CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 maggio 2018, n. 13181
Licenziamento illegittimo – lndennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto – Compimento età pensionabile – Finestra di uscita non sopraggiunta – Recesso ad nutum – Sottrazione del datore di lavoro all’applicabilità del regime ex art. 18 L. n. 300/1970 – Mera maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi idonei per la pensione di vecchiaia – Non rileva – Momento in cui la prestazione previdenziale è giuridicamente conseguibile dall’interessato
Rilevato
che la Corte di Appello di Palermo, con sentenza pubblicata il 29 luglio 2016, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato illegittimo il licenziamento comunicato a D.S. in data 24 marzo 2011 e, per l’effetto, ha condannato I.S.P. S.C.p.a. a corrispondergli l’indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del recesso al 10 maggio 2012, oltre contributi ed accessori;
che la Corte territoriale, rilevato che dalla lettera di licenziamento risultava che lo S. aveva compiuto il 65° anno di età il 1° aprile 2011 e che il recesso gli era stato intimato “sul presupposto che egli fosse in possesso dei requisiti per il diritto a pensione”, ha osservato che, in base all’art. 12, co. 1, d. Igs. n. 78 del 2010, egli, avendo maturato il requisito anagrafico nel corso dell’anno 2011, avrebbe conseguito “il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico … trascorsi dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti”;
che, risultando “dalle informazioni fornite dall’INPS già nel corso del giudizio di primo grado (cfr. nota del 31.1.2014) che S. nel mese di giugno 2011 aveva conseguito la pensione di anzianità e non quella di vecchiaia per la quale non era ancora sopraggiunta la <finestra> di uscita”, la Corte ha giudicato il licenziamento illegittimo;
che, in punto di tutela applicabile, la Corte territoriale, “in base all’art. 6, comma 2 bis I. n. 248/2007”, ha disposto l’applicazione dell’art. 18 della I. n. 300 del 1970, “limitatamente, però, alla corresponsione della indennità risarcitoria, in misura pari alla retribuzione globale di fatto dal recesso al 1° maggio 2012, data in cui, sopravvenuta la finestra, il ricorrente ha maturato il diritto a conseguire il pensionamento e, pertanto, non può più essere reintegrato nel posto di lavoro”;
che per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso in via principale la società con tre motivi, cui ha resistito D. S. con controricorso, contenente impugnazione incidentale affidata ad un motivo; ad essa ha resistito I.S.P. con controricorso;
Considerato
che i motivi del ricorso principale denunciano: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 416, 99, 112 c.p.c., per avere la Corte distrettuale “motivato la decisione sul ritenuto contrasto del licenziamento sub iudice con il disposto dell’art. 71, comma 1, lettera b) del CCNL del credito 8 dicembre 2007, ancorché “l’appellante avesse ignorato del tutto la citata disposizione contrattuale e, sia nell’atto introduttivo del giudizio che nel ricorso d’appello, avesse chiesto accertarsi e dichiararsi l’illegittimità del licenziamento per violazione dell’art. 6, comma 2 bis de D.L. 31.12.2007, n. 248”; 2) violazione e falsa applicazione di norme di diritto e del contratto collettivo innanzi richiamato per avere la Corte di Appello interpretato la clausola pattizia nel senso che tra i requisiti pensionistici debba essere incluso quello della possibilità giuridica del conseguimento della pensione secondo la normativa vigente alla data del recesso e per avere escluso che tale condizione sussistesse in capo allo S.; 3) in subordine, omesso esame di fatti decisivi “per avere il Collegio del merito concluso che l’appellante avesse percepito dal 10 giugno 2011 una pensione di anzianità anziché di vecchiaia”;
che i tre motivi, esaminabili congiuntamente per connessione, non possono trovare accoglimento;
che, infatti, premessa l’inammissibilità del primo motivo in cui si denuncia, nelle forme improprie della violazione dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., un preteso error in procedendo che avrebbe imposto la deduzione delle ragioni che determinavano la nullità della sentenza o del procedimento a mente del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., per di più senza specificare adeguatamente i contenuti degli atti processuali dai quali ricavare la presunta violazione del canone della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, la decisione della Corte territoriale risulta conforme al diritto;
che l’art. 4, comma 2, della I. n. 108 del 1990 stabilisce che l’art. 18 della I. n. 300 del 1970 non si applica nei confronti dei prestatori di lavoro ultrasessantenni, in possesso dei requisiti pensionistici, sempre che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto di lavoro ai sensi del D.L. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1982, n. 54; pur in mancanza dell’esplicito riferimento alla pensione di vecchiaia, contenuto invece nella precedente disposizione della L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, argomenti testuali e sistematici inducono a ritenere che nessun mutamento ha subito il principio per cui è soltanto la maturazione del diritto al pensionamento di vecchiaia che incide sul regime del rapporto di lavoro, consentendo al datore di lavoro il recesso ad nutum (Cass. SS.UU. n. 17589 del 2015; in precedenza: Cass. n. 3237 del 2003, n. 12568 del 2003; n. 6537 del 2014);
che, ciò posto, è condivisibile l’interpretazione offerta dalla Corte territoriale in base alla quale la possibilità del recesso ad nutum, con sottrazione del datore di lavoro all’applicabilità del regime dell’art. 18 I. n. 300 del 1970, è condizionata non dalla mera maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi idonei per la pensione di vecchiaia, bensì dal momento in cui la prestazione previdenziale è giuridicamente conseguibile dall’interessato; pertanto, avendo l’art. 12, comma 1, d.l. n. 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, vigente all’atto del licenziamento, stabilito che, a decorrere dall’anno 2011, coloro che – come lo S. – maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia a 65 anni, “conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico … trascorsi 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti previsti”, il passaggio al regime del recesso ad nutum avviene in tale ultimo momento, per cui il licenziamento intimato precedentemente non è sottratto all’applicazione dell’art. 18 pro tempore vigente;
che tale assunto è conforme ai principi affermati dalla Corte costituzionale che ha ritenuto compatibile con la Costituzione la previsione del recesso ad nutum, sul principale rilievo secondo cui “in una società come quella attuale, in cui si hanno disoccupazione e sottoccupazione, l’assenza di una piena tutela del diritto al lavoro (per difetto di garanzie di stabilità del posto) per i lavoratori che abbiano già conseguito la pensione di vecchiaia trova ragionevole giustificazione nel godimento, da parte loro, di tale trattamento previdenziale” (vedi, per tutte: Corte cost. sentenze n. 15 del 1983; n. 309 del 1992; n. 225 del 1994; n. 174 del 1971; n. 45 del 1965, nonché Cass. 26 maggio 2004, n. 10179), per cui il licenziamento ad nutum è ammissibile in quanto si “goda” del trattamento pensionistico di vecchiaia e non è sufficiente che si sia in attesa di esso, seppure la fruizione sia procrastinata di soli 12 mesi;
che la soluzione appare altresì coerente con l’ormai consolidato principio nella giurisprudenza di questa Corte, affermato specificamente in materia di pensione di anzianità ma evidentemente operante anche per la pensione di vecchiaia, secondo cui la decorrenza della pensione di anzianità in base alle regole delle “finestre” indicate dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1 comma 29, e dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, commi 6 e 8, rappresenta un elemento costitutivo dello stesso diritto a pensione, il quale, pertanto, si perfeziona soltanto nel momento in cui matura la data di decorrenza fissata dalla legge, essendo quindi irrilevante, per l’insorgenza di siffatto diritto, che l’assicurato abbia, prima del predetto momento, conseguito il prescritto requisito contributivo e presentato domanda di pensione (cfr. Cass. n. 18041 del 2007, n. 23094 del 2008, n. 20235 del 2010 e n. 6840 del 2014; Cass. n. 16532 del 2015; conf. da ultimo Cass. n. 15879 del 2017)); in tal modo, il momento di perfezionamento di tale diritto diventa il momento in cui questo tempo è decorso: momento che va identificato nella data di apertura della “finestra” indicata caso per caso dalla legge; e questa volontà normativa ha fondamento nella stessa natura del tempo, quale (ulteriore) integrazione dell’età anagrafica (Cass. n. 23094 del 2008 cit.; cfr. pure Cass. n. 13626 del 2005, n. 18041 del 2007); che ogni altra censura relativa all’accertamento in fatto circa il conseguimento di una pensione di vecchiaia da parte del dipendente (così come sostenuto dalla società) piuttosto che una non omologabile pensione di anzianità (come ritenuto dalla Corte territoriale) è inammissibile in quanto trascura di considerare che la sentenza impugnata è sottoposta ratione temporis al novellato n. 5 dell’art. 360, c.p.c., interpretato rigorosamente dalle SS.UU. di questa Corte (sent. nn. 8053 e 8054 del 2014), dei cui enunciati la società ricorrente non tiene adeguato conto;
che invece il ricorso incidentale del lavoratore, con cui si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della I. n. 300 del 1970, lamentando che la Corte palermitana “seppure ha dichiarato illegittimo il licenziamento comminato al Sig. S., non ha – però – accolto la domanda di reintegrazione dello stesso e, pertanto, ha accordato al medesimo solo l’indennità risarcitoria, nella misura delle mensilità dalla data del licenziamento sino a quella in cui sarebbe andato in pensione di vecchiaia, ossia dal mese di aprile del 2011 sino al 1° maggio 2012”, precludendo anche l’esercizio della facoltà di opzione per le 15 mensilità di retribuzione in luogo della reintegra, è meritevole di accoglimento, avendo lo S. proposto fin dall’atto introduttivo del giudizio la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro, coltivata anche in appello;
che il compimento dell’età pensionabile, infatti, come il possesso dei requisiti per avere diritto alla pensione di vecchiaia, determinano non già l’automatica estinzione del rapporto, ma solo la cessazione del regime di stabilità e della tutela prevista dalla legge sopra richiamata, consentendo il recesso ad nutum;
che va ribadito il principio secondo cui “nel caso in cui tali condizioni si perfezionino nel periodo intercorrente tra la data del licenziamento e quella della sentenza con cui venga accertata l’insussistenza di una sua idonea giustificazione, non è preclusa l’emanazione del provvedimento di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro L. 20 maggio 1970, n. 300, ex art. 18, (che ha il valore di un accertamento che il rapporto è continuato inalterato e che sono operative le rispettive reciproche obbligazioni), mentre il rapporto di lavoro è suscettibile di essere estinto solo per effetto di un valido (e diverso) atto di recesso (Cass. n. 3754 del 20 marzo 1995), che ben può essere emanato anche nelle more del giudizio” (cfr. Cass. n 1908/1998 nonché Cass. n. 1462/2012 circa l’illegittimità della limitazione del risarcimento ex art. 18 Stat. Lav. fino al compimento del 65 anno di età), sicché non può neanche attribuirsi al licenziamento intimato per una data in cui non sussistevano i presupposti la capacità di procrastinare l’effetto risolutorio al momento dell’apertura della “finestra”, come pure opinato dalla società;
che dunque, respinto il ricorso principale, deve essere accolto il ricorso incidentale dello S., con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio alla Corte indicata in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito e provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità;
che occorre dare atto della sussistenza per la ricorrente principale dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 febbraio 2022, n. 3824 - In base all’art. 18, comma 4, l. n. 300 del 1970, come modificato dall’art. 1 comma 42, l. n. 92 del 2012, la determinazione dell’indennità risarcitoria deve avvenire attraverso il calcolo…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 aprile 2022, n. 11638 - In base all'art. 18, comma 4, l. n. 300 del 1970, come modificato dall'art. 1 comma 42, l. n. 92 del 2012, la determinazione dell'indennità risarcitoria deve avvenire attraverso il calcolo…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 aprile 2022, n. 12034 - La determinazione dell'indennità risarcitoria deve avvenire attraverso il calcolo dell'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 aprile 2022, n. 12448 - In base all'art. 18, comma 4, l. n. 300 del 1970, come modificato dall'art. 1 comma 42, l. n. 92 del 2012, la determinazione dell'indennità risarcitoria deve avvenire attraverso il calcolo…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 novembre 2022, n. 33345 - L'indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo deve essere commisurata, non più in base ad una media delle retribuzioni precedentemente percepite dal lavoratore ante illegittima…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 novembre 2022, n. 33344 - L'indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo deve essere commisurata, non più in base ad una media delle retribuzioni precedentemente percepite dal lavoratore ante illegittima…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- In caso di errori od omissioni nella dichiarazione
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10415 depos…
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…
- Prescrizione quinquennale delle sanzioni ed intere
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 11113 depos…
- L’utilizzo dell’istituto della compens
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 17116 depositata il 2…
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…