CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 aprile 2017, n. 8948
Lavoro – Personale docente – Contratti a tempo determinato – Illegittimità – Reiterazione di supplenze
Rilevato
– Che con sentenza in data 27.6.2012 la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Viterbo, ha dichiarato l’illegittimità del termine apposto ai contratti a tempo determinato stipulati, in successione, dal 24.10.2001 in poi, tra A.P. (lavoratrice della scuola) e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e, per l’effetto, ha condannato l’Amministrazione al risarcimento del danno pari a venti mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita.
– che avverso tale sentenza il MIUR ha proposto ricorso affidato a due motivi, al quale ha opposto difese la lavoratrice con controricorso; che la lavoratrice ha depositato memoria ove ha evidenziato l’avvenuta immissione nei ruoli del MIUR.
Considerato
– Che, con il primo motivo, il Ministero ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni di legge nonché della direttiva 99/70/CE rilevando la specialità e la compatibilità del sistema italiano di reclutamento scolastico con la normativa comunitaria, con conseguente inapplicabilità della disciplina contenuta nel d.lgs. n. 368 citato nonché insussistenza di abusi nella reiterazione di supplenze (sia annuali che temporanee) in considerazione della necessità di assicurare la continuità del servizio scolastico; che con il secondo motivo, il Ministero ha denunciato violazione degli artt. 18 della legge n. 300 del 1970 e 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010 considerata l’erroneità del ricorso alla disciplina dettata per i licenziamenti e la previsione di specifico regime risarcitorio per i casi di stipulazione illegittima di contratti a tempo determinato; che ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso perché, come recentemente statuito da questa Corte (ex multis, Cass. n. 27564/2016), l’immissione in ruolo, disposta in applicazione dei previgenti strumenti selettivi-concorsuali, rispetta i principi di equivalenza ed effettività poiché il soggetto leso dall’abusivo ricorso ai contratti a termine ha, comunque, ottenuto il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio: ed in tal guisa l’abuso perpetrato e l’illecito commessi sono stati, rispettivamente, oggettivamente represso e tendenzialmente riparato, che, infatti, nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4 comma 1 della legge 3.5.1999 n. 124, realizzatesi dal 10.07.2001, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, debbono essere qualificate misure proporzionate, effettive, sufficientemente energiche ed idonee a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” sia la misura della stabilizzazione prevista nella citata legge 107 del 2015 (attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego) sia l’immissione in ruolo avvenuta tramite il pregresso sistema del c.d. doppio canale.
– Che, pertanto, essendo pacifico che la lavoratrice è stata immessa nei ruoli del MIUR, così ottenendo il bene della vita per il quale ha agito in giudizio, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod.proc.civ., la domanda originaria va rigettata.
– che le spese di lite vanno compensate integralmente, avuto riguardo alle modifiche del quadro normativo di riferimento ed alla questione della c.d. doppia pregiudiziale costituzionale e comunitaria, intervenute nel corso del giudizio.
– che non sussistono la condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater dPR 115 del 2002.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria. Spese compensate.
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