CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 luglio 2018, n. 18173
Violazione di varie norme del Codice della Strada – Periodi di guida senza le prescritte pause, con riposi giornalieri inferiori a quelli previsti – Verbale di accertamento adottato alla Direzione Provinciale del Lavoro – lncompetenza funzionale della DPL – Non sussiste – Duplice esigenza di garantire la sicurezza della circolazione e di tutelare i lavoratori addetti al settore dell’autotrasporto – Competenza a svolgere tali verifiche e ad irrogare le relative sanzioni appartiene anche all’ispettorato del lavoro
Svolgimento del processo
Il Giudice di Pace di Pordenone accoglieva l’opposizione proposta da M.T.B. e dalla “ditta M.” (datrice di lavoro del primo) avverso il verbale di contestazione (redatto come verbale di accertamento) n. 12405 dell’11.6.10 adottato alla Direzione Provinciale del Lavoro di Pordenone, recante la sanzione amministrativa di €.3.462,00 per la violazione di varie norma del C.d.S., essendo risultato (dai dischi cronotachigrafi custoditi in azienda) che l’autista B. effettuò in varie occasioni periodi di guida senza le prescritte pause, con riposi giornalieri inferiori a quelli previsti, ed analoghe infrazioni (artt. 6, 7, 8 C.d.S.).
Con sentenza n. 354/12 il giudice adito riteneva l’incompetenza funzionale della DPL, ritenendo competente il Ministero dell’Interno (e per esso la Prefettura di Pordenone); riteneva nullo il verbale di accertamento per carenza di motivazione in ordine alla non immediatezza della contestazione.
Avverso tale sentenza proponeva appello, dinanzi al Tribunale di Pordenone, il Ministero del Lavoro (DPL di Pordenone); resistevano B. ed il M..
Il Tribunale, con sentenza n. 724 del 21.8.13, in riforma della decisione impugnata, riteneva la competenza della DPL e rigettava il ricorso in opposizione avverso il verbale di accertamento n. 12405\10 emesso dalla locale DPL.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso il B. ed il M., affidato a due motivi.
Resistono con unico controricorso la Prefettura e la DPL di Pordenone.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo i ricorrenti espongono che dopo l’entrata in vigore del nuovo C.d.S. la legge ha inteso ripartire tra il Ministero dell’Interno e quello del Lavoro le competenze concernenti l’applicazione dei regolamenti CEE n. 3820/85 (poi sostituito dal Regolamento n 561/06) e 3821/85 le competenze inerenti i controlli su strada e quelli svolti all’interno delle imprese, sicché l’accertamento in questione, concernente la violazione degli artt. 192, 200 e 201 C.d.S., spettava senz’altro al Ministero dell’Interno.
Il motivo, che comunque neppure indica le norme di diritto che sarebbero state violate dalla sentenza impugnata e che peraltro suppone la violazione di norme poste a tutela del lavoratore autista, è inammissibile.
Ed invero deve premettersi che in tema di violazioni delle disposizioni previste dal C.d.S., l’esame dei registri di servizio e dei dischi cronotachigrafi installati sull’autoveicolo è finalizzato all’accertamento del rispetto dei limiti temporali dell’orario di lavoro e risponde, quindi, alla duplice esigenza di garantire la sicurezza della circolazione e di tutelare i lavoratori addetti al settore dell’autotrasporto, con la conseguenza che la competenza a svolgere tali verifiche e ad irrogare le relative sanzioni appartiene, oltre che ai soggetti normalmente preposti alla sicurezza stradale, anche all’ispettorato del lavoro (Cass. n. 20594/16). In particolare, in tema di violazioni delle disposizioni sui cronotachigrafi di cui ai regolamenti comunitari n. 3820 e 3821 del 1985, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice della strada, la competenza ad eseguire i controlli è stata ripartita, ai sensi dell’art. 2 del d.m. 12 luglio 1995, tra il Ministero dell’Interno e il Ministero del Lavoro, provvedendo, ai “controlli su strada”, la Polizia stradale e, ai “controlli nei locali delle imprese”, l’Ispettorato del lavoro (Cass. n. 900/11).
La censura in esame non chiarisce, e tanto meno documenta (in contrasto con gli artt. 366 e 369, co.2 n. 4 c.p.c.), le circostanze di accertamento delle relative violazioni ed i relativi contenuti, accertamenti che peraltro risultano, come emerge dalla sentenza impugnata (pag.8), essere successivamente avvenuti presso i locali dell’azienda.
2.- Con secondo motivo i ricorrenti censurano, per quanto è dato comprendere, la sentenza impugnata per carente motivazione circa la sussistenza di una adeguata giustificazione, contenuta nel verbale di contestazione, circa il ritardo, non meglio chiarito, con cui vennero contestati gli illeciti.
Il motivo è infondato, avendo il Tribunale accertato la complessità degli accertamenti svolti sui documenti e dati forniti dall’impresa M., conclusi il 7.6.10, risultando così tempestiva la notifica (31.7.10) del verbale di accertamento dell’11.6.10, rispettosa comunque sia dei termini di cui agli artt. 200 e 201 CdS, sia di cui all’art. 14 L. n. 689\81.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €. 200,00 per esborsi, €. 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e c.p.a. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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