AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 27 maggio 2020, n. 152
Articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
L’Istante rappresenta di essere proprietaria di una unità immobiliare riconducibile alla categoria C2..
L’Istante intende, ricevute le dovute autorizzazioni dagli uffici competenti, cambiare la destinazione d’uso della suddetta unità immobiliare, suddividendola in tre unità immobiliari di categoria A/3 (abitazioni).
Successivamente al mutamento della destinazione d’uso, l’Istante ha intenzione di alienare le abitazioni, convenendo contrattualmente che le necessarie opere di ristrutturazione e risanamento conservativo rimangano a totale carico dei potenziali acquirenti.
L’Istante chiede se gli eventuali atti di cessione delle tre unità immobiliari siano idonee a configurare un’attività imprenditoriale e, in caso negativo, se generano una plusvalenza imponibile.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Secondo l’Istante, gli atti di cessione non realizzano una plusvalenza, atteso che il termine quinquennale, previsto dall’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, ha riguardo alla data di acquisizione dell’immobile, pervenuta, tra l’altro, nel caso di specie, per successione.
L’Istante esclude altresì, che, nella fattispecie in esame, sia configurabile l’esercizio di un’attività imprenditoriale, posto che, per il mutamento della destinazione urbanistica dell’immobile, non occorrono “interventi di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia di rilevanza economica, ma solo i necessari interventi strutturali atti a consentire l’ottenimento del mutamento di destinazione d’uso e il conseguente accatastamento”.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 67, comma 1 lett. b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) prevede che sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.
Pertanto, presupposto per la tassazione della plusvalenza nell’ambito dei redditi diversi è che l’attività posta in essere dalla persona fisica non sia idonea a configurare l’esercizio di impresa commerciale, ai sensi dell’articolo 55 del TUIR.
A tal riguardo, l’articolo 55, comma 1, del TUIR dispone che “sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c., e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d’impresa”.
Ai fini del reddito d’impresa, quindi, affinché si configuri l’attività commerciale è necessario che l’attività svolta sia caratterizzata dalla professionalità “abituale”, ancorché non esclusiva e, in mancanza di tale elemento, l’attività commerciale esercitata “occasionalmente” è produttiva di un reddito inquadrabile nella categoria dei redditi diversi. Ed infatti, secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, la qualifica di imprenditore può essere attribuita anche a chi semplicemente utilizzi e coordini un proprio capitale per fini produttivi.
L’esercizio dell’impresa, inoltre, può esaurirsi anche con un singolo affare in considerazione della sua rilevanza economica e delle operazioni che il suo svolgimento comporta e, a tal fine, “non rileva che le opere eseguite siano qualificabili quali opere di risanamento conservativo”.(cfr. risoluzione del 20 giugno 2002, n. 204/E)
Sulla base del citato orientamento giurisprudenziale, in conformità a quanto già chiarito nella citata risoluzione n. 204/E del 2002, si ritiene che, nel caso di specie, gli interventi di tipo strutturale e cioè le “opere di ristrutturazione e risanamento conservativo” sono atti necessari affinché le tre unità immobiliari siano considerate oggettivamente idonee all’uso abitativo e prodromici a richiedere il cambiamento della destinazione d’uso dell’unità immobiliare di categoria C/2 per la realizzazione di tre immobili di categoria A/3. L’insieme degli atti posti in essere e unitariamente considerati configurano, quindi, un comportamento logicamente e cronologicamente precedente l’atto di cessione e strumentale rispetto all’incremento di valore, che evidenzia l’intento di realizzare un arricchimento (lucro).
In altri termini, l’attività compiuta dall’Istante deve considerarsi imprenditoriale dal momento che l’intervento sull’immobile originariamente C3 di cui è proprietaria, risulta finalizzato non al proprio uso o a quello della propria famiglia, bensì alla vendita (delle tre abitazioni) a terzi, previo ottenimento del cambiamento della destinazione d’uso, avvalendosi di un’organizzazione produttiva idonea e svolgendo un’attività protrattasi nel tempo (cfr. risoluzione n. 204/E del 2002).
Ne consegue che il reddito generato dalla vendita delle suddette unità immobiliari deve essere considerato imponibile quale reddito rientrante nella categoria dei redditi di impresa di cui all’articolo 55 e successivi del TUIR.
Per completezza, si precisa che la detrazione per le spese di recupero del patrimonio edilizio di cui all’articolo 16-bis del TUIR, spetta ai soggetti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, gli immobili oggetto degli interventi e che sostengano le relative spese. Tra tali soggetti rientrano i proprietari o i nudi proprietari; nonché il futuro acquirente, se è stato stipulato un contratto preliminare di vendita dell’immobile regolarmente registrato (cfr. circolare del 31 maggio 2019, n. 13).
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