CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 37280 depositata il 20 dicembre 2022
Tributi – Avviso di accertamento – Omessa dichiarazione i.c.i. – Aree di natura demaniale – Esenzione dall’i.c.i. delle strutture dell’area portuale destinata al traffico marittimo o alle operazioni strettamente necessarie allo svolgimento di attività aeroportuali – Accoglimento
Rilevato
1. L’Agenzia del Demanio ha impugnato l’avviso di accertamento, notificatole dal Comune di G.T., per l’omessa dichiarazione i.c.i. in ordine all’anno 2004, relativamente alle unità immobiliari costituenti l’area portuale, eccependo la carenza del presupposto d’imposta o, comunque l’esenzione ex art. 7, comma 1, lett.a, d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che le aree oggetto dell’accertamento sono tutte di natura demaniale e vincolate ai pubblici usi del mare, sicché non sono utilizzabili né a fini edificatori, né a fini agricoli.
2. Il ricorso è stato rigettato in primo grado, con sentenza confermata in appello. Nella sentenza della Commissione tributaria regionale si legge che “dalla documentazione in atti non si evince che le aree siano utilizzate per fini diversi da quelli commerciali”.
3. L’Agenzia del Demanio ha proposto ricorso per cassazione, formulando quattro motivi.
4. Ha resistito il Comune di G.T., eccependo, in via preliminare, la decadenza dall’impugnazione, essendo stato notificato il ricorso oltre il termine di sei mesi di cui all’art. 327 cod.proc.civ.; l’improcedibilità per il mancato deposito dei documenti richiamati nel ricorso e l’inammissibilità per difetto di auto-sufficienza.
5. Fissata l’adunanza camerale del 2 dicembre 2022, la causa è stata trattata in camera di consiglio.
Considerato
1. In via preliminare va disattesa l’eccezione di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 cod.proc.civ., visto che, in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla l. n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dopo il 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (v., per tutte, Sez. 6 – 3, n. 37750 del 1/12/2021, Rv. 663338 – 01, secondo cui, in applicazione di tale principio, ai fini del computo del termine per il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che ha dichiarato inammissibile la revocazione ex art. 395 comma 1, n. 3, c.p.c., deve aversi riguardo all’originario atto introduttivo, venendo in considerazione pur sempre un mezzo di impugnazione, sia pure di carattere straordinario). Ne consegue che, nel caso di specie, in cui l’atto impugnato è del 2007, il giudizio di primo grado è stato introdotto nel 2007 ed il giudizio di appello nel 2009, si applica la previgente disciplina, per cui il ricorso per cassazione, notificato in data 21 ottobre 2019, avverso la sentenza del 21 settembre 2018, nel termine annuale, originariamente previsto dall’art. 327 cod.proc.civ., a cui si aggiunge il periodo di sospensione ferale, è tempestivo. Parimenti vanno rigettate le eccezioni di improcedibilità ex art. 369 cod.proc.civ. e di inammissibilità per difetto di autosufficienza. In proposito va, in primo luogo, ribadito che, in tema di giudizio per cassazione, per i ricorsi avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (i quali, ex art. 25, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ed ex art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poiché detto fascicolo è già acquisito a quello d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla S.C. ex art. 369, comma 3, c.p.c., a meno che la predetta parte non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria; neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte (Sez. 5, n. 28695 del 30/11/2017, Rv. 646230 – 01).
Occorre, inoltre, aggiungere che il ricorso è autosufficiente, in quanto trascrive il contenuto dell’atto di appello e del documento più rilevante a cui si rinvia.
2. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 n. 4, cod.proc.civ., la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., atteso che la Commissione tributaria regionale non si è pronunciata sui profili dedotti nel motivo di gravame proposto, trascritto nel presente ricorso, in cui si è evidenziato che nell’avviso di accertamento le aree sono indicate come fabbricabili, mentre si tratta di aree destinate alla fascia di rispetto ferroviaria o stradale, alla linea ferrata, alla stazione, alle strade, ai caselli ferroviari o ai canali di irrigazione, agli arenili, ad alloggi di edilizia economica e polare ceduti nel 2003 all’ATERP di Reggio Calabria.
3. Con il secondo motivo di ricorso si è lamentata, ai sensi dell’art. 360 n. 4, cod.proc.civ., la carenza o apparenza della motivazione.
4. Con il terzo motivo di ricorso si è denunciata, ai sensi degli artt. 360 n. 3 e 4, cod.proc.civ., la violazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., atteso che dalla documentazione prodotta (in particolare dal verbale redatto in contraddittorio con il Comune in data 4 settembre 2008, trascritto, ai fini dell’autosufficienza nel ricorso) si evince che le aree oggetto dell’avviso di accertamento sono demaniali, prive di vocazione edificatoria, o sono oggetto di concessione.
5. Con il quarto motivo si è lamentata, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod.proc.civ., la violazione dell’art. 7, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione all’art. 822 cod.civ., 28 cod.nav., 3, 4 e 16 della l. n. 84 del 1994, atteso che la destinazione commerciale, valorizzata dalla sentenza impugnata, non esclude la funzionalità all’attività portuale, secondo l’ampia nozione ricavabile dalla l. n. 84 del 1994, e conseguentemente l’esenzione dell’imposta ed atteso che la M. s.p.a., a cui l’Autorità portuale ha dato in concessione le aree demaniali comprese nell’area portuale, non gestisce un’attività commerciale qualsiasi, ma il servizio di movimentazione e traffico merci e, cioè, la funzione primaria del porto.
6. Il secondo motivo risulta pregiudiziale rispetto a tutti gli altri e merita accoglimento, in quanto la motivazione della presente sentenza consiste nella enunciazione di una serie di principi generali ed astratti (l’esenzione dall’i.c.i. delle strutture dell’area portuale destinata al traffico marittimo o alle operazioni strettamente necessarie allo svolgimento di attività aeroportuali; l’assoggettamento ad i.c.i. di aree utilizzate per usi diversi, che presentino autonomia struttura e funzionale; la soggettività passiva del concessionario – e, quindi, non del concedente titolare – nell’ipotesi di concessione di aree demaniali) che, pur corretti, non vengono, tuttavia, collegati alla presente fattispecie concreta con alcuno specifico passaggio motivazionale, essendosi la Commissione tributaria regionale limitata ad osservare che “dalla documentazione in atti non si evince che le aree siano utilizzate per fini diversi da quelli commerciali”, senza alcuna precisazione né sul contenuto dei documenti esaminati, né sul tipo di aree oggetto dell’avviso di accertamento e sulla loro titolarità ed utilizzazione, nonostante le difese dell’Agenzia del demanio, che, ad esempio, ha allegato essere destinate alcune aree oggetto dell’avviso di accertamento alla fascia di rispetto ferroviaria o stradale o essere state cedute altre aree, già nel luglio 2003, ad altro ente per la realizzazione degli alloggi popolari. Invero, ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture – v., ad esempio, Sez. 6 – 5, n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145 – 01, che, in applicazione del principio, ha ritenuto affetta da tale vizio la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile l’appello perchè tardivo, senza indicare la documentazione esaminata e la valenza probatoria della stessa ai fini della decisione assunta).
7. In accoglimento di tale motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado della Calabria, alla quale va demandata anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
La Corte, in diversa composizione, deciderà, tenendo conto – relativamente alle aree portuali dell’orientamento ormai consolidato secondo cui sono assoggettate all’ICI le aree scoperte funzionali all’attività dei concessionari di beni demaniali portuali, ove dette aree siano necessarie per lo svolgimento della relativa attività commerciale, esercitata in forma concorrenziale (Sez. n. 8536 del 27/03/2019, Rv. 653526 – 01). Difatti, l’imposizione ICI sulle aree portuali è fondata sul criterio della funzione (attività libero-imprenditoriale) e non sul criterio di ubicazione, con la conseguenza che il censimento catastale delle stesse impone l’accertamento non già della loro localizzazione, bensì dell’esercizio dell’attività secondo parametri imprenditoriali, restando invece irrilevante l’interesse pubblico al suo svolgimento (Sez. 5, n. 23067 del 17/09/2019, Rv. 655054 – 01, che ha escluso che gli immobili costituenti un terminal portuale adibito al deposito e alla movimentazione di merce, oggetto di concessione demaniale marittima, fossero compresi in categoria E/1 e fossero perciò soggetti all’esenzione ICI di cui all’art. 7, comma 1, lett. b, del d.lgs. n. 504 del 1992; v. anche, Sez. 5, n. 34675 del 30/12/2019, Rv. 656424 – 01, secondo cui le aree portuali anche demaniali sono classificabili nella categoria “E” di cui all’art. 2, comma 40, del d.l. n. 262 n. 2006, conv. in l. n. 286 del 2006, se aventi caratteristiche tipologico-funzionali tali da renderle estranee ad ogni uso commerciale o industriale e non anche se presentino autonomia funzionale e reddituale riveniente dal loro concreto impiego per scopi imprenditoriali di siffatta natura, a nulla valendo, in senso contrario, l’art. 1, comma 578, della l. n. 205 del 2017, secondo cui le banchine, le aree portuali scoperte ed i relativi depositi strettamente funzionali alle operazioni ed ai servizi portuali non doganali costituiscono immobili a destinazione particolare, da censire in catasto nella categoria E/1, anche se affidati in concessione a privati, trattandosi di disposizione espressamente valevole solo per il futuro dal 1° gennaio 2020). In definitiva, in tema di ICI, ai fini del classamento di un immobile nella categoria E, come previsto dall’art. 2, comma 40, del d.l. n. 262 n. 2006, conv. in l. n. 286 del 2006, è necessario che lo stesso presenti caratteristiche tipologico-funzionali tali da renderlo estraneo ad ogni uso commerciale o industriale, con la conseguenza che le aree portuali non sono classificabili in detta categoria se in concreto destinate a tali finalità (Sez. 5, n. 10674 del 17/04/2019, Rv. 653540 – 01)
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia di secondo di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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