Corte di Cassazione ordinanza n. 22590 depositata il 19 luglio 2022
contributi in conto capitale – trattamento fiscale
Rilevato che:
la parte contribuente ricorreva avverso un avviso di accertamento per IRES e IVA per l’anno d’imposta 2004 con il quale, a seguito di verifica effettuata nei confronti della E. s.r.l., esercente l’attività di villaggi turistici, venivano riprese a tassazione delle somme relative alle spese di progettazione e all’acquisizione del suolo aziendale;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente e la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che i contributi erano stati erogati con riferimento ad un progetto concernente la realizzazione di una struttura alberghiera, rispetto a cui si ponevano certamente in funzione strumentale e perciò andavano considerati contributi in conto impianti, che confluivano nel reddito sotto forma di quote di ammortamento deducibili, perché destinati all’acquisto di beni (materiali o immateriali) strumentali.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo cui non replica l’intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo d’impugnazione, dedotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 55 (ora 88) del T.U.I.R. (d.P.R. n. 917 del 1986) per avere la sentenza impugnata erroneamente qualificato i contributi erogati alla società contribuente come contributi in conto impianti (come tali non tassabili come sopravvenienze attive) limitandosi ad enunciare la disciplina fiscale applicabile teoricamente alle varie tipologie di contributi, senza però dar conto della correttezza della suddetta qualificazione in concreto.
Il motivo di impugnazione è fondato.
Sulla presente questione questa Corte si è già espressa, con l’ordinanza n. 12809 del 2022, la quale ha così statuito:
«in forza della giurisprudenza di questa Corte (si vedano in argomento le pronunce rese da Cass. ord. 7950/2019; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23555 del 18/11/2015), “in tema di determinazione del reddito d’impresa, sono contributi in conto capitale – e, quindi, sopravvenienze attive – quelli erogati per incrementare i mezzi patrimoniali del beneficiario, senza che la loro concessione si correli all’onere di uno specifico investimento in beni strumentali, mentre sono contribuiti in conto impianti, che confluiscono nel reddito sotto forma di quote di ammortamento deducibili, quelli destinati all’acquisto di beni (materiali o immateriali) strumentali” (v. Cass. 6/7/2016, n. 13734; Cass. 18/11/2015, n. 23555; Cass. 14/1/2011, n. 781, in ultimo Cass. ord. 7950/2019);
più analiticamente, i contributi in conto impianti sono contributi finalizzati all’acquisizione di beni materiali o immateriali ammortizzabili ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 102 e 103 (ex artt. 67 e 68), qualunque sia la modalità di erogazione degli stessi: attribuzione di somme in denaro, riconoscimenti di crediti di imposta o altro. Le modalità attraverso le quali i suddetti contributi concorrono alla formazione del reddito di impresa si differenziano a seconda della tecnica adottata per la loro contabilizzazione: se il contributo è stato portato in diretta diminuzione del costo storico del bene ammortizzabile cui inerisce, concorre alla formazione del reddito di impresa sotto forma di minori quote di ammortamento deducibili calcolate direttamente sul costo del bene ammortizzabile al netto del contributo stesso; se, invece, il contributo è stato contabilizzato come ricavo anticipato da riscontare (risconto passivo), il contributo concorre a formare il reddito di impresa in stretta correlazione con il processo di ammortamento del bene cui il contributo è collegato, cioè in misura proporzionalmente corrispondente alle quote di ammortamento dedotte in ciascun esercizio (Cass. 14/1/2011, n. 781);
nel presente caso, si trattava di un finanziamento destinato a progettazione, studi ed oneri accessori alla realizzazione di investimento e al suolo aziendale. Alla luce di ciò, la Commissione Tributaria Regionale ha effettivamente errato nel ritenere che tali importi per l’intero non si possono considerare sopravvenienze attive, ma contributi in conto impianti: la società contribuente, infatti, avrebbe dovuto invece – quanto alla prima rata ripresa a tassazione – correttamente prima applicare il D.M. n. 527 del 1995, (che alle lett. a) e b) richiama proprio le operazioni qui finanziate con il contributo erogato), qualificando come contributi in conto impianti le somme relative a tali investimenti relativi a beni strumentali, ma non per l’intero importo;
da tal importo, oggetto correttamente di risconto, dovevasi effettivamente quindi escludere – come sostiene l’Ufficio – la rata di contributo relativa a progettazione e studi e suolo aziendale in quanto dovevano ritenersi, si sostiene, spese non accessorie al costo di acquisto del bene».
Il Collegio ritiene di dover dare continuità al suddetto orientamento; pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata. Non dovendosi procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può decidersi nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della parte contribuente. In applicazione del principio della soccombenza, l’intimata va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, mentre vanno compensate quelle di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della società contribuente che condanna al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.