CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 luglio 2013, n. 17253
Tributi – Imposte sui redditi – Reddito d’impresa – Ammortamento dei beni materiali – Distribuzione e trasporto di gas – Società proprietaria della rete di distribuzione del gas naturale – Art. 102-bis, TUIR – Concessionario della distribuzione – Concessione – Irrilevanza – Disciplina sull’ammortamento – Applicabilità
Fatto
M.G.N. s.p.a. è stata costituita a seguito della scissione parziale proporzionale della s.p.a. M., ricevendo, in seguito alla scissione, il ramo aziendale afferente alla proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni strumentali all’esercizio di servizi pubblici a rilevanza industriale di distribuzione e trasporto di gas naturale.
A seguito della scissione, M.G.N. s.p.a. stipulò con la società scissa M. s.p.a. un contratto, in virtù del quale M. s.p.a. ha provveduto alla distribuzione del servizio gas, là dove la s.p.a. M.G.N. si è occupata delle reti e degli impianti, provvedendo ai relativi ammortamenti, essendo la proprietaria dei beni.
Pur dubitando dell’applicabilità ad essa dell’articolo 2 del decreto legge 17 ottobre 2005, n. 211, riprodotto nell’articolo 1-quater del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 che, in tema di ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio, tra l’altro, delle attività di distribuzione e di trasporto del gas naturale, ha previsto un prolungamento della durata del processo di ammortamento, M.G.N. s.p.a. ha eseguito il versamento del secondo acconto d’imposta per l’anno 2005, assumendo come imposta dell’anno precedente quella che si sarebbe determinata deducendo le nuove e minori quote di ammortamento.
Successivamente, la società ha chiesto il rimborso delle maggiori imposte (Ires ed Irap) versate, in relazione agli anni d’imposta 2005 e 2006, in applicazione della nuova normativa ed ha impugnato il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle entrate.
La Commissione tributaria provinciale ha respinto il ricorso, con sentenza che la Commissione tributaria regionale ha ribaltato, reputando che la nuova disciplina degli ammortamenti vada applicata soltanto ai soggetti che provvedono alla distribuzione del gas.
Ricorre l’Agenzia delle entrate per ottenere la cassazione della sentenza, affidando il ricorso a due motivi.
Resiste con controricorso la società, che ha depositato note d’udienza, prospettando la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11-quater del decreto legge n. 203 del 2005, convertito dalla legge 248 del 2005, in relazione all’articolo 77 della Costituzione.
Ravvisata la rilevanza della questione e la sua non manifesta infondatezza, la Corte ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, che la Consulta ha dichiarato manifestamente infondata, disponendo la rimessione degli atti a questa Corte.
Diritto
Con i due motivi di ricorso, entrambi proposti ex articolo 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., da esaminare congiuntamente, perché strettamente avvinti, l’Agenzia delle entrate lamenta:
– la violazione e falsa applicazione degli articoli 2 del decreto legge 211/05 e dell’articolo 11-quater del decreto legge n. 203 del 2005, convertito dalla legge numero 248 del 2005 nonché dell’articolo 102-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, reputando che il criterio dì ammortamento stabilito dall’articolo 11-quater del decreto legge n. 203 del 2005 si applichi al proprietario degli impianti e delle reti strumentali all’esercizio del trasporto e della distribuzione, anche qualora il proprietario ne abbia concesso l’uso ad altro soggetto – primo motivo;
– la violazione e falsa applicazione degli articoli 2 del decreto legge 211/05 e 11-quater del decreto legge n. 203 del 2005, convertito dalla legge n. 248 del 2005 e dell’articolo 102-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, in combinazione con l’articolo 21 del decreto legislativo 164 del 2000, ritenendo che il criterio di ammortamento in questione si applichi al proprietario dei beni strumentali per l’esercizio del trasporto, pena la violazione dell’obbligo normativo di separazione societaria dell’attività di trasporto del gas naturale, prevista dall’articolo 21 del decreto legislativo n. 164/2000 – secondo motivo.
La complessiva censura è fondata e va accolta.
L’articolo 11-quater del decreto legge n. 203 del 2005 introduce un segmento di disciplina dell’ammortamento dei beni materiali, con riferimento ai beni strumentali all’esercizio delle attività regolate di trasporto e di distribuzione del gas, fissando un criterio speciale di ammortamento, ma pur sempre nel quadro della disciplina generale, espressamente richiamata, tra l’altro, dal 4° comma dell’articolo 11-quater del decreto legge n. 203 del 2005, come convertito.
Disciplina generale, che costruisce l’ammortamento come strumento di deduzione dei costi dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa, utilizzabile dal soggetto che tali costi abbia sostenuto, ossia, di norma, dal proprietario che, sostenendo i costi, ha acquisito i beni (esattamente in termini, vedi Cass. 26 maggio 2003, n. 8292, secondo cui l’allora articolo 67, 1° comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986 – corrispondente al testo dell’odierno 1° comma dell’articolo 102 – ammette la deducibilità delle quote di ammortamento solo in relazione al costo di beni materiali strumentali appartenenti all’impresa; rispondono ad analoghi principi anche Cass. n. 1834/10 e Cass. n. 8389/13).
E coerente con la disciplina generale è altresì il 3° comma dell’articolo 11-quater in questione, che, prevedendo la deducibilità delle quote di ammortamento dei costo dei beni in questione a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene e «per i beni ceduti o devoluti all’ente concessionario fino all’esercizio in cui avviene il trasferimento ed in proporzione alla durata del possesso», comunque correla l’ammortamento alla titolarità dei beni.
In questo contesto, il riferimento ai beni strumentali all’esercizio delle attività regolate, contenuto nella norma in questione, sul quale punta la sentenza impugnata (e sul quale insiste la difesa della società) non assume forza qualificante la fattispecie, nel senso prospettato dalla contribuente.
Va chiarito sul punto che il legislatore italiano, attuando al riguardo la normativa comunitaria contenuta nella direttiva 98/30/CE, ha stabilito che «…l’attività di distribuzione di gas naturale è oggetto di separazione societaria da tutte le altre attività del settore del gas» (art. 21, 2° co., del d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, recante attuazione della direttiva numero 98/30/CE).
La disciplina è stata poi completata dall’articolo 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 che, per un verso (1° comma), nel novellare l’articolo 113 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ha previsto strumenti di raccordo tra le società proprietarie delle reti, degli impianti e delle dotazioni patrimoniali strumentali ai servizi pubblici locali di rilevanza industriale ed i soggetti gestori (strumento che, nella fattispecie, è consistito nel contratto, citato in narrativa, stipulato da s.p.a. M.G.N. con s.p.a. M.) e, per altro verso, ha prescritto, per le società partecipate in percentuale maggioritaria dagli enti locali, lo scorporo di reti, impianti e altre dotazioni per l’esercizio del servizio pubblico locale (9° comma).
Dunque, nella costruzione, voluta dal legislatore, del servizio di trasporto e di distribuzione del gas naturale, la società che gestisce distribuzione e trasporto non può essere titolare dei beni e degli impianti all’uopo necessari, là dove la società titolare dei beni e degli impiantì non può esercitare l’attività di distribuzione e di trasporto, in ragione della separazione societaria e di attività contemplate dal legislatore nazionale, e prima ancora da quello comunitario.
Ad ogni modo, la società titolare dei beni e degli impianti risponde comunque alla nozione di “impresa di gas naturale”, riconosciuta dalla lettera t) dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 164/00 alla «persona fisica o giuridica, ad esclusione dei clienti finali, che effettua almeno una delle seguenti attività: importazione, esportazione, coltivazione, trasporto, distribuzione, vendita, acquisto, o stoccaggio di gas naturale, compreso il gas naturale liquefatto, di seguito denominato GNL, e che risulta responsabile per i compiti commerciali, tecnici, o di manutenzione legati alle predette attività».
E ciò in quanto l’ineludibile integrazione e l’interazione dei ruoli della proprietaria M.G.N. s.p.a. e del gestore s.p.a. M., da cui scaturisce il collegamento funzionale delle rispettive attività, comportano che i beni strumentali per l’esercizio delle attività regolate di distribuzione e trasporto di gas naturale espletate da s.p.a. M. siano strumentali altresì all’esercizio dell’attività d’impresa svolta da s.p.a. M.G.N., funzionale rispetto alle altre, rispondendo, per conseguenza, per quest’ultima, alla nozione di beni ammortizzabili (coerentemente, nel senso che anche in relazione a beni dati in comodato, la società comodante può dedurre le relative quote di ammortamento, qualora risulti il collegamento fra il comodato e l’inerenza al ciclo produttivo del comodante del prodotto finale della società comodatala, vedi Cass. 21 gennaio 2011, n. 1389; vedi altresì, per questa nozione d’inerenza dei costi alla complessiva attività d’impresa, Cass. 21 gennaio 2009, n. 1465).
Come segnalato dall’Agenzia delle entrate, d’altronde, l’opzione seguita dalla sentenza impugnata vanificherebbe l’applicazione dello speciale criterio normativo introdotto in tema dì ammortamento dall’articolo 11-quater del decreto legge n. 203/2005, come convertito, successivamente recepito dall’articolo 102-bis dei decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in quanto esso non si potrebbe applicare al proprietario, perché non esercente l’attività di distribuzione e di trasporto, ma neanche si potrebbe applicare all’ente gestore, perché non titolare dei beni, dei quali non ha sostenuto Ì costi dì acquisto (nel seguire un ragionamento analogo in tema di COSAP, la Corte ha affermato che il canone dovuto dal concessionario della rete del gas è commisurato alle utenze servite, sebbene i singoli contratti di fornitura siano stipulati da altro soggetto, attesa la separazione tra l’attività di distribuzione e quella di vendita del gas disposta dall’articolo 21 del decreto legislativo n. 164/2000: Cass. 30 marzo 2012, n. 5130).
Soltanto suggestivo è, infine, il riferimento del controricorso all’ammortamento compiuto in forza di contratto di affitto di ramo d’azienda dall’affittuario, in mancanza, dunque, della qualità proprietaria.
E ciò in quanto il legislatore ha espressamente regolato questa particolare ipotesi, stabilendo (articolo 102, 8° comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) che «per le aziende date in affitto o in usufrutto le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario…» (vedi, in tema, Cass. 10 agosto 2010, n. 18537, secondo cui, in tema di determinazione del reddito d’impresa, le quote di ammortamento delle aziende date in affitto – o in usufrutto – ai sensi dell’art. 67, 9° comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, nel testo vigente all’epoca dei fatti, sono deducibili dal reddito dell’affittuario – o dell’usufruttuario – non da quello del concedente, tranne che quest’ultimo, all’atto della concessione in affitto, abbia pattuito con l’affittuario una deroga convenzionale agli articoli 2561 e 2562 del codice civile).
Il ricorso va in conseguenza accolto, la sentenza cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti, il giudizio va deciso nel merito, col rigetto dell’impugnazione originariamente proposta dalla società e l’affermazione del seguente principio di diritto:
“Lo speciale criterio di ammortamento stabilito dall’articolo 11-quater del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla legge 2 dicembre 2003, n. 248, successivamente recepito dall’articolo 102-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applica alla società titolare dei beni strumentali all’esercizio delle attività regolate di distribuzione e trasporto del gas naturale espletate da altra società in forza di contratto stipulato con la prima”.
La particolarità della vicenda comporta la compensazione delle spese inerenti al merito; le spese concernenti questa fase seguono, invece, la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa l’impugnata sentenza.
Decidendo nel merito, respinge l’impugnazione originariamente proposta dalla società.
Compensa le spese inerenti alle fasi di merito.
Condanna la società al pagamento delle spese inerenti a questa fase, liquidate in €uro 20.000,00, oltre spese prenotate a debito.
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