La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22531 depositata il 27 settembre 2017 intervenendo in tema di imposte sui rifiuti ha ribadito la legittimità della diversificazione delle tariffe TARSU tra tra gli esercizi alberghieri e i locali adibiti a uso di civile abitazione (nello stesso senso, tra le altre, Cass. 19 giugno 2015 dal n. 12769 al n. 12772). Inoltre viene affermato il principio del riconoscimento della riduzione dell’imposta se il disservizio della raccolta dei rifiuti anche se le negligenze non sono addebitabili al Comune.
La vicenda ha riguardato una società esercente attività alberghiera a cui il Comune notificava l’avviso di pagamento per la TARSU. La società contribuente avverso l’atto impositivo proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici accolsero le doglianze della ricorrente. L’Agente della riscossione avverso la decisione di primo grado proponeva ricorso in Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello riformavano la decisione impugnata ritenendo che l’applicazione regolamentare da parte del Comune di una tariffa Tarsu diversificata tra stabili alberghieri e case di civile abitazione fosse legittima.
La società contribuente avverso la decisione della CTR proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi. In particolare lamentava la ricorrente, con il secondo motivo, il mancato riconoscimento, da parte dei giudici della Commissione regionale, della riduzione del tributo, considerate le note e protratte disfunzioni nella prestazione del servizio di raccolta dei rifiuti nella città.
Gli Ermellini accolgono il secondo motivo del ricorso. I giudici di legittimità rammentano il principio di diritto secondo cui “in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 65, poichè la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili” (Cass. n. 7044/14; così Cass. 22804/06)
I giudici del palazzaccio evidenziano che il contenuto dell’art. 59 comma 4 del DLgs. 507/93 dispone che “se il servizio di raccolta, sebbene istituito ed attivato, non è svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione ovvero di esercizio dell’attività dell’utente o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del regolamento di cui al comma 1, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, da stabilire in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio di raccolta, il tributo è dovuto nella misura ridotta di cui al secondo periodo del comma 2” (la tassa è dovuta cioè in misura non superiore al 40% della tariffa).
Pertanto per i giudici della Corte Suprema la riduzione della tariffa compete per il solo fatto che il servizio di raccolta, debitamente istituito e attivato, non venga poi concretamente svolto, ovvero venga svolto in grave difformità rispetto alle modalità regolamentari relative alle distanze e capacità dei contenitori e alla frequenza della raccolta. Ciò a prescindere dal fatto che l’Amministrazione comunale sia o meno responsabile dell’inefficienza del servizio rifiuti.
In una situazione patologica di grave disfunzione del servizio di raccolta dei rifiuti per difformità dalla disciplina regolamentare, invece, la riduzione ha lo scopo di riequilibrare l’ammontare della TARSU richiesta dai Comuni e i costi generali del servizio. Su tale correlazione, fanno notare i giudici, si fonda la TARSU.
L’importanza della sentenza in commento è evidente e i principi ivi affermati potrebbero essere estesi ad altre situazioni in cui sussiste un grave e non temporaneo disservizio della raccolta dei rifiuti.
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