La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n.26741 depositata il 29 novembre 2013 intervenendo in tema di accertamento ha statuito che è legittimo l’accertamento fondato sul conto bancario anche nel caso in cui, secondo le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, solo alcuni movimenti siano da ritenere sospetti.
La vicenda ha riguardato un contribuente a cui l’Amministrazione Finanziaria aveva notificato un avviso di accertamento, con cui il fisco a seguito di alcuni processi verbali di constatazione della Polizia Tributaria con aveva evidenziato in presenza di contabilità non regolarmente tenuta, assumeva, a base delle rettifiche, costi indeducibili per carenza di documentazione e movimenti bancari di un conto corrente, ritenendo che tutte le operazioni registrate fossero relative a ricavi non dichiarati.
Il contribuente avverso tale atto ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale che sulla base delle risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio, accoglieva il ricorso. L’Amministrazione Finanziari impugnava la sentenza del giudice di prime cure inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che confermava la sentenza di primo grado. I Giudici di appello, rilevato preliminarmente che sulla statuizione relativa ai costi indeducibili si era formato il giudicato implicito.
Avverso la decisione dei giudici di appello l’Amministrazione finanziaria propone ricorso, basato su cinque motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’Agenzia e cassano la sentenza del giudice di merito. I giudici di legittimità rammentano, preliminarmente, la norma secondo la quale “i singoli dati ed elementi risultanti dai conti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili” e ribadisce che detta norma “attribuisce alle risultanze delle indagini bancarie un valore probatorio da ricondurre alle presunzioni legali fatta salva la prova contraria che incombe sul contribuente”.
I giudici del Palazzaccio concludono che “le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, la quale ha ritenuto giustificate solo alcune delle movimentazioni bancarie, non appaiono idonee – a maggior ragione a fronte della irregolare tenuta delle scritture contabili – ad inficiare la fondatezza dell’intero accertamento essendo onere del contribuente dare puntuale e precisa giustificazione di ogni singolo movimento bancario e rientrando nei poteri del giudice tributario quello di rideterminare l’imponibile”.
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