente ed eccepiva la prescrizione quinquennale contestando, nel merito, la fondatezza della domanda.
4. Il Tribunale di Napoli accoglieva, nei limiti della prescrizione, la domanda di adeguamento della retribuzione, da determinarsi in separato giudizio.
5. A seguito di ricorso dell’A. s.p.a., la Corte di appello di Napoli accoglieva il gravame e rigettava l’originaria domanda.
6. La Corte territoriale, per quanto in questa sede rileva, ha escluso adeguamenti dell’indennità ulteriori rispetto a quelli già adottati in ambito aziendale ed è pervenuta a tale esito attraverso la disamina degli Accordi nazionali del 1989 e del 1995.
7. Per la Corte territoriale l’esame dei predetti Accordi nazionali era imposto dalla necessaria considerazione del quadro generale di riferimento, onde la relativa eccezione, svolta dalla società, non presentava profili di novità e la ricostruzione del quadro normativo complessivo, tra cui gli accordi richiamati dalle parti, oggetto di interpretazione del giudice, costituiva il thema decidendum, ancor più per il carattere seriale della controversia (trattandosi di vicenda concernente istanze promosse, in numerosi giudizi, da una pluralità di lavoratori e per la medesima questione) e per l’esigenza di evitare esiti diversi alla stregua di occasionali e diversificate posizioni difensive.
8. Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre articolati motivi.
9. L’A. s.p.a. ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale condizionato affidato a tre motivi.
10. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la nullità della sentenza impugnata, per violazione degli artt. 112 c.p.c., 24 e 111 Cost. (in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.) e 112 e 437 c.p.c. (in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.), per avere la Corte territoriale posto a fondamento della decisione un contratto collettivo nazionale (il c.c.n.l. 2 ottobre 1989) di cui le parti non avevano in alcun modo discusso, nel precedente grado di merito nel quale, peraltro, l’A. non aveva svolto alcuna eccezione o deduzione in ordine alla cristallizzazione del compenso in conseguenza dell’interpretazione dell’art. 18 del predetto accordo nazionale; e, del pari, fondato la statuizione su altro contratto collettivo (il ccnl 11 aprile 1995) di cui le parti non avevano affatto discusso.
11. Il motivo è meritevole di accoglimento.
12. Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) o a quello del tantum devolutum quantum appellatum (art. 437 c.p.c.), trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo, che attribuisce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (cfr, explurimis, Cass., 17109/2009).
13. La società intimata ha introdotto nel giudizio di appello, a suo dire con valore di mera difesa o al più di eccezione in senso lato, a confutazione della domanda proposta dal lavoratore (asseritamente fondata sull’assenza di norme collettive nazionali recanti il “congelamento” dell’indennità pretesa), un’ulteriore argomentazione, costituita dall’Accordo nazionale 2 ottobre 1989 (comprovante, per l’appunto, la sussistenza di disposizioni collettive nazionali sul “congelamento”).
14. L’Accordo nazionale del 1995 è stato, invece, direttamente applicato ed interpretato dalla Corte territoriale (senza alcun contraddittorio in entrambi i gradi di merito).
15. Ebbene, occorre premettere che, a differenza della legge e dei contratti collettivi del pubblico impiego (pubblicati in Gazzetta Ufficiale), il contratto collettivo privatistico non è conoscibile dal giudice se non con la collaborazione (onere di allegazione e di produzione) delle parti.
16. Mentre la fonte normativa può essere conosciuta dal giudice a prescindere dall’iniziativa di parte, nel caso del contratto collettivo nazionale di lavoro privato la fonte negoziale collettiva nazionale resta assoggetta alle regole processuali sulla distribuzione dell’onere della prova e sul contraddittorio, fin dall’introduzione del giudizio.
17. Se è vero, poi, che ai sensi dell’art. 420, quinto comma, c.p.c., il giudice può richiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti e accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa, tale potere non può che essere esercitato in base alle allegazioni e deduzioni delle parti, restando la relativa eventualità pur sempre nell’ambito di applicazione del principio dispositivo e permanendo l’onere delle parti, che vogliano far valere l’applicazione di un determinato contratto collettivo, di provarne l’esistenza e di produrlo in giudizio (si tratta, dunque, di una discrezionalità limitata alla rilevanza del contratto o accordo collettivo ai fini della decisione e solo al giudizio positivo di rilevanza segue un dovere di acquisizione).
18. Esaminati i rilievi dei ricorrenti alla luce degli indicati principi, deve, allora, ritenersi che, nello specifico, alla conoscibilità dei richiamati Accordi nazionali, sulla cui interpretazione il giudice del gravame ha incentrato la statuizione, fosse comunque di ostacolo la mancata deduzione, ed allegazione, delle predette fonti collettive nazionali fin dal primo grado di giudizio e la originaria mancanza di contraddittorio in ordine alle relative questioni.
19. Inoltre, nelle controversie concernenti il lavoro privato, sia pur connotate, come nella vicenda in esame, da peculiare e considerevole serialità per il numero dei lavoratori implicati, la normativa contrattuale collettiva è espressione di autonomia privata (e tale rimane, pur a fronte della vastità di uno specifico contenzioso) e il giudice non è tenuto a conoscerla, non trovando applicazione il principio jura novit curia.
20. In conclusione, la Corte territoriale che ha posto a fondamento della decisione Accordi nazionali sui quali, in primo grado, non si era svolto alcun contraddittorio e non appartenevano già al processo, ha deciso la causa superando le deduzioni, in fatto ed in diritto, così come delineate e delimitate nel corso del giudizio di primo grado, così disattendendo il principio dispositivo che, in generale, conforma il processo civile e, in particolare, la regola del tantum devolutum quantum appellatum (art. 437 c.p.c.).
21. L’accoglimento del primo mezzo comporta l’assorbimento degli ulteriori motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale condizionato, incentrato sulla regolamentazione normativa e pattizia del preteso adeguamento, sui quali deciderà il giudice del rinvio.
22. La causa va, pertanto, rinviata alla stessa Corte territoriale, in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della controversia, oltre a provvedere anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, assorbito l’incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.
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