La Corte di Cassazione sez. Penale con la sentenza n. 27207 del 20 giugno 2013 ha statuito che risponde del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, a titolo di concorso, il consulente aziendale che è a conoscenza dei propositi distrattivi dei vertici della società e che contribuisce a porli in essere.
I giudici della Corte Suprema hanno confermato la condanna inflitta dalla Corte di Appello ad un professionista, ritenuto parte attiva di un’operazione di affitto d’azienda, finalizzata a trasferire la disponibilità del bene locato a un altro soggetto giuridico di cui egli stesso era amministratore a discapito dei creditori della società poi fallita.
Gli Ermellini nelle motivazioni ha confermato l’orientamento, ormai consolidato della Corte, secondo cui “integra il concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, il consulente della società che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore e degli amministratori della società, concorra all’attività distrattiva posta in essere da questi ultimi progettando e portando ad esecuzione la conclusione dei contratti (nella specie affitto di azienda) privi di effettiva contropartita e preordinati ad avvantaggiare i soci a scapito del creditori” (cfr. Cass. n. 10742/2008). I Giudici di legittimità hanno anche sostenuto che “in tema di reati fallimentari, i consulenti, commercialisti o esercenti la professione legale concorrono nei fatti di bancarotta quando, consapevoli dei propositi distrattivi dell’imprenditore o degli amministratori della società, forniscono consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assistano nella conclusione dei relativi negozi ovvero ancora svolgano attività dirette a garantire l’impunità o a favorire o rafforzare, con il proprio ausilio o con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui proposito criminoso” (cfr. Cass. n. 569/2003). Infine i giudici della Suprema Corte hanno anche precisato che “il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito (con conseguente depauperamento in danno del creditori), in cui si concreta l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate in favore della curatela. Ne consegue che costituisce condotta idonea ad integrare un fatto distrattivo riconducibile all’area d’operatività dell’art. 216, comma primo, n. 1, legge fall., l’affitto dei beni aziendali per un canone incongruo”.
Gli Ermellini nelle motivazioni ha confermato l’orientamento, ormai consolidato della Corte, secondo cui “integra il concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, il consulente della società che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore e degli amministratori della società, concorra all’attività distrattiva posta in essere da questi ultimi progettando e portando ad esecuzione la conclusione dei contratti (nella specie affitto di azienda) privi di effettiva contropartita e preordinati ad avvantaggiare i soci a scapito del creditori” (cfr. Cass. n. 10742/2008). I Giudici di legittimità hanno anche sostenuto che “in tema di reati fallimentari, i consulenti, commercialisti o esercenti la professione legale concorrono nei fatti di bancarotta quando, consapevoli dei propositi distrattivi dell’imprenditore o degli amministratori della società, forniscono consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assistano nella conclusione dei relativi negozi ovvero ancora svolgano attività dirette a garantire l’impunità o a favorire o rafforzare, con il proprio ausilio o con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui proposito criminoso” (cfr. Cass. n. 569/2003). Infine i giudici della Suprema Corte hanno anche precisato che “il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito (con conseguente depauperamento in danno del creditori), in cui si concreta l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate in favore della curatela. Ne consegue che costituisce condotta idonea ad integrare un fatto distrattivo riconducibile all’area d’operatività dell’art. 216, comma primo, n. 1, legge fall., l’affitto dei beni aziendali per un canone incongruo”.
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