CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 marzo 2018, n. 7032
Tributi – Reddito di impresa – Determinazione – Spese per operazioni con imprese domiciliate in paesi black list – Perdite su crediti – Presunzioni – Onere di prova contraria – Indeducibilità
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della società D.M. Spa avviso di accertamento, nonché la relativa cartella di pagamento, per Iva, Irpeg ed Irap per l’anno 2003, con cui disconosceva la deducibilità di costi in quanto non inerenti o non di competenza, nonché la deducibilità di spese ed altri componenti negativi derivanti da operazioni commerciali con imprese domiciliate in Paesi extracomunitari a fiscalità privilegiata e rientranti nei paesi black list.
La Commissione tributaria provinciale di Firenze accoglieva i ricorsi proposti dalla contribuente e la sentenza era confermata dalla CTR della Toscana.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione con diciannove motivi, cui resiste la contribuente con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale con un motivo.
Ragioni della decisione
1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità per l’assente formulazione di richiesta di cassazione della sentenza sollevata dal controricorrente per i singoli motivi di impugnazione: l’eccezione, al di là di ulteriori considerazioni, è manifestamente infondata concludendosi il ricorso con la testuale richiesta “in accoglimento dei suesposti motivi di impugnazione, cassare l’impugnata sentenza”.
1.1. Va, invece, affermata l’adeguatezza del ricorso nonostante la riproduzione dell’avviso di accertamento e di una parte degli atti processuali nell’ambito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa (sia pure in sequenza logica e con paragrafi di collegamento) atteso che, in piena adesione ai principi affermati da Sez. U, n. 5698 del 11/04/2012, “il ricorso non può dirsi inammissibile quand’anche difetti una parte formalmente dedicata all’esposizione sommaria del fatto, se l’esposizione dei motivi sia di per sé autosufficiente e consenta di cogliere gli aspetti funzionalmente utili della vicenda sottostante al ricorso stesso”.
Nella specie, infatti, la formulazione ed illustrazione dei motivi, caratterizzata da una tecnica espositiva più puntuale e specifica, permette – come emerge dalla disamina successiva l’individuazione dei fatti rilevanti necessari per la comprensione della vicenda e dei motivi di ricorso.
2. Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 66, comma 3, e 75, comma 1, d.P.R. n. 917 del 1986, nonché degli artt. 3 e 5, d.lgs. n. 446 del 1997, per aver la CTR ritenuto detraibile nell’anno 2003 la cancellazione del credito nei confronti della ditta D.L.G.”, debitore assoggettato a procedura esecutiva, assegnando rilievo a criteri di “giustizia sostanziale”.
2.1. Il motivo è infondato.
La CTR, infatti, ha ritenuto, sia pure in termini epigrafici, che “già nell’esercizio 2003 era certa sia la perdita che il suo ammontare”, sicché non può dirsi violato il criterio normativo di imputazione, salva la diversa valutazione in ordine alla congruità e sufficienza della motivazione, avuto riguardo anche all’ulteriore argomento dell’asserita ingiustizia.
3. Il secondo mezzo, difatti, denuncia, con riguardo al medesimo profilo, vizio di insufficiente motivazione.
3.1. La doglianza è fondata, mentre va disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dal controricorrente.
La CTR, come evidenziato, si limita apoditticamente ad affermare che la perdita era certa, anche nel suo ammontare, sin dal 2003, senza, tuttavia, in alcun modo indicare su quali elementi fondasse il suo convincimento, sicché è del tutto incomprensibile l’iter logico fattuale e giuridico del ragionamento.
Più articolate, inoltre, erano le difese dispiegate dall’ufficio in sede di accertamento prima ed in sede contenziosa poi, dove si era evidenziato che la procedura esecutiva nel 2003 era ancora pendente e che solo nel 2004 era stato depositato il progetto di distribuzione delle somme ricavate dalla vendita degli immobili, elementi, decisivi, in alcun modo considerati dal giudice d’appello. Né può alternativamente soddisfare l’onere motivazionale l’asserita “profonda ingiustizia” dell’accoglimento della tesi dell’ufficio, affermazione estranea ai parametri normativi ed erronea ove assume l’indetraibilità dei suddetti costi negli anni successivi atteso che, per costante giurisprudenza, “l’anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui acquisisca certezza che il credito non può essere soddisfatto” poiché “diversamente si rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare la deduzione” (Cass. n. 16330 del 3/08/2005 con specifico riguardo all’esaurimento di procedure esecutive; v. anche Cass. n. 23330 del 06/10/2017; Cass. n. 18237 del 24/10/2012).
4. Il terzo motivo denuncia vizio di insufficiente motivazione quanto alla ritenuta detraibilità del credito insoddisfatto nei confronti di D.R.P.E., operatore commerciale della Spagna.
4.1. Il motivo è fondato, restando destituita di fondamento, invece, l’eccezione di inammissibilità sollevata dal controricorrente.
4.2. Va premesso che, per costante giurisprudenza, “grava sul contribuente l’onere di fornire la prova della deducibilità delle perdite su crediti ritenuti dal Fisco indeducibili” che deve “risultare da elementi certi e precisi” (Cass. n. 447 del 14/01/2015) senza che, sul punto, assuma rilievo che il credito derivi da rapporti con operatori stranieri (v. Cass. n. 23863 del 19/11/2007; Cass. n. 17085 del 22/07/2009).
4.3. Orbene, la CTR ha argomentato le proprie conclusioni sulla “mancata iscrizione alla Camera di Commercio della ditta debitrice e la sua irreperibilità ed in considerazione del non elevato ammontare del credito ed alle spese da sostenere per il suo recupero il cui esito appare di difficilissima realizzazione”, credito che, del resto, ammontava ad oltre 5.500,00 euro (come risulta dall’avviso di accertamento riprodotto per autosufficienza).
In tal modo, tuttavia, non ha precisato su quali elementi si fondasse il proprio ragionamento, ossia quali fossero, e su quali riscontri, le asserite (anche solo eventuali) spese per il recupero giudiziale in Spagna tali da rendere antieconomico l’avvio di un’azione giudiziale, né quale fosse lo stato patrimoniale della debitrice, né, infine, da cosa risultasse l’asserita irreperibilità della medesima; per contro, ha valorizzato un elemento in sé irrilevante (la mancata iscrizione alla Camera di Commercio), che, venendo in rilievo una omessa iscrizione (e non una cancellazione), costituiva dato già esistente al momento della conclusione del contratto.
Giova anche sottolineare, infine, che resta priva di ogni riscontro l’affermazione del controricorrente che il debitore fosse “una persona giuridica”, elemento che, a suo avviso, renderebbe (e pur in assenza di alcuna valutazione degli strumenti giuridici posti a disposizione dall’ordinamento spagnolo) impossibile l’esazione.
5. Il quarto motivo denuncia vizio di insufficiente motivazione con riguardo all’affermata deducibilità dei costi di cui alla fattura n. 88 della INTEC: l’Ufficio si duole che la CTR abbia ritenuto detti costi di competenza dell’anno 2003 senza effettivamente considerare il contenuto della fattura e in mancanza di elementi certi e precisi.
5.1. Il motivo è fondato, restando destituita di fondamento, invece, l’eccezione di inammissibilità sollevata dal controricorrente.
5.2. La CTR ha ritenuto che “le dizioni riportate in fattura (“consulenze varie e sopralluoghi … stesura di documenti di valutazione rischi”) dimostrano che non si è trattato di un’unica prestazione ben definita per la quale viene richiesto di norma un preciso preventivo di spesa e che quindi il costo possa essere obbiettivamente predeterminabile, bensì di molteplici prestazioni ripetute nel tempo e di modesto ammontare” concludendo che “ciò rende verosimile quanto sostenuto dalla soc. M.”.
Ha peraltro omesso di considerare che: la medesima fattura (riprodotta per autosufficienza dall’Agenzia) chiaramente indicava “Lavoro svolto al 31/12/2002l’importo era indicato in via onnicomprensiva, ossia con riferimento unitario a tutte le voci esposte in fattura, in “€ 3.100,00riguardava un’unica commessa (Rif.to ns. commessa n. C/031/01), su cui confluivano tutte le prestazioni.
Tali elementi, che tributano apparente consistenza alla pretesa dell’Amministrazione che le prestazioni fossero state tutte compiute nel 2002, sono rimasti inspiegati dal giudice d’appello, il quale ha concluso, apoditticamente e in assenza di ogni riscontro obbiettivo, che il relativo costo non potesse “essere obbiettivamente determinabile” in quell’anno.
Non va trascurato, del resto, che “dalla complessiva prescrizione dell’art. 75 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 si desume che, anche per le spese e gli altri componenti negativi di cui non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, il legislatore considera come esercizio di competenza quello nel quale nasce e si forma il titolo giuridico che costituisce la fonte di ciascuna di tali voci, limitandosi soltanto a prevedere una deroga al principio della competenza, col consentire la deducibilità di dette particolari spese e componenti nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza ovvero la determinabilità, in modo obiettivo, del relativo ammontare” (v. Cass. n. 17568 del 09/08/2007; Cass. n. 18237 del 24/10/2012).
6. I motivi dal sesto al dodicesimo hanno tutti ad oggetto, sia pure con alcune specifiche articolazioni, l’indeducibilità dei costi per violazione dell’anno di competenza e la mancata individuazione degli elementi certi e precisi per l’imputazione ad un diverso esercizio. In particolare:
6.1. Il quinto motivo denuncia violazione degli artt. 75, comma 1, d.P.R. n. 917 del 1986, 3 e 5 del d.lgs. n. 446 del 1997 per aver la CTR ritenuto di competenza dell’anno 2003 la fattura emessa dalla società francese Ledere n. 51562 del 2003 relativa a “sconto su contributi eco imballaggi per il 2002” in quanto pervenuta nel 2003 ed attesa la modesta entità dell’importo (euro 2.038,46, oltre Iva).
6.2. Il sesto motivo denuncia, per il medesimo profilo, vizio di insufficiente motivazione.
6.3. Il settimo motivo denuncia vizio di insufficiente motivazione in relazione alla sopravvenienza passiva di cui alla nota di credito n. 30534 del 2003 per euro 17.675,00 a favore della B.W. Srl “per definizione totale relativa alle forniture 2002”, derivante da atto formale di rinunzia parziale di credito ritenuto irrecuperabile.
6.4. L’ottavo motivo denuncia violazione degli artt. 75, comma 1, d.P.R. n. 917 del 1986, 3 e 5 del d.lgs. n. 446 del 1997 per aver la CTR ritenuto di competenza del 2003 la fattura n. 5101508275 del 2003 emessa dalla R. per “rifatturazione costo logistico per consegna merci ad affiliati iper m.v. secondo semestre 2002” in quanto pervenuta nel 2003.
6.5. Il nono motivo denuncia, per il medesimo profilo di cui al precedente motivo, vizio di insufficiente motivazione.
6.6. Il decimo motivo denuncia violazione degli artt. 75, comma 1, d.P.R. n. 917 del 1986, 3 e 5 del d.lgs. n. 446 del 1997 per aver la CTR ritenuto di competenza del 2003 la nota di credito n. 68 del 2003 a favore della C.I. Scarl “per premio di fine anno su ns. forniture 2002 come stabilito in contratto” perché emessa nel 2003.
6.7. L’undicesimo motivo denuncia, per il medesimo profilo di cui al precedente motivo, vizio di insufficiente motivazione.
6.8. Il successivo motivo (nuovamente rubricato come 11) denuncia violazione degli artt. 2697 c.c., 75, comma 1 e 5, d.P.R. n. 917 del 1986, 3 e 5 del d.lgs. n. 446 del 1997 per aver la CTR ritenuto di competenza del 2003 la fattura n. 8613 del 2003 emessa da M.I. Srl per “contributo sul nostro volantino promozionale Natale 2002”, perché non risultava concordato l’ammontare del contributo, così invertendo la ripartizione dell’onere della prova.
6.9. Il dodicesimo motivo denuncia, per il medesimo profilo di cui al precedente motivo, violazione degli artt. 75, comma 1, d.P.R. n. 917 del 1986, 3 e 5 del d.lgs. n. 446 del 1997 per aver la CTR attribuito valore dirimente, per l’individuazione dell’esercizio di competenza, alla data di ricezione della fattura.
7. I motivi 5, 6, 8, 9, 10, 11 (in entrambe le ipotesi) e 12, che vanno esaminati unitariamente involgendo le medesime questioni, sono fondati.
7.1. Vanno preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità del controricorrente: l’Agenzia si duole, infatti, dell’inosservanza da parte della CTR dei criteri normativi ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza, e, inoltre, dell’assoluta apoditticità della motivazione con cui è stata giustificata la deroga ai criteri ordinari, esclusa ogni prospettiva di un riesame del merito.
7.2. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, dalla complessiva prescrizione dell’art. 75 del d.P.R. n. 917 del 1986 deriva che “anche per le spese e gli altri componenti negativi, dei quali “non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare”, il legislatore considera come “esercizio di competenza” quello nel quale nasce e si forma il titolo giuridico che costituisce la fonte di ciascuna di tali voci, limitandosi soltanto a prevedere una deroga al principio della competenza, col consentire deducibilità di dette particolari spese e componenti nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza ovvero la determinabilità, in modo obiettivo, del relativo ammontare. L’obbiettiva determinabilità sancita dalla legge non è collegata o collegabile alla manifestazione della volontà delle parti sul costo, essendo, altrimenti, ad esse demandata la scelta di stabilire a quale esercizio di competenza imputare la relativa componente del reddito d’impresa, sicché il mancato accordo delle parti non significa necessariamente che il costo non sia, prima dell’accordo stesso, obbiettivamente determinabile” (Cass. n. 18237 del 24/10/2012; Cass. n. 3484 del 14/02/2014; Cass. n. 1107 del 18/01/2017).
Inoltre, ai fini dell’individuazione dell’esercizio di competenza, nessun rilievo può essere attribuito “alla data in cui perviene la fattura della spesa sostenuta”, che non “permette la detrazione dei costi in esercizi diversi da quello di competenza, non potendo il contribuente essere lasciato arbitro della scelta del periodo in cui registrare le passività” (Cass. n. 3418 del 12/02/2010; Cass. n. 1107 del 18/01/2017).
Quanto alla ripartizione dell‘onere della prova, infine, se sull’Amministrazione incombe di provare la data in cui si sono realizzati i fatti di verificazione dei componenti negativi o positivi di reddito, così determinando l’esercizio di competenza, al contribuente che abbia operato la registrazione in un esercizio diverso, spetta provare che solo in tale anno questi sono diventati certi e determinabili nell’ammontare (in tal senso, Cass. n. 25282 del 2015).
7.3. Le fatture e la nota di credito si riferiscono, esplicitamente, a prestazioni effettuate nel 2002.
Orbene, la CTR, nel porre a fondamento della ritenuta competenza ad un diverso esercizio, ha affermato:
– quanto alla fattura Ledere, “considerato il trascurabile importo dell’insussistenza passiva de quo, appare verosimile quanto sostenuto dalla soc. M. circa la data di ricezione della fattura e l’indeterminatezza del suo ammontare”
– quanto alla fattura della R., “la fattura … è pervenuta nel mese di agosto 2003”;
– quanto alla nota di credito relativa a C.I. “è stata emessa nel mese di novembre 2013”;
– quanto alla fattura della M.I. Srl, “non risulta provato che la soc. appellante avesse concordato con il cliente de quo il contributo in contestazione, mentre la fattura è stata redatta e ricevuta ben oltre l’approvazione del bilancio 2002”.
Così statuendo, dunque, si è posta in contrasto con gli affermati principi di imputazione per competenza dei costi, e, con riguardo alla fattura M.I. Srl, in totale inosservanza dei criteri di ripartizione dell’onere della prova, addossando all’Ufficio l’onere di provare gli elementi certi e precisi per la diversa imputazione. Inoltre, il giudice d’appello ha fondato la propria valutazione per la determinazione dell’esercizio di competenza su circostanze di fatto (l’asserito trascurabile importo; la data di pervenimento della fattura o di emissione della nota di credito) irrelate e prive di rilievo in ordine alla prova della certezza e determinabilità della spesa e della sua corretta imputazione, sicché il riferimento all’esercizio successivo resta sostanzialmente immotivato, con un evidente salto logico nel ragionamento ed un indubbio vulnus motivazionale.
8. Pure il settimo motivo è fondato.
8.1. Occorre osservare che in caso di rinunzia, anche parziale, di un credito, atto unilaterale e recettizio, si determina la perdita del credito per la parte venuta meno, la cui deducibilità, quindi, richiede una valutazione necessariamente ancorata alle specificità del singolo caso in base ad elementi probatori certi e precisi, capaci di dimostrare l’effettiva inesigibilità del credito.
Nella vicenda in esame, la CTR ha ritenuto non condivisibile la ripresa operata dal fisco, che ha equiparato la rinunzia del contribuente ad un atto di liberalità, “poiché nessun operatore economico rinunzia per una mera liberalità ad un credito di € 17.625,00 … se ciò è accaduto è evidente che ciò è stato determinato dalla volontà di ottenere la maggiore somma possibile con minore spesa”.
Orbene, è indubbiamente condivisibile che la rinunzia ad un credito non possa essere equiparata, sic et simpliciter, ad un atto di liberalità. Ciò non toglie, peraltro, che una simile scelta deve essere ugualmente confortata, in base ad elementi probatori certi e precisi, da ragioni di inconsistenza patrimoniale del debitore 0 di inopportunità delle azioni esecutive ovvero, ancora, da ulteriori ragioni tali da giustificare, in relazione alle utilità che ne possono derivare, una simile diminuzione patrimoniale (v. sul punto Cass. n. 10256 del 02/05/2013, che ha ritenuto sufficiente, ai fini della deducibilità, la convenienza economica ai rapporti con i debitori in vista di future occasioni di commesse di lavori).
Il giudice d’appello, invece, ha omesso di precisare quali elementi di fatto abbia ritenuto di porre a fondamento della propria valutazione, ritenendo – con un indubbio salto logico, al limite della motivazione apparente – “evidente” l’irrecuperabiIità del credito.
9. Il tredicesimo motivo denuncia insufficiente motivazione in ordine alle spese per pranzi, cene, servizi bar offerti alla clientela dalla contribuente in occasione delle manifestazioni fieristiche di Milano e Francoforte, ritenute di pubblicità e non di rappresentanza dalla CTR.
9.1. Il motivo è fondato.
La CTR si è limitata ad affermare “non sembra che le spese in questione … possano essere ritenute spese di rappresentanza bensì il classico esempio di incentivazione diretta alle vendite e ad esse strettamente connesse” senza in alcun modo precisare in base a quali elementi sia giunta a tale conclusione (formulata, tra l’altro, in termini ipotetici). Resta dunque del tutto oscuro l’iter logico del ragionamento, tanto più che, nella specie, venivano in rilievo anche pranzi, come documentato dall’Agenzia, svolti fuori dalla sede della società.
10. Il quattordicesimo motivo denuncia insufficiente motivazione in ordine alla deducibilità delle spese di missione limitatamente ai costi sostenuti, dalla contribuente, per il pernottamento, durante un evento fieristico, del Presidente di una società controllata.
10.1. Pure tale doglianza è fondata.
La CTR, infatti, anche con riguardo a tale rilievo si è limitata ad affermare, in termini del tutto apodittici, che “la presenza … non può che essere ritenuta connessa con interessi aziendali”, incorrendo in una evidente insufficienza motivazionale.
11. Il quindicesimo motivo denuncia violazione degli artt. 1, commi 301, 302 e 303, I. n. 296 del 2006, 76, comma 7 bis e 7 ter (ora 110, commi 10 e 11), d.P.R. n. 917 del 1986, 11 bis, d.lgs. n. 446 del 1997. L’Agenzia, in particolare, lamenta che, in relazione ad operazioni concluse con imprese localizzate in paesi a fiscalità privilegiata, rientranti nella black list, la CTR abbia ritenuto legittima la deduzione delle componenti negative sussistendo un effettivo interesse economico da parte della contribuente atteso l’elevato ricarico applicato sulla merce così acquistata.
11.1. Il sedicesimo motivo denuncia, in relazione al medesimo profilo, vizio logico motivazionale per aver la CTR ritenuto effettivo lo svolgimento di una attività commerciale da parte delle imprese domiciliate in paesi black list in base a mere certificazioni e per aver ritenuto la sussistenza di un effettivo interesse economico solo sulla base del ricarico applicato.
11. 2. Il diciassettesimo motivo denuncia violazione degli artt. 101 e 134 Cost, 15 preleggi, 3, d.lgs. n. 472 del 1997, 1, commi 301, 302 e 303, I. n. 296 del 2006, 76, comma 7 bis e 7 ter (ora 110, commi 10 e 11), d.P.R. n. 917 del 1986, 11 bis, d.lgs. n. 446 del 1997, per aver la CTR disapplicato il trattamento previsto dall’art. 1, comma 302, cit., ritenendo applicabile la sola sanzione prevista dall’art. 8, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997, censura che reitera, con il diciottesimo motivo, in ordine all’errata individuazione ed applicazione del regime sanzionatorio più favorevole in relazione a fattispecie anteriore alla entrata in vigore della I. n. 296 del 2006.
12. Con riguardo ai motivi 15 e 16 va esaminata, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità della censura perché introduttiva di una domanda nuova.
12.1. L’eccezione è fondata e i motivi sono inammissibili.
12.2. L’art. 57, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, infatti, fa espresso divieto – la cui violazione è rilevabile d’ufficio – di introdurre nel giudizio d’appello pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo, e dunque sul piano della causa petendi, da quelle recepite nell’atto impositivo, “altrimenti ledendosi la concreta possibilità per il contribuente di esercitare il diritto di difesa attraverso l’esternazione dei motivi di ricorso, i quali, necessariamente, vanno rapportati a ciò che nell’atto stesso risulta esposto” (v. Cass. n. 9810 del 07/05/2014; Cass. n. 10806 del 28/06/2012; specificamente con riguardo all’indeducibilità di costi per operazioni in paesi black list v. Cass. n. 15284 del 21 luglio 2015 in motivazione).
12.3. Orbene, è pacifico, e non costituisce neppure oggetto di contestazione tra le parti, che con l’avviso di accertamento (riprodotto dalla stessa Agenzia delle entrate) l’Amministrazione aveva contestato unicamente l’omessa separata indicazione dei costi in dichiarazione senza sollevare alcun rilievo in ordine alla sussistenza o meno delle ulteriori condizioni di merito richieste dall’allora vigente art. 76 tuir, questione, invece, proposta esplicitamente solo con l’atto d’appello (e con una significativa riduzione dell’entità dei costi disconosciuti) a seguito della modifica intervenuta con l’art. 1, commi 301 e ss, I. n. 296 del 2006.
Si trattava, dunque, di questione del tutto nuova, che non aveva costituito oggetto di giudizio ed era rimasta estranea al thema decidendum.
13. I motivi 17 e 18, da esaminare unitariamente in quanto logicamente connessi, sono invece fondati.
13.1. Deve, innanzitutto, respingersi l’eccezione di inammissibilità svolta dalla controricorrente sul presupposto che la domanda di applicazione della sanzione prevista dalla Legge Finanziaria, art. 1, comma 302 sia stata introdotta per la prima volta solo in questo grado, laddove la questione sull’applicazione dello ius superveniens ha costituito pacificamente oggetto del giudizio di secondo grado, ambito nel quale, inoltre, è stata legittimamente introdotta.
Basti osservare, sul punto, che l’atto impugnato prevedeva l’irrogazione di sanzioni ben più severe, per cui l’applicazione delle sanzioni previste dalla norma sopravvenuta non può considerarsi domanda nuova, né tema esorbitante dai limiti del giudizio, ma rientra, a pieno titolo, nelle potestà decisorie del giudice tributario.
13.2. Passando al merito, secondo il più recente ed ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte – come recentemente affermato da Cass. n. 11933 del 10/06/2016 e Cass. n. 5085 del 28/02/2017 – la materia è regolata dai seguenti principi :
a) dal 1° gennaio 2007, i commi 301 e 302 dell’art. 1, I. n. 296 del 2006 (il primo modificando l’art. 110, commi 10 e 11 – già art. 76, commi 7 bis e 7 ter – del d.P.R. n. 917 del 1986, il secondo mediante l’inserimento del comma 3 bis nell’art. 8 del d.lgs. n. 471 del 1997) hanno mutato la disciplina che sanciva l’indeducibilità dei costi scaturenti da operazioni commerciali intercorse con soggetti residenti in Stati a fiscalità privilegiata – ove non fosse provato che i contraenti esteri svolgessero effettiva attività commerciale, che le operazioni poste in essere rispondessero ad un effettivo interesse economico, che le stesse avessero avuto concreta esecuzione e, in ogni caso, che i costi non fossero stati separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi – degradando la separata indicazione dei costi da presupposto sostanziale della relativa deducibilità ad obbligo di carattere formale, passibile di corrispondente sanzione amministrativa, pari al 10 per cento dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non (separatamente) indicati nella dichiarazione, da un minimo di €. 500 a un massimo di €. 50.000;
b) in ordine al regime transitorio, dettato dal comma 303 dell’art. 1, I. n. 296 cit., anche le violazioni dell’obbligo di separata indicazione dei costi poste in essere prima dell’entrata in vigore della legge sono degradate a violazioni formali e non comportano, di per se stesse, l’applicazione del regime di assoluta indeducibilità dei costi medesimi ma sono soggette alla sanzione proporzionale suddetta, alla quale (solo per le situazioni di regime transitorio e, dunque, già assoggettate al rigoroso regime d’indeducibilità) si cumula, in forza dell’ultima parte del comma 303 cit., la sanzione prevista dall’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997;
c) tale lettura della disciplina di cui ai commi 301, 302 e 303 dell’art. 1 I. n. 296 cit. – che appare l’unica idonea a garantirne la tenuta sul piano della razionalità – non viola il principio di legalità, posto che, sotto il profilo sanzionatorio e degli effetti che ne conseguono, il regime introdotto dalla normativa sopravvenuta è, nel suo complesso, certamente meno gravoso, per il contribuente, rispetto a quello previgente (Cass. nn. 4030, 6205 e 21955 del 2015, 6338 e 6651 del 2016);
d) costituiscono causa ostativa alla presentazione della dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, commi 8 e – più specificamente – 8 bis, del d.P.R. n. 322 del 1998 non solo la contestazione della violazione, ma anche – contrariamente a quanto preteso dal controricorrente – l’inizio delle operazioni di verifica, in quanto in tal caso la correzione si risolverebbe in uno strumento elusivo delle sanzioni previste dal legislatore per l’inosservanza delle prescrizioni relative alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi (tra altre, Cass. nn. 5398 del 2012, 14999, 15285 e 15798 del 2015, 6651 del 2016); inoltre (ed anzi, sul piano logico-giuridico, ancor prima), la peculiare fattispecie in esame, in cui l’inosservanza dell’onere dell’indicazione separata dei costi deducibili impediva (prima della novella introdotta dall’art. 1, commi 302 e 303, della legge n. 296 del 2006) il perfezionamento della stessa fattispecie costitutiva del diritto alla deduzione di tali spese, è del tutto diversa dalle situazioni contemplate dall’art. 2, commi 8 e 8 bis, cit., poiché l’intervento emendativo non ha, in questo caso, la funzione di rideterminare correttamente componenti reddituali positivi o negativi omessi od errati, o di correggere errori di calcolo (così incidendo direttamente sul quantum di crediti e debiti esistenti al momento della presentazione della dichiarazione), ma è volto a costituire ex novo un diritto – alla deduzione di determinate spese – prima inesistente, del quale, cioè, il contribuente non era già titolare (Cass. n. 24929 del 2013, nonché le citate Cass. nn. 14999, 15285 e 15798 del 2015, 6651 del 2016).
13.3. La sentenza impugnata, che ha ritenuto applicabile la sola sanzione prevista dall’art. 8, comma 1, cit., non è conforme ai principi sopra esposti, sicché, anche per tali profili, va cassata.
14. Il ricorso incidentale del contribuente, che denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione quanto alla disposta compensazione delle spese, resta conseguentemente assorbito.
15. In accoglimento del ricorso, nei termini di cui in motivazione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione.
P.Q.M.
In accoglimento dei motivi da due a quattordici, nonché da diciassette a diciotto, rigettato il primo ed inammissibili il quindicesimo ed il sedicesimo, assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Toscana in diversa composizione.
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