La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 20500 del 06 settembre 2013 intervenendo in tema di accertamenti standardizzati ha statuito che il recente inizio dell’attività dell’azienda e la brevità della sua durata sono non consentono di applicare i dati prodotti dagli studi di settore nei confronti della stessa. parametri sono inapplicabili all’impresa che chiude i battenti poco tempo dopo avere iniziato l’attività confermando che le attività di impresa cessate nel corso dell’anno cui l’accertamento si riferisce..
La vicenda ha visto protagonista un’impresa che aveva aperto l’attività a febbraio 1995 e aveva chiuso l’attività definitivamente a settembre 1996. Al contribuente successivamente veniva notificato un avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione Finanziaria. Il contribuente proponeva ricorso inanzi alla Commissione Tributaria che in entrambi i gradi accoglieva le doglianze del ricorrente. In particolare i giudici della Commissione Tributaria Regionale hanno affermato nelle motivazioni che “sia pure con qualche ininfluente inesattezza in diritto, ha accertato in fatto, con motivazione non incongrua, che l’impresa commerciale oggetto di accertamento presentava, nel periodo d’imposta in contestazione (1996), specifiche caratteristiche, quali il recente inizio dell’attività (febbraio 1995) e la brevità della sua durata (essendo cessata nel settembre dello stesso 1996), idonee a giustificare l’inapplicabilità del standard al caso concreto”. L’Ufficio dovrà ora pagare le spese del giudizio di legittimità.”
Gli Ermellini con la pronuncia in esame hanno respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, sancendo il definitivo annullamento di un avviso di accertamento IRPEF emesso sulla base dei parametri previsti dall’articolo 3, commi 181 e ss., della Legge n. 549 del 1995 e dal DPCM 29 gennaio 1996, modificato dal DPCM 27 marzo 1997.
Statuendo che è assolutamente illogico applicare pedissequamente, di fronte a una ‘storia aziendale’ così delineata, il regime degli standard.
La Corte Suprema per questo motivo è sancita la “illegittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti dei coniugi”, titolari dell’impresa, sulla semplice “base dei parametri”.
Secondo il Fisco è clamoroso, e sospetto, “lo scostamento accertato”. Ma questa visione viene ritenuta non plausibile dai giudici del Palazzaccio, i quali condividono le valutazioni – favorevoli, come detto, ai due coniugi – fatte dai giudici tributari: le “specifiche caratteristiche dell’impresa commerciale” oggetto di accertamento, ossia “recente inizio dell’attività e brevità della sua durata” – praticamente un anno e mezzo – rendono non applicabile “lo standard”.
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