CORTE di CASSAZIONE ordinanza n. 17717 depositata il 18 luglio 2017
Rilevato:
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che Equitalia Nord s.p.a. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva dichiarato inammissibile il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Milano. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di M. G. R. T. avverso un avviso di iscrizione ipotecaria;
che, nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che, dalla produzione del plico postale relativo alla notifica dell’atto di appello, sarebbe emerso che l’impugnazione, spedita tempestivamente il 18/05/2015 al vecchio domicilio del procuratore, non era stata notificata per trasferimento ad altro luogo del difensore domiciliatario: pertanto, il fatto che la notifica non fosse andata a buon fine avrebbe dovuto comportare la dichiarazione di inammissibilità del gravame;
Considerato:
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale Equitalia Nord si duole della violazione e falsa applicazione degli artt.140 e 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: la declaratoria di illegittimità non avrebbe tenuto conto che la Suprema Corte aveva reputato nulla e non inesistente la notifica dell’impugnazione non andata a buon fine, in conseguenza del trasferimento dello studio del procuratore domiciliatario, sicché, stante la costituzione dell’appellato, avrebbe dovuto considerare sanata la nullità;
che l’intimato si è costituito con controricorso;
che il motivo è infondato;
che, infatti, nel processo tributario, l’onere di notificare alle controparti costituite le variazioni del domicilio eletto o della residenza o della sede è previsto dall’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 per il domicilio autonomamente eletto dalla parte, mentre l’elezione di domicilio operata presso lo studio del procuratore ha la mera funzione d’indicare la sede dello studio di quest’ultimo, sicché il difensore domiciliatario non ha, a sua volta, l’onere di comunicare il cambiamento d’indirizzo del proprio studio, spettando, invece, al notificante effettuare apposite ricerche per individuare il nuovo luogo di notificazione, ove quello a sua conoscenza sia mutato, salva la legittimità della notifica o comunicazione dell’atto presso la segreteria della commissione tributaria ai sensi del medesimo art. 17, comma 3, in caso di esito negativo di tali indagini (Sez. 6 – 5, n. 13238 del 27/06/2016);
che la sanzione per la notificazione tentata presso il domicilio non più attuale non è produttiva di alcun effetto in grado di sanare l’inosservanza del termine di impugnazione e di essa va perciò conseguentemente rilevata l’inammissibilità (Sez. 6 – 5, n. 529 del 11/01/2017); che non vale opporre che, avendo nella specie la controparte resistito con comparsa di risposta, l’irregolarità sarebbe parimenti sanata per effetto dell’art. 156, comma terzo, c.p.c.: l’argomento non coglie infatti la specificità della fattispecie, poiché, nella presente ipotesi, viene in considerazione l’inosservanza del termine previsto dall’art. 327, comma primo, c.p.c.., correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della altrui costituzione (Sez. 2, n. 11166 del 05/06/2015);
che, perciò nessun effetto sanante è ascrivibile alla costituzione del controricorrente, giacché l’inosservanza del termine consuma definitivamente ed insanabilmente il potere di impugnazione, oltre al fatto che, come questa Corte ha già chiarito (Sez. 5, n. 4594 del 09/03/2016), nella specie non si determina un’ipotesi di nullità della notificazione, ma ha luogo più esattamente un’ipotesi di inesistenza della notificazione, posto infatti che quando il procedimento non si è concluso mediante consegna di copia conforme all’originale dell’atto da notificare, la notificazione “è da ritenersi non compiuta, ma solo tentata, e ci si viene a trovare di fronte ad un atto non già nullo, ma del tutto inesistente, perché giammai entrato a far parte della realtà dell’ordinamento”, il che esclude che si possa procedere alla sua rinnovazione a mente dell’art. 291 c.p.c. e che rispetto ad esso possano essere perciò invocati gli effetti propri dell’atto nullo;
che la CTR si è adeguata ai predetti principi;
che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore del controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;
che, ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater dei d.P.R. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore del Tempera, in euro 3.000, oltre spese forfettarie nella misura del 15°/o. Ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater dei d.P.R. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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