CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 luglio 2019, n. 20523
Licenziamento – Infermiera – Cartellino timbrato dalla collega – Sussistenza delle violazioni contestate – Accertamento
Svolgimento del processo
Con ricorso del 23.5.12 al Tribunale di Lecce, A. L. conveniva in giudizio la Casa di Cura ‘C. di Lecce’ s.r.l., per la quale aveva lavorato come infermiera sino al suo licenziamento del 22.5.07. Esponeva che il 26.4.07, dopo aver lavorato dalle ore 6,49 alle 19 circa, riceveva una telefonata del direttore infermieristico con cui era invitata a rientrare nella struttura ove le veniva contestato di aver lasciato il posto di lavoro prima delle 19 e che il suo cartellino era stato timbrato dalla collega A. M. Le veniva dunque imputato di aver posto in essere, il 23 e 26 aprile, dei raggiri, insieme alla collega M., finalizzati a far risultare la presenza nel luogo di lavoro anche dopo l’uscita dallo stesso. Successivamente le venivano contestati analoghi episodi accaduti rii, il 17 ed il 22 aprile.
Lamentava di essere stata licenziata con atto privo dei motivi del recesso e comunque senza il rispetto delle regole procedimentali di cui all’art. 7 L. n. 300/70, negando comunque i fatti contestati.
Il Tribunale rigettava il ricorso ritenendo prescritto il diritto della L. ad impugnare il licenziamento.
Proponeva appello la L.; resisteva la Casa di Cura.
Con sentenza depositata il 9.10.17, la Corte d’appello di Lecce, pur ritenendo non prescritto il diritto della L. ad impugnare il licenziamento, rigettava nel merito il gravame, avendo accertato la sussistenza dei fatti contestati e la loro riconducibilità all’ipotesi di licenziamento per giusta causa di cui all’art. 41 del c.c.n.I. di categoria. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la L., affidato a quattro motivi. Resiste la Casa di Cura con controricorso.
La L. ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere la sentenza impugnata minimamente esaminato la devoluta questione della violazione della procedura disciplinare di cui all’art. 7 L. n. 300/70, sotto vari profili tra cui l’ampliamento, rispetto alla contestazione disciplinare, dei fatti addebitati, la violazione del suo diritto di difesa, oltre che degli artt. 2104 e 2106 c.c.
Il motivo è fondato ed assorbe l’intero ricorso.
Ed invero dalla stessa sentenza impugnata risulta che la L., nel suo atto di gravame, ‘ribadiva tutte le eccezioni già sollevate circa la violazione delle norme procedurali previste dalla legge’ in materia di irrogazione del licenziamento disciplinare, senza tuttavia minimamente esaminarle, avendo solo escluso il verificarsi della prescrizione del diritto ad impugnare il licenziamento ed accertato, nel merito, la sussistenza delle violazioni contestate.
Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata sul punto e rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato per l’ulteriore esame della controversia in relazione alla censura accolta, oltre che per la regolazione delle spese, ivi comprese quelle inerenti il presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte d’appello di Bari.
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