La vicenda ha riguardato una impresa esercente l’attività di concessionaria di automobili nei cui confronti veniva esperito e notificato un avviso di accertamento, in merito al bonus ricevuto dalla casa produttrice di auto, per IVA e relative irrogazioni di sanzioni. Il contribuente avverso tale atto impositivo proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici accolsero le doglianze del ricorrente. L’Amministrazione finanziaria impugnava la decisione del giudice di prime cure innanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello in riforma della sentenza impugnata accolsero il ricorso del fisco confermando la legittimità dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate..
La Suprema Corte ha respinto la richiesta della contribuente relativa alle sanzioni tributarie. I giudici di legittimità, in ordine alla richiesta di applicare lo “ius superveniens” di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015 per la conseguente rideterminazione delle sanzioni in tema di mancata o omessa emissione di fatture per operazioni imponibili IVA e dichiarazione con imposta inferiore a quella dovuta, hanno precisato che la modifica normativa di cui al D.Lgs. 158/15 non opera in maniera generalizzata in “favor rei”; per cui la semplice affermazione di uno “ius superveniens” più favorevole non consente di operare “sic et simpliciter” la trasformazione della sanzione irrogata in sanzione illegale, specie in assenza di specifica deduzione dell’applicabilità in concreto (avuto riguardo, in particolare, alle specifiche condizioni esistenti, alla rilevanza della condotta e agli elementi di fatto rilevanti per la determinazione al minimo edittale) di una sanzione tributaria inferiore rispetto a quella applicata.
Nel caso di specie la specifica deduzione richiesta al contribuente – scrivono gli Ermellini –“è mancata con riferimento sia ai margini edittali della sanzione inflitta che alla valutazione della gravità della violazione.”
Deve escludersi – osserva ancora la Suprema Corte – che la mera deduzione di uno “ius superveniens” più favorevole, senza altra precisazione con riferimento al caso concreto, sia tale da imporre il rinvio della causa al Giudice di merito, a ciò ostandovi non soltanto il principio di necessaria specificità dei motivi di ricorso in cassazione, ma anche e soprattutto il principio costituzionale di ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.).
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