CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 novembre 2018, n. 30282
Rapporto di lavoro – Modifica unilaterla della collocazione temporale della prestazione – Accordo – Prova – Violazione dei canoni di correttezza e buona fede
Rilevato
Che A. del B. s.p.a. propose appello avverso la sentenza emessa il 10.1.03 dal Tribunale di Trento, con la quale, in accoglimento del ricorso proposto da A.M. e C.F., era stato accertato che tra le parti era in essere un rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale per 80 ore quanto a C.F. e per 96 ore quanto al ricorrente A.M., con collocazione temporale della prestazione nella seconda metà di ogni mese; che i ricorrenti avevano diritto a mantenere la collocazione e sequenza turnaria della prestazione e che in difetto di loro consenso la modifica attuata ed unilateralmente imposta dall’azienda era illegittima e contraria ai canoni di correttezza e buona fede.
Che nella resistenza dei lavoratori, la Corte d’appello di Trento, con sentenza depositata il 14.1.2014, in riforma della sentenza impugnata respingeva le originarie domande, ritenendo non provata né oggetto di specifico accordo la collocazione temporale del lavoro nella seconda metà dei mesi (e secondo le turnazioni dedotte) compensando le spese.
Che per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso M.A. e F.C., che hanno successivamente provveduto alla nomina di nuovo difensore, affidato a tre motivi, cui resiste la società con controricorso.
Sono pervenute conclusioni scritte del P.M.
Considerato
Che i ricorrenti denunciano, in primo luogo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, n. 5, del c.c.n.l. di categoria, secondo cui le variazioni della collocazione temporale della prestazione, così come esposta in primo grado e convenuta, richiedeva il consenso dei lavoratori, che nella specie non vi fu, mentre il protrarsi per un decennio della collocazione temporale delle prestazioni, così come esposta, configurava una prassi consolidata, ovvero un accordo integrativo del contratto di assunzione.
Che, in secondo luogo, la sentenza impugnata era erronea essendosi basata sull’assenza di un accordo sulla collocazione temporale delle prestazioni che invece risultava sin dal primo prospetto (annuale) dei turni predisposti dall’azienda (corrispondenti a quelli sopra esposti) ed accettati, almeno per fatti concludenti, dai lavoratori.
Che infine la sentenza era erronea per non aver considerato che qualora nel contratto di assunzione part time non sia indicata la collocazione temporale della prestazione, vi provvede il giudice con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi (art. 8, co. 2, d.lgs n. 61/2000).
Che la Corte ritiene il ricorso fondato per avere la sentenza impugnata per un verso accertato che la lunga collocazione temporale della prestazione lavorativa nella seconda metà del mese era “pacifica” (pag.8 sentenza), in quanto del resto ininterrottamente osservata per molti anni (circa dieci), per altro verso affermato che la variazione della prestazione nella prima metà del mese, disposta ad un certo punto unilateralmente dalla società, rispondeva ad esigenze aziendali e non violava alcun accordo tra te parti, che invece doveva ritenersi esistente stante la decennale disposizione aziendale dei turni nella seconda metà del mese, accettata e osservata dai lavoratori, anche ex art. 1362, cpv, c.c.
Che il ricorso deve essere pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata, con l’accoglimento delle originarie domande, così come disposto dal Tribunale di Trento.
Le spese di lite del giudizio di appello e del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie le originarie domande, così come disposto dal Tribunale di Trento, anche quanto alle regolamentazione delle spese.
Condanna la società al pagamento delle spese del giudizio di appello, che liquida in €. 1.800 per compensi professionali ed €. 200 per esborsi, oltre che del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.200,00 per esborsi, €. 4.000,00 per compensi professionali, entrambe oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.
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