Corte di Cassazione sentenza n. 8048 del 22 maggio 2012
INFORTUNIO SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO – RISARCIMENTO DEL DANNO – DANNO MORALE E DANNO BIOLOGICO
massima
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Nel caso in cui il lavoratore agisca nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento integrale del danno biologico e morale conseguenti ad un infortunio sul lavoro, il diritto al risarcimento è subordinato alla sussistenza dei presupposti rispettivi della responsabilità civile del datore di lavoro per le ipotesi di danno; in particolare, in riferimento al danno biologico, di natura contrattuale, ove il lavoratore alleghi la responsabilità del datore di lavoro per l’inadempimento degli obblighi di sicurezza, egli ha l’obbligo di provare il fatto costituente l’inadempimento e il nesso di causalità materiale tra l’inadempimento ed il danno, mentre non è tenuto a fornire la prova della colpa del datore di lavoro (che si presume), ma deve tuttavia individuare la violazione imputabile al datore, la norma di sicurezza specifica o di esperienza comunque violata.
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FATTO
1. La Corte d’Appello di Potenza, con la sentenza n. 1154 del 2009, depositata il 19 novembre 2009, decidendo sull’impugnazione proposta da (Omissis) nei confronti di (Omissis) e dell’INAIL, avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Matera, n. 49/07 del 9 febbraio 2007:
dichiarava inammissibile l’appello nei confronti dell’INAIL;
accoglieva per quanto di ragione l’appello nei confronti del (Omissis) e in riforma dell’impugnata sentenza condannava (Omissis) al pagamento in favore del medesimo della somma di euro 17.426,75, oltre ulteriore danno per intervenuta svalutazione monetaria ed interessi;
condannava (Omissis) al pagamento in favore dell’INAIL delle spese di lite come liquidate;
compensava per un quarto le spese di lite del doppio grado di giudizio tra (Omissis) e (Omissis), ponendo i residui tre quarti a carico di (Omissis) con attribuzione all’avv. (Omissis) per dichiarato anticipo;
poneva le spese di entrambe le CTU per un quarto a carico del (Omissis), e per tre quarti a carico del (Omissis).
2. Il Tribunale aveva accolto la domanda proposta dal (Omissis) nei confronti della ditta datrice di lavoro (Omissis) per danno biologico e morale da infortunio sul lavoro, condannando il titolare al pagamento di somma determinata oltre danno per intervenuta svalutazione monetaria ed interessi.
Il Tribunale aveva accolto, inoltre, la domanda di regresso azionata dall’INAIL, con separato giudizio riunito, condannando il medesimo (Omissis) al pagamento della somma di euro 51.813,04, oltre ulteriori accessori.
Le spese seguivano la soccombenza.
3. Per la cassazione della suddetta sentenza d’appello ricorre il (Omissis), nei confronti dell’INAIL e del (Omissis), prospettando due motivi di ricorso.
4. Resiste con controricorso l’INAIL.
5. Il (Omissis) rilasciava procura speciale per la discussione della causa all’udienza pubblica.
DIRITTO
1. Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso nei confronti dell’INAIL, in quanto la notifica dello stesso, avveniva oltre il termine di sessanta giorni di cui all’articolo 325 c.p.c., decorrente dalla notifica della sentenza da parte dell’Istituto.
La sentenza, depositata il 19 novembre 2009, veniva notificata il 20 gennaio 2010. Il ricorso veniva notificato il 1° aprile 2010.
1.1. Tale causa d’inammissibilità è rilevabile d’ufficio. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass., n. 14591 del 2007) in tema di impugnazioni civili, la inammissibilità dell’appello per decorso del termine non è soggetta a sanatoria per acquiescenza dell’appellato e, ove non dichiarata dal giudice del gravame, deve essere dichiarata d’ufficio dalla Corte di cassazione tanto nel caso di violazione del termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c., quanto nell’ipotesi di inosservanza dei termini stabiliti dall’art. 325 c.p.c.
2. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione di norme di diritto e insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio.
L’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti dell’INAIL determina l’inammissibilità del primo motivo di ricorso in quanto avente ad oggetto la statuizione di inammissibilità dell’appello proposto dal (Omissis) in ordine al capo della sentenza del Tribunale che accoglieva l’azione di rivalsa proposta dall’INAIL, azione rispetto alla quale, giova ricordarlo l’assicurato/infortunato non è litisconsorte necessario (Cass., n. 1269 del 1995).
3. Il secondo motivo di ricorso è rubricato: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Il ricorrente deduce che non si riesce a comprendere da quale conteggio la Corte abbia estrapolato l’importo del risarcimento quantificato in euro 17.426,75, quale sia stato il metodo usato o il calcolo compiuto, non soddisfacendo tale somma alcun criterio.
Il (Omissis) indica quali punti fissi stabiliti dalla sentenza i seguenti:
percentuale di invalidità del 16 per cento a fronte dell’età al momento dell’infortunio di anni 56;
applicazione della tabella del danno biologico sviluppata nel 2006 dal Tribunale di Milano;
riduzione dell’importo ottenuto ad un terzo e non di un terzo;
liquidazione del danno morale pari ad un quarto del danno biologico.
A fronte di detti presupposti, afferma il ricorrente, la Corte d’Appello non motiva il procedimento matematico seguito nell’effettuare il conteggio e ciò rende impossibile ricostruire l’iter logico seguito e la correttezza dello stesso. Trattasi di punto controverso se si tiene conto che applicando le tabelle del Tribunale di Milano si otterrebbe un importo inferiore.
3.1. Come è dato rilevare dal contenuto del motivo di ricorso, lo stesso, pur rubricato anche con riguardo al vizio di violazione di legge, si sostanzia nel solo vizio di motivazione. Lo stesso non è fondato.
La suddetta censura riguarda la statuizione con la quale la Corte d’Appello accoglieva il secondo motivo di ricorso con il quale l’odierno ricorrente evidenziava la contraddittorietà ed incompletezza della consulenza tecnica medico-legale esperita nel primo grado di giudizio, posta a base dell’accertamento dell’incidenza del danno biologico e censurava la percentuale di invalidità riconosciuta dal CTU.
Disposta nuova CTU, il consulente quantificava il danno biologico nella misura del 18 per cento e la Corte d’Appello, tenuto conto delle osservazioni mosse dal (Omissis) alle risultanze della consulenza (deduceva che il danno biologico era in misura di 16/17 punti), valutava il danno all’integrità psico-fisica nella misura di 16 punti e riduceva la quantificazione del risarcimento effettuata dal giudice di primo grado (euro 29.190,00) in euro 17.426,75.
La Corte d’Appello rilevava che nessuna delle parti contestava il criterio di calcolo adottato dal primo giudice ovverosia il ricorso alle tabelle del Tribunale di Milano del 2006. Tale affermazione, che si sostanzia nel riconoscimento della formazione di un giudicato interno, non è stata fatta oggetto di specifica censura e vincola questa Corte nell’esame dei motivi di ricorso (cfr., Cass., n. 6525 del 2011).
Ritiene questa Corte che poichè il motivo di ricorso e la relativa statuizione avevano ad oggetto la determinazione della percentuale di invalidità, ma non i criteri di determinazione del risarcimento come già determinati dal giudice di primo grado, senza che sul punto fosse interposto appello, in merito a ciò si è creato giudicato interno, rispetto al quale non può trovare accoglimento il motivo di ricorso, con il quale il (Omissis) chiede alla Corte di avallare un proprio sistema di calcolo, in ragione di una censura introdotta per la prima volta in sede di legittimità, benchè già prospettabile con riguardo alla sentenza di primo grado.
E non è senza significato che il ricorrente, pur a fronte del contenuto del proprio secondo motivo di appello (riprodotto nel ricorso per cassazione) e della sopra richiamata statuizione della Corte d’Appello, deduce che quanto prospettato non attiene a mero errore di calcolo.
4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nei confronti dell’INAIL e rigettato nei confronti del (Omissis).
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
6. Atteso che il (Omissis) non si è costituito con controricorso, ma ha depositato solo procura speciale rilasciata al difensore per la partecipazione dello stesso all’udienza pubblica di discussione della causa, al suddetto resistente non compete il rimborso delle spese e degli onorari relativi al controricorso, mentre spetta quello delle spese per il rilascio della procura e dell’onorario per lo studio della controversia e per la discussione a cui ha partecipato (Cass., n. 11619 del 2010).
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile nei confronti dell’INAIL e rigetta l’impugnazione proposta nei confronti di (Omissis). Condanna (Omissis) al pagamento nei confronti dei resistenti delle spese di giudizio che liquida nei confronti del (Omissis) in euro mille e nei confronti dell’INAIL in euro duemila, trenta euro per esborsi per ciascuno di essi, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. solo per il (Omissis).
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