COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Toscana sez. 7 sentenza n. 575 del 16 giugno 2017
T.F. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento relativo ad IRPEF 2009 con il quale l’Agenzia delle Entrate accertava, ai sensi dell’art. 38 DPR 600/73 il reddito sintetico di € 360.000,00 derivante da spese certe per mutuo e canoni, nonché di € 350.000,00 per investimenti (acquisto azioni societarie).
Il contribuente eccepiva:
1) nullità della notifica dell’atto per incompletezza della relata priva di data, generalità del notificante e del destinatario;
2) nullità della notifica per violazione dell’art. 60 DPR 600/73 in quanto effettuata in luogo diverso dal domicilio eletto in occasione dell’accertamento con adesione;
3) violazione art. 12 L. 212/2000 per mancata concessione del termine di 60 giorni per la presentazione di memorie difensive;
4) infondatezza nel merito della pretesa in quanto il contribuente aveva dimostrato, con dichiarazione scritta a firma del sig. M.C., che la cessione di quote societarie operata dallo stesso era stata compiuta senza alcuna movimentazione di denaro poiché il M. aveva detenuto le quote solo fiduciariamente in nome e per conto del sig. T.F., padre del ricorrente; 5) illegittimità delle sanzioni applicate con cumulo giuridico.
Resisteva l’Ufficio chiedendo il rigetto del ricorso.
Deduceva che:
la notifica del provvedimento impugnato era stata effettuata nel rispetto delle modalità e formalità di legge;
– in ogni caso eventuali vizi erano stati sanati dalla costituzione della parte; – inapplicabilità del termine di 60 giorni in materia di accertamento con adesione;
– nel merito il contribuente non aveva fornito la prova giustificativa dello scostamento tra reddito dichiarato e determinato sinteticamente. La Commissione adita, con sentenza n. 536 del 7.07.2015, depositata in data 2.09.2015. respingeva il ricorso.
Osservava che:
– la notifica era stata effettuata nel rispetto della normativa. mediante servizio postale e, comunque, eventuali vizi erano stati sanati dal raggiungimento dello scopo;
– l’elezione di domicilio era atto a forma vincolata che il contribuente non aveva effettuato;
– il presupposto di operatività dell’art. 12 L. 212/00 era la redazione di un PV conseguente ad attività svolta dagli organi di controllo tributari e, nella fattispecie, mancava; al fine di contrastare il legittimo accertamento effettuato dall’Ufficio con metodo sintetico il contribuente doveva fornire prova contraria che poteva consistere nella dimostrazione che i beni o gli importi contestati quali indici di capacita contributiva non erano effettivamente nella sua disponibilità in quanto derivanti da atto simulato; la prova della simulazione addotta dal contribuente era insufficiente in quanto si trattava di dichiarazione senza data certa, successiva a quella dell’inizio del procedimento amministrativo, che poteva costituire, al più, un elemento integrativo in presenza di altre fonti di prova;
– il giudice tributario non poteva esercitare poteri istruttori;
– le sanzioni erano legittime. Avverso tale decisione proponeva appello il contribuente chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza.
Eccepiva che:
– la mancanza di data nella relata di notifica costituiva nullità insanabile della stessa, dichiarata dalla Cassazione anche sulla considerazione che l’avviso di accertamento è atto amministrativo pre-processuale per cui il vizio non poteva essere sanato dalla costituzione in giudizio del contribuente;
– l’elezione di domicilio effettuata in forma scritta consegnata all’Amministrazione finanziaria non poteva ritenersi invalida;
– l’Ufficio aveva rifiutato di concedere il termine di 60 giorni per memorie riducendolo arbitrariamente ad 8 giorni;
– tale atteggiamento era contrario alla legge e alla normativa comunitaria;
– la Cassazione aveva precisato che il detto termine doveva essere concesso anche ai procedimenti che non terminavano con processo verbale di contestazione;
– nel merito l’avviso era infondato in quanto il contribuente aveva fornito la prova dell’avvenuta simulazione;
– la dichiarazione del M. era precisa e circostanziata e non contrasta con l’atto pubblico di cessione delle quote nel quale si dichiara solo la presenza delle parti davanti al Notaio e che l’acquirente dichiarava di essere già stato pagato;
– nessuna consegna di somme o di assegni era avvenuta davanti al Notaio;
– il M. aveva fatto una dichiarazione che ammetteva non essere vera;
– il contribuente non poteva fornire la prova di fatti negativi mentre l’Amministrazione finanziaria avrebbe potuto effettuare verifiche sui conti correnti del M. e delle persone a lui vicine per verificare il passaggio di una somma tanto rilevante di denaro o su quelli del T. F. per verificare l’esborso;
– il contribuente depositava i propri estratto conto bancari ma non aveva altre prove per dimostrare un fatto negativo. Avanzava istanza di sospensione della sentenza considerata l’entità della somma di cui all’avviso di accertamento.
Resisteva l’Ufficio eccependo che:
– l’avviso era legittimo in quanto la relata di notifica dell’accertamento risultava completa in ogni suo elemento;
– la notifica era stata effettuata dopo la verifica, presso l’anagrafe tributaria, dell’indirizzo del contribuente; – alla notifica si applicava il principio del raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c.;
– il contribuente non aveva presentato dichiarazione dei redditi per il 2009 ed era stato invitato a presentarsi presso l’Agenzia in data 8.9.14 ma solo in data 1° ottobre 2014 si era recato il padre del contribuente riservando di fornire delucidazioni;
– l’Ufficio aveva instaurato il contraddittorio e la parte aveva prodotto la dichiarazione del M. che, tuttavia, era stata già segnalata come insufficiente;
l’Agenzia aveva comunicato l’emissione del provvedimento e la parte aveva presentato memorie nelle quali contestava la violazione del suo diritto di difesa.
Con memorie illustrative il contribuente ribadiva le proprie argomentazioni ed osservava che l’Ufficio non si era pronunciato sulla documentazione bancaria prodotta dall’appellante.
Questo Collegio ritiene di dover respingere l’appello del contribuente e confermare la decisione di primo grado. Innanzitutto, va osservato che la notifica del provvedimento impugnato risulta regolare e completa in ogni suo elemento essendo specificatamente indicati, e perfettamente leggibili, destinatario, indirizzo, data dell’avvenuta notifica e firma del ricevente (destinatario).
Inoltre, la stessa è stata correttamente indirizzata al domicilio fiscale del contribuente, mentre l’elezione di domicilio, effettuata con la memoria del 3.12.2014 per la fase stragiudiziale, non può ritenersi prevalente rispetto a quanto risultante dai registri dell’Anagrafe Tributaria per le notificazioni degli atti ai fini del corretto decorso del termine per l’impugnativa in sede giudiziaria. In proposito, va precisato che il contribuente può eleggere domicilio presso l’abitazione di una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale, ma tale scelta deve essere formalmente comunicata all’Agenzia delle Entrate essendo stata soppressa la facoltà di inserire la relativa scelta nella dichiarazione annuale o in documenti equipollenti.
In ogni caso, tale eventuale vizio risulta pienamente sanato dalla tempestiva impugnazione del provvedimento e dalle difese spiegate dal contribuente in giudizio.
Infatti, costituisce orientamento consolidato quello che precisa come “… il principio, sancito in via generale dall’articolo 156 del codice di rito, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali, pertanto, la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario”(Cass. Sez. Lav. n. 13857 del 2014; conf. Cass. Sez. Trib. n. 1184 deI 2001 e n. 1548 del 2002) e che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela “un generico interesse all’ astratta regolarità del processo “, ma garantisce solo “l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione” (Cass. sez. trib. n. 26231 del 2014.)
Inoltre, tale principio è stato recentemente confermato dalla Sezioni Unite che, nel riconoscerne la validità, lo hanno esteso anche alle notifiche a mezzo PEC, chiarendo definitivamente come la nullità non possa essere mai pronunciata nel caso in cui la notificazione abbia raggiunto il suo scopo, ossia il “risultato dell’effettiva conoscenza dell’atto che consegue alla consegna dello stesso”, nel caso all’indirizzo P.E.C. di destinazione (Cass. SS.UU. del 18 aprile 2016 n. 7665).
Parimenti infondata risulta l’eccezione relativa alla presunta violazione dell’art. 12 L. 212/00 per mancata concessione del termine di 60 giorni riconosciuto al contribuente per presentare memorie esplicative a difesa della propria posizione.
In proposito, va ricordato che la Legge n. 212 del 27/07/2000, ben nota come Statuto dei diritti del Contribuente, all’art. 12. comma 7, dispone che: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza “.
La predetta disposizione, nel riconoscere al contribuente il diritto di formulare osservazioni e richieste entro il prescritto termine di sessanta giorni, evidenzia l’importanza della fase istruttoria prodromica all’eventuale adozione del provvedimento impositivo. Tuttavia, detta previsione non trova applicazione nel caso di specie che attiene ad un’ipotesi di accertamento con adesione del contribuente. Infatti, la norma citata individua quale atto presupposto un processo verbale di constatazione ( P.V.C.) ovvero quello con cui si concludono le operazioni di verifica e si formalizza la contestazione dei rilievi inerenti alle presunte evasioni fiscale e all’irrogazione delle sanzioni.
Nel caso in esame, l’avviso di accertamento è stato emesso dall’Agenzia a conclusione di una fase di accertamento con adesione ovvero di una procedura che si fonda proprio sul contraddittorio tra Ufficio e contribuente diretta ad individuare una concorde e giusta pretesa tributaria tenendo conto degli elementi in possesso dell’Ufficio e di quelli eventualmente forniti dal contribuente.
Quindi, proprio le caratteristiche e le regole specifiche che disciplinano tale procedura esclude che alla stessa possa applicarsi o anche solo estendersi la previsione di cui al cit. art. 12 che non ha altra funzione che garantire un contradditorio che nell’accertamento con adesione è già ampiamente presente.
Infatti, nel caso in esame, il contribuente è stato correttamente invitato al contraddittorio e, in questa sede, ha prodotto la dichiarazione del M., già segnalata dall’Agenzia come insufficiente. Inoltre, dopo la comunicazione, da parte dell’Ufficio, della determinazione di emettere il provvedimento oggetto dell’odierno giudizio. la parte ha presentato ulteriori memorie nelle quali, tuttavia, si era limitata a contestare la violazione del suo diritto di difesa.
Quindi, sul punto, non può ritenersi violato alcun diritto riconosciuto dallo Statuto del contribuente in quanto la parte ha consapevolmente partecipato alla fase del contraddittorio stragiudiziale, esplicando in quella sede i poteri riconosciuti dalla legge a tutela dei propri diritti.
L’appello risulta infondato anche nel merito. Il contribuente, al fine di contrastare l’accertamento effettuato dall’Ufficio, doveva fornire un’adeguata prova contraria a sostengo delle proprie deduzioni. In proposito, l’appellante ha eccepito che i beni o gli importi contestati dall’Agenzia quali indici di capacità contributiva non erano effettivamente nella sua disponibilità in quanto derivanti da atto simulato.
Tuttavia, la prova offerta dal contribuente stesso, a sostegno della presunta simulazione, si è rivelata del tutto insufficiente in quanto lo stesso ha prodotto una mera dichiarazione, priva di data certa, che poteva rappresentare un indizio ma, essa sola, non poteva rappresentare l’elemento determinate la decisione del Giudice tributario.
Peraltro, va ricordato che il Collegio non può sostituirsi al contribuente (o all’Ufficio) nella ricerca di elementi di prova che la parte è tenuta a fornire neppure nel caso in cui la ricerca degli stessi presenti oggettive difficoltà. Anche le sanzioni, emesse all’esito del procedimento con adesione risultano legittime perché correttamente determinate.
Pertanto, l’appello va respinto. Le spese seguono la soccombenza con la condanna del contribuente al pagamento delle stesse come liquidate in dispositivo, oltre al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. I, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 che ha aggiunto il comma I quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 11.
PQM
Respinge l’appello e condanna l’appellante al pagamento delle spese liquidate in € 2.000,00; dichiara dovuta una somma pari a quella pagata per il contributo unificato.
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