CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 dicembre 2016, n. 27315
Tributi – IVA – Credito – Compensazione oltre il limite previsto dall’articolo 34 della Legge 388/2000 – Sanzioni ordinarie
Ritenuto in fatto
In data 7.10.2009 l’Agenzia delle Entrate notificava alla società U.G.S. s.r.l. un atto di recupero con cui, accertato che la società nell’anno 2008 aveva utilizzato in compensazione un credito Iva dell’anno 2007 in misura superiore al limite previsto dall’art. 34 legge n. 388 del 2000, procedeva al recupero della maggiore Iva indebitamente compensata, oltre alla applicazione di sanzioni e interessi. A seguito di istanza di autotutela l’Ufficio notificava in data 2.12.2009 provvedimento di riduzione delle sanzioni irrogate (rideterminate in euro 111.120,54) rispetto a quelle originariamente applicate ( euro 133.829). In data 29.1.2010 la società effettuava il versamento di un quarto delle sanzioni rideterminate, avvalendosi della definizione agevolata delle sanzioni prevista dall’art. 17 comma 2 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472.
Poiché la società non aveva proposto ricorso contro l’atto di recupero, l’Ufficio iscriveva a ruolo l’intera sanzione, scomputato l’importo del versamento parziale di un quarto della somma, con emissione della corrispondente cartella di pagamento.
Avverso la cartella di pagamento la società proponeva ricorso contestando l’iscrizione a ruolo delle sanzioni che aveva definito a norma dell’art. 17 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472. La Commissione tributaria provinciale di Pordenone con sentenza n. 22 del 2011 accoglieva il ricorso.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza del 2.4.2012. Il giudice di appello affermava che il divieto di definizione agevolata previsto dall’art. 17 comma 3 dlgs 472 riguarda le sole ipotesi di omesso o ritardato versamento di imposta e non si applica al caso di compensazione tra debito e credito di imposta effettuato in misura superiore a quella consentita; riteneva tempestiva la definizione agevolata delle sanzioni poiché intervenuta entro il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 17 comma 2 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, da intendersi decorrente dalla data di notifica del provvedimento di riduzione delle sanzioni.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per due motivi: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 17 comma 2 e 3 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, in relazione all’art. 360 primo comma n.3 cod.proc.civ., nella parte in cui ha ritenuto applicabile la sanzione ridotta all’ipotesi di indebita compensazione, equivalente ad un omesso versamento di imposta esclusa dal trattamento sanzionatorio di favore; 2) violazione dell’art.16 comma 3 e 17 comma 2 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod.proc.civ. , nella parte in cui ha rigettato l’eccezione proposta dall’Ufficio in ordine alla tardività della definizione agevolata delle sanzioni, effettuata oltre il termine di sessanta giorni, da considerarsi decorrente non dalla data di annullamento parziale e di rideterminazione delle sanzioni, ma dalla precedente data di notifica dell’atto di recupero.
La società resiste con controricorso.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo è fondato. L’art. 17 comma 3 ult.periodo del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 stabilisce che “in nessun caso” è consentita la definizione agevolata delle sanzioni irrogate per omessi o tardivi versamenti di imposte indicate nel periodo precedente dello stesso comma. L’inciso “in nessun caso” significa propriamente che , in presenza di un omesso o ritardato pagamento di tributi, il versamento ridotto delle sanzioni è precluso, sia nell’ipotesi in cui l’Ufficio abbia proceduto direttamente alla iscrizione a ruolo delle sanzioni a seguito di controllo automatizzato o formale delle dichiarazioni effettuato a norma degli artt. 36 bis e ter del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 ovvero a norma degli art. 54 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (ndr: art. 54-bis d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633), sia nell’ipotesi in cui la sanzione sia stata irrogata unitamente alla emissione dell’avviso di accertamento a norma dell’art. 16 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, ovvero con distinto ed autonomo atto di irrogazione delle sanzioni a norma dell’art. 17 del citato d.lgs. In altri termini il divieto di definizione agevolata riferito alle “sanzioni irrogate nel periodo precedente” deve essere oggettivamente inteso come attinente a qualunque ipotesi di sanzione per omesso (o ritardato ) versamento di imposta, a prescindere dalla modalità di irrogazione delle sanzioni, e non limitato alla sola ipotesi in cui la sanzione per omesso versamento sia stata irrogata mediante diretta iscrizione a ruolo. La ratio della norma si individua nel fatto che, in presenza di omissioni di versamenti di imposta, il legislatore ha inteso vietare in ogni caso l’accesso alla definizione agevolata delle sole sanzioni, essendo consentito unicamente di beneficiare di sanzioni determinate ex lege in misura ridotta allorché il contribuente abbia provveduto al pagamento integrale, nei termini previsti, della somma dovuta a titolo di imposta (art. 2 comma 2 del d.lgs. n. 462 del 1997), (in senso conforme, sulla inapplicabilità della definizione agevolata delle sanzioni in caso di omesso o ritardato pagamento dei tributi, Sez. 5, n. 17721 del 30/07/2009, Rv. 609331).
Il superamento del limiti massimo del credito di imposta compensabile equivale, con evidenza aritmetica, ad un omesso versamento dell’imposta per un importo pari alla eccedenza di compensazione, e quindi rientra a pieno titolo nella esclusione dalla definizione agevolata delle sanzioni stabilita dall’art. 17 ult.comma d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 per il caso di omesso versamento. (Cass. Sez. 5 n. 5663/2011).
Per le medesime ragioni, non si ritiene condivisibile il diverso orientamento interpretativo espresso dalla sentenza di questa Corte n. 18682 del 2016, citata dal difensore.
2. Il secondo motivo è assorbito.
In accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della società. Spese regolate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa le spese dei gradi di merito; condanna la contribuente al rimborso in favore della Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro cinquemilaseicento oltre eventuali spese prenotate a debito.
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