Corte di Cassazione ordinanza n. 12836 depositata il 22 aprile 2022
ricorso in cassazione – accertamento induttivo – antieconomicità – omesso esame
M.A. impugnò l’avviso con cui era stato accertato induttivamente, per l’anno 2008, un maggior reddito ai fini dell’Irpef, dell’IRAP e dell’IVA.
L’adita Commissione tributaria provinciale accolse il ricorso, annullando l’atto impositivo, ma la decisione, appellata dall’Agenzia delle entrate, è stata integralmente riformata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione tributaria regionale della Campania ( d’ora in poi C.T.R.).
Il giudice di appello, in particolare, riteneva che il comportamento antieconomico del contribuente fosse elemento decisivo da cui dedurre l’inattendibilità delle scritture contabili, integrante per se stesso la grave incongruenza legittimante la rettifica induttiva, con conseguente inversione dell’onere della prova in capo al contribuente il quale nulla aveva provato, limitandosi a fornire generiche e vaghe giustificazioni.
Avverso la sentenza M.A. ha proposto, affidandosi a due motivi, ricorso cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate.
Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art.380 bis-1 cod.proc.civ., alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, 5 cod.proc.civ., l’omesso esame di un fatto decisivo, la nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi del n.4 del citato articolo 360, e la violazione e la falsa applicazione di varie disposizioni di legge, ai sensi del n.3 del primo comma dell’art.360 cod.proc.civ. In sintesi, il ricorrente si duole che la C.T.R. abbia omesso di esaminare (ovvero di pronunciare su) quattro doglianze decisive per il giudizio e, nello specifico, la mancata attivazione del contraddittorio preventivo, l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, l’adeguamento dei ricavi al risultato degli studi di settore e la prevalenza degli stessi rispetto alle presunzioni semplici di cui all’art.38 del d.P.R. n.600 del 1973 e la violazione degli articoli 39, primo comma, lett.d), 54 del d.P.R. n.633 del 1972, dell’art.2729 cod.civ. e la metodologia di calcolo dei maggiori ricavi.
1.1 La censura è ammissibile alla luce della giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, secondo cui <<in tema di ricorso per cassazione, l’inammissibilità della censura per sovrapposizione di motivi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, c.p.c., può essere superata se la formulazione del motivo permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, di fatto scindibili, onde consentirne l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati>> (Cass.Sez. Un, n. 9100 del 2015; id n. 26790 del 2018, e di recente, Cass.Sez.1 n.39169 del 09/12/2021).
12 Procedendo, quindi, alla trattazione delle censure afferenti a una dedotta omessa pronuncia le stesse sono Va, in primo luogo, rammentato che la deduzione dell’errar in procedendo, per violazione dell’art.112 cod.proc.civ. è configurabile con riferimento alle sole domande di merito e tale non può ritenersi sicuramente la deduzione relativa alla dedotta inammissibilità dell’appello. Inoltre, secondo la giurisprudenza assolutamente consolidata di questa Corte, ribadita, di recente, da Cass. n.24953 del 06/11/2020, non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione.
1.3 Nel caso in esame, la C.T.R. ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, dando atto delle controdeduzioni svolte in quella sede dal contribuente, decidendo sulla legittimità e fondatezza della pretesa tributaria per cui appare evidente che abbia inteso implicitamente rigettare tutte le contrarie eccezioni e deduzioni svolte dal legge.
1.4 Ritenuta inammissibili anche le censure formulate ai sensi del num.5 del primo comma dell’art.360 proc.civ., laddove non si evidenziano “fatti” nell’accezione di cui alla norma invocata, il cui esame sia stato omesso, ad eccezione di quella di cui si dirà infra, possono essere vagliate le dedotte violazioni di legge.
1.5 Con riguardo all’omessa attivazione del contraddittorio preventivo va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 24823 del 09/12/2015, hanno statuito il principio per cui in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito. Nel caso in esame, all’epoca in cui fu emesso l’avviso di accertamento non sussisteva uno specifico obbligo per i tributi non armonizzati, mentre con riferimento all’IVA neppure, con l’odierno ricorso, il contribuente deduce le ragioni che avrebbe potuto far valere in quella sede.
1.6.Eguale considerazione va svolta in ordine all’eccepita inammissibilità dell’appello per difetto di specificità, risultando, dalla stessa sentenza impugnata, che l’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria investiva specificamente la decisione assunta in primo grado.
1.7 Con riferimento, invece, alla dedotta violazione dell’ art.39, primo comma, d), del d.P.R. n.600 del 1973 va ribadito il principio, altrettanto consolidato, secondo cui l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni (cfr.Cass. n.26036 del 30/12/2015; n. 21128 del 22/07/2021).
1.8 Nella fattispecie, la T.R., nel rilevare la legittimità dell’accertamento induttivo posto in essere dall’Amministrazione finanziaria, ha fondato la sua decisione sull’antieconomicità dell’attività di impresa senza compiutamente esaminare tutti gli elementi in fatto allegati dal contribuente (riportati, in ossequio al principio di autosufficienza, in ricorso) limitandosi ad affermare, apoditticamente, la genericità delle difese.
2. L’accoglimento di tale censura, comportante la cassazione sul punto della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame al giudice di merito, comporta l’assorbimento del secondo motivo -rubricato: violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed errar in procedendo, ex 360 nn.3 e 4 c.p.c.; violazione e falsa applicazione degli artt.39 primo comma lett.d) e secondo comma del d.P.R. 600/73, 54 del DPR 633/72, 2697 E 2729 del c.c., 62-sexies del D.L. 331793, 53 e 111 della Costituzione. 115 e 116 del e.p.c.. Insussistenza della condotta antieconomica e difetto motivazionale dell’atto impositivo- con cui il ricorrente si duole che il giudice di appello abbia ritenuto che l’Ufficio avesse constatato una effettiva condotta antieconomica, erroneamente interpretando e applicando il concetto di antieconomicità.
3. In conclusione, accolto nei termini e nei limiti sopra illustrati, il primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata, per quanto in motivazione, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa compos121one, che provvederà al riesame e a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie, parzialmente, il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa, nei limiti del motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania (Napoli), in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 15030 depositata il 29 maggio 2023 - Il principio di non contestazione, applicabile anche al processo tributario, trova qui in ogni caso un limite strutturale insito nel fatto che l’atto impositivo non è l'atto…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 20962 del 1° luglio 2022 - Nel riparto ed il contenuto dell'onere della prova in materia di inerenza spetta al contribuente l'onere della prova "originario", che quindi si articola ancora prima dell'esigenza di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 02 aprile 2021, n. 9182 - In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l'indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 11392 depositata il 2 maggio 2023 - In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l'indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 agosto 2022, n. 25288 - L'onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall'art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c., qualunque sia il tipo di errore…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 03 ottobre 2022, n. 28575 - L'onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall'art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c., qualunque sia il tipo di…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- In caso di errori od omissioni nella dichiarazione
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10415 depos…
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…
- Prescrizione quinquennale delle sanzioni ed intere
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 11113 depos…
- L’utilizzo dell’istituto della compens
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 17116 depositata il 2…
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…