CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 aprile 2020, n. 7907
Tributi – IRPEF – Agevolazioni – Soggetti colpiti dal Sisma in Sicilia del 1990 – Rimborso imposte trattenute dal sostituto d’imposta – Legittimità
Fatti di causa
l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza della CTR Sicilia Sezione di Catania n. 1827/17/16, depositata il 10/05/2016.
La vertenza è stata determinata dal contrasto sull’interpretazione dell’art. 9 comma 17 della legge n. 289 del 27 dicembre 2002 e dell’art. 1 comma 165 delle legge n. 190 del 2014. I giudici di merito avevano accolto la tesi del contribuente, D.S.G.. Questi, residente in zone della Sicilia orientale colpite dal sisma del dicembre 1990, aveva chiesto, senza esito, il rimborso dell’IRPEF per gli anni dal 1990 al 1992, corrisposto mediante ritenute alla fonte da parte del proprio sostituto d’imposta, la Banca Agricola Popolare di Ragusa.
L’Agenzia ha ritenuto e ritiene non essere il D.S., in quanto lavoratore dipendente, legittimato ad ottenere il rimborso, sul presupposto: a) che il condono riguardasse solo i soggetti che non avevano ancora versato l’imposta; b) che, comunque, il rimborso competesse soltanto ai soggetti che avevano “versato” il tributo, con esclusione quindi dei lavoratori dipendenti che, in quanto sostituiti, non avevano “versato” ma solo subito le ritenute da parte del sostituto.
L’amministrazione ha articolato il suo ricorso in relazione ai due motivi suindicati, entrambi riferiti all’art. 360 c. 1 n. 3 cpc.
Resiste il contribuente con controricorso e memoria.
Ragioni della decisione
L’Agenzia delle Entrate ha posto alla base del ricorso la tesi che l’art. 9 comma 17 delle legge 289 del 2002, in materia di ritenute d’acconto sui redditi da lavoro dipendente, ammettesse alla definizione agevolata esclusivamente i sostituti d’imposta con riferimento alle ritenute operate sui redditi di lavoro dipendente.
Conseguentemente, l’unico soggetto legittimato a chiedere il rimborso di quanto indebitamente versato sarebbe, appunto, il sostituto d’imposta con esclusione del “sostituito”, non titolato nemmeno a presentare la relativa istanza.
Tale tesi non può essere condivisa.
La giurisprudenza di questa Corte, che s’intende ribadire, ha ritenuto trovi applicazione, anche al caso di specie, l’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, in base al quale sono legittimati a richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario, sia il soggetto che ha effettuato il versamento (c.d. sostituto d’imposta), sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (c.d. sostituito). Infatti, l’art. 9 comma 17 delle legge 289 del 2002, che consente al contribuente di recuperare il 90% di quanto dovuto e versato per imposte, è da ritenersi deroghi al principio per cui la sanatoria generalmente non comporta la possibilità di ottenere rimborsi dallo Stato. La disposizione in esame, con riferimento ai lavoratori dipendenti residenti nella zona colpita, al momento del sisma, risponde, infatti, ad una logica del tutto particolare e diversa rispetto agli altri provvedimenti di sanatoria, mirando ad indennizzare i soggetti coinvolti in eventi calamitosi, ragion per cui la legittimazione spetta al soggetto passivo d’imposta in senso sostanziale e non al sostituto d’imposta, come invece ritenuto dall’Ufficio. (Cass. Sez.6-5, Ordinanza n. 18905/2016).
Peraltro, la legittimazione del sostituito ha trovato conferma anche nell’art. 16-octies del d.l. n. 91 del 2017 (conv., con modif., dalla l. n. 123 del 2017) che, incidendo sulla modalità di esecuzione del rimborso, ha incluso tra i beneficiari dello stesso i titolari di redditi di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite. (Sez. 6-5, Ordinanza n. 29039 del 05/12/2017).
Inoltre, tale ius superveniens, attuato con l’apposito provvedimento direttoriale previsto dalla legge, non incide sulla questione della quale è investita la Corte con il ricorso in esame, ovvero del diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, quale è la contro ricorrente, operando i limiti delle risorse stanziate (e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle Entrate) soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza (Sez. 6-5, Ordinanza n. 4291 del 22/02/2018, in motivazione).
Il ricorso è pertanto da rigettare. Alla soccombenza segue la condanna alle spese di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna l’agenzia delle Entrate a rifondere al ricorrente le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 1.200,00.
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