CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 giugno 2018, n. 14444
Tributi – Agevolazioni fiscali per l’acquisto della piccola proprietà contadina – Art. 7 della L. n. 604/1954 – Decadenza
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che la S.M.O. S.r.l. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte che aveva accolto l’appello dell’Agenzia contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Alessandria. Quest’ultima aveva accolto il ricorso della S.M.O. S.r.l. contro un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate aveva dichiarato la decadenza della società delle agevolazioni fiscali;
che nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che, in materia agraria e di agevolazioni fiscali, la normativa volta ad agevolare la permanenza dei contadini sul fondo non potrebbe spingersi sino a legittimare forme di elusione fiscale;
Considerato
che, il ricorso è affidato a due motivi;
che, con il primo motivo, la società contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: la CTR avrebbe leso il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato ed il diritto di difesa della contribuente, decidendo di applicare la normativa antielusiva al caso di specie, senza che ciò fosse stato oggetto di specifica impugnazione da parte dell’appellante;
che, con il secondo motivo, la contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.2, comma 4 bis, del D.L. n. 194/2009 e dell’art. 7 della L. n. 212/2000 , in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c : l’avviso di liquidazione emesso sarebbe illegittimo per erronea e/o carente motivazione e dunque l’iter logico seguito dai giudici di secondo grado risulterebbe errato; la cessione dell’affitto del fondo da parte della società contribuente al signor M., imprenditore agricolo professionale e amministratore della società medesima, non sarebbe stata idonea a far venir meno l’agevolazione fiscale;
che, il primo motivo è infondato;
che, da un lato, la diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso da parte del giudice d’appello rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado non costituisce vizio di extrapetizione, rientrando tale potere-dovere nelle attribuzioni del giudice dell’impugnazione, senza necessità, quindi, di specifica impugnazione o doglianza di parte, purché egli operi nell’ambito delle questioni riproposte con il gravame e lasci inalterati il petitum e la causa petendi, non introducendo nel tema controverso nuovi elementi di fatto (Sez. 1, n. 16213 del 31/07/2015);
che l’affermazione in ordine all’applicabilità della normativa antielusiva costituisce un obiter dictum della CTR – che non ha certo inteso applicarla al caso di specie – e che, pertanto, è inidonea a modificare il petitum o la causa petendi;
che in ogni caso dal testo della sentenza si evince come la CTR abbia analizzato le argomentazioni emerse nel corso del giudizio;
che, anche il secondo motivo non merita accoglimento;
che infatti, secondo un consolidato orientamento di questa Suprema Corte, l’art. 7 della L. 604/1954, laddove prevede la decadenza dalle agevolazioni fiscali per l’acquisto della piccola proprietà contadina, non ammette eccezioni soggettive o di altro genere, al di fuori di quelle esplicitamente previste dalla stessa legge (Sez. 5, n. 16076 del 26/06/2013; Sez. 5, n. 6115 del 16/03/2011);
che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo; che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in euro 4.000, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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