AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 01 ottobre 2021, n. 643
Applicazione del meccanismo di reverse charge alle cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato – IVA – art. 17, sesto comma, lettera c) d.p.r. n. 633/72
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
“Alfa” S.p.A. (di seguito “istante” e/o “Società”) ha presentato istanza di interpello ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. a), della Legge n. 212 del 2000 al fine di avere chiarimenti in relazione alla corretta interpretazione delle disposizioni di cui all’art. 17, sesto comma, lettera c) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
La Società svolge l’attività di distributore di prodotti IT (hardware, software e servizi) ed elettronica di consumo. La clientela è composita, essendo costituita dalle diverse tipologie di rivenditori di informatica presenti nei mercati di riferimento ovvero dai rivenditori a valore aggiunto (c.d. VAR) ai system integrator/corporate reseller, dai dealer agli shop (indipendenti e/o affiliati), dagli operatori della grande distribuzione, generalista e/o specializzata, ai sub distributori. La Società vende all’ingrosso prodotti che appartengono alla categoria IT di cui al codice Ateco 46.51.00 ed opera nella fase distributiva che precede l’attività di commercio al dettaglio. Nel seguito vengono esposte alcune fattispecie ricorrenti in relazione alle quali l’istante chiede l’interpretazione.
CASO 1
Accade che alcuni clienti rivenditori – soggetti passivi IVA – chiedano di acquistare tablet e/o laptop (anche detti “notebook”) e/o console da gioco ed all’atto dell’acquisto comunichino alla Società che il bene viene acquistato per finalità differenti dalla rivendita (ad esempio, per essere direttamente utilizzato come bene strumentale proprio). In tali operazioni, quindi, il cliente, soggetto passivo iva, dichiara che l’operazione di acquisto di bene non rientra nella fase distributiva e il cessionario diventa utilizzatore finale.
CASO 2
La Società acquista da un fornitore prodotti assoggettati al reverse charge di cui all’art. 17, sesto comma, lettera c), d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (quali ad es. notebook) e prodotti ad essi connessi (ad es., cavi, adattatori, monitor, port replicator).
Questi prodotti (notebook unitamente a monitor, adattatore e cavi di rete) possono essere inseriti all’interno del medesimo ordine di acquisto oppure in ordini diversi. A prescindere dal fatto che i prodotti siano inseriti nello stesso ordine o meno, il fornitore può spedire i prodotti con le seguenti modalità:
– consegne separate (ad es., una spedizione contenente solo i notebook e una spedizione relativa ai monitor, agli adattatori e/o ai cavi di rete); oppure
– più spedizioni contenenti ciascuna un certo numero di notebook ed un certo numero, diverso o uguale rispetto ai notebook, di monitor adattatori e/o cavi di rete; oppure
– una consegna unica.
In sintesi, quindi, ci possono essere le seguenti situazioni:
– un unico ordine (di notebook, monitor, adattatori, cavi di rete) consegnato con un’unica spedizione alla Società; oppure
– un unico ordine (di notebook, monitor, adattatori, cavi di rete) consegnato fisicamente alla Società separatamente con più spedizioni; oppure
– ordini tutti separati (uno relativo ai notebook, uno ai monitor e altri ordini distinti per adattatori, cavi di rete) consegnati con un’unica spedizione alla Società;
oppure
– ordini tutti separati (uno relativo ai notebook, uno ai monitor e altri ordini distinti per adattatori, cavi di rete) consegnati fisicamente alla Società con più spedizioni.
A prescindere da come siano stati effettuati gli ordini (unico o separati) e da come siano avvenute le consegne (unica o multiple), i notebook e gli altri prodotti (i monitor, gli adattatori e/o i cavi di rete) sono tutti inseriti in scatole separate, ognuna con un suo codice articolo e listino prezzi, tutte vendibili anche separatamente.
Una volta acquisita la proprietà dei prodotti in esame, la loro successiva cessione da parte della Società può avvenire in modalità differenti, precisamente:
– i notebook e gli altri prodotti (monitor, adattatori e/o cavi di rete ) possono essere ceduti a un medesimo cliente con consegna unica o consegne multiple e non necessariamente, comunque, nella proporzione di 1 a 1 (quindi ad esempio non necessariamente “10 notebook + 10 monitor + 10 cavi + 10 adattatori” ma è possibile invece anche una vendita del tipo “10 notebook + 30 cavi + 2 adattatori + 3 monitor”).
Anche nel caso in cui i prodotti (notebook, monitor, adattatori, cavi di rete ) siano stati acquistati dalla Società con un unico ordine di acquisto, in proporzione di 1 a 1 (ad esempio un notebook, un monitor, un cavo di rete e un adattatore), e siano stati spediti dal fornitore con un’unica consegna, è possibile che poi la successiva rivendita da parte della Società nei confronti dei suoi clienti sia fatta separando i prodotti.
CASO 3
La Società deve effettuare una cessione nel territorio dello stato (cessione domestica) a un cliente soggetto passivo non residente in Italia e senza stabile organizzazione di prodotti ricompresi nell’elenco di cui all’art. 17, sesto comma, lettera c) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
CASO 1
La Società fa presente che l’Amministrazione finanziaria nei propri atti amministrativi si è pronunciata in merito all’applicazione dell’articolo 17, sesto comma, lettera c) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 con diverse pronunce di prassi, precisamente con riferimento ai telefoni cellulari (risoluzione n. 36/E del 31 marzo 2011) e con riferimento alle console da gioco, ai tablet PC e ai laptop (circolare n. 21/E del 25 maggio 2016).
Nell’ultima pronuncia di prassi relativa alla tematica in esame, precisamente la circolare n. 21/E del 25 maggio 2016, sono evidenziate le finalità della norma ovvero la necessità di rispondere all’esigenza di affrontare il diffondersi di fenomeni fraudolenti, specie in alcuni particolari settori manifestamente più a rischio, regolando direttamente l’applicazione del meccanismo del reverse charge. Le medesime argomentazioni sono esplicitate anche nella precedente circolare 59/E del 23 dicembre 2010, nella quale si precisa che il meccanismo del reverse charge “eliminerebbe la possibilità di praticare questo tipo di evasione fiscale che si verifica, di regola, nelle cessioni che precedono il commercio al dettaglio, nel quale i beni sono ceduti all’ultimo cessionario ossia all’utilizzatore finale del ciclo distributivo”.
La circolare 21/E del 25 maggio 2016, nel qualificare i soggetti esclusi dalla disciplina, si precisa che il meccanismo del reverse charge trova applicazione «per le sole cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio, analogamente a quanto già precisato dalla scrivente con la circolare n. 59/E del 2010 e la risoluzione n. 36/E del 2011». Viene poi chiarito nel medesimo documento che «il meccanismo dell’inversione contabile per le fattispecie in esame non trova applicazione per la fase del commercio al dettaglio la cui attività, è di regola, caratterizzata da una frequenza tale da rendere particolarmente onerosa l’osservanza dell’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile in ragione della qualità di soggetto passivo del cessionario-cliente. Diversamente, per le cessioni dei beni in argomento che si verificano in tutte le fasi di commercializzazione precedenti la vendita al dettaglio, il destinatario della cessione, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, è obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente». Se da una parte, quindi, nella circolare si prevede l’applicazione del meccanismo del reverse charge in tutte le fasi di commercializzazione precedenti la vendita al dettaglio, dall’altra si richiamano alcuni precedenti documenti di prassi, ovvero la circolare 59/E del 23 dicembre 2010 e la risoluzione n. 36/E del 31 marzo 2011, nei quali era indicata la disapplicazione del meccanismo del reverse charge anche alle cessioni nei confronti di cessionari-utilizzatori finali. Infatti, nella risoluzione n. 36/E del 31 marzo 2011 avente ad oggetto il reverse charge relativamente alle cessioni di telefoni cellulari e dispositivi a circuito integrato, codesta Agenzia aveva precisato che l’esclusione dall’obbligo di reverse charge è applicabile:
– alle cessioni effettuate dai soggetti che esercitano attività di commercio al dettaglio, operazione nella quale i cessionari sono di regola “utilizzatori finali”, nonché
– alle cessioni effettuate dai soggetti diversi da quelli di cui all’art. 22 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, purché eseguano le cessioni dei beni in argomento direttamente nei confronti di cessionari-utilizzatori finali.
Dello stesso tenore la circolare 59/E del 23 dicembre 2010 nella quale viene chiarito che l’obbligo del meccanismo dell’inversione contabile trova applicazione per le sole cessioni effettuate nella fase che precede il commercio al dettaglio quest’ultimo «caratterizzato per la destinazione del bene al cessionario-utilizzatore finale, ancorché soggetto passivo».
Nella fattispecie descritta e oggetto del presente interpello, pertanto, ove il cessionario dichiari che i beni oggetto di compravendita sono destinati all’utilizzo diretto (e non quindi alla rivendita a terzi) e di conseguenza il cessionario diventa utilizzatore finale, si ritiene corretto applicare quanto previsto con risoluzione n. 36/E del 31 marzo 2011 ossia che operi l’esclusione dall’obbligo di reverse charge e che pertanto la fattura emessa nei confronti del soggetto cessionario -utilizzatore finale (che dichiari sotto la propria responsabilità che l’acquisto è destinato all’utilizzo diretto) debba essere regolarmente assoggettata a IVA senza applicazione del meccanismo del reverse charge.
CASO 2
I beni descritti nel caso n. 2 sopra illustrato non sono tutti soggetti alla disciplina del reverse charge interno di cui all’art. 17, sesto comma, lettera c) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in quanto la norma prevede l’applicazione solo «alle cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale».
La norma, infatti, identifica alcuni specifici prodotti per i quali deve essere applicato il regime del reverse charge, in deroga all’ordinario sistema di applicazione dell’IVA.
Per gli altri beni ovvero i monitor, gli adattatori e i cavi di rete non è prevista l’applicazione del reverse charge (individuato solo per le specifiche categorie elencate dalla norma) bensì il regime iva ordinario.
Il fatto che oltre al notebook vengano acquistati con un medesimo ordine anche gli altri prodotti (e magari anche consegnati insieme), prodotti che sono sempre e comunque inseriti in scatole separate, ognuna con un suo codice articolo e listino prezzi, tutte successivamente vendibili anche separatamente non può portare a dire che l’acquisto di tali prodotti sia da considerarsi accessorio al principale (acquisto del notebook) e come tale da assoggettare allo speciale regime del reverse charge. Ai sensi dell’art. 12 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 la prestazione accessoria assume una posizione secondaria e subordinata rispetto a quella principale a cui è collegata da un nesso di condizione necessario. La Corte UE ha precisato che una prestazione deve essere considerata accessoria a una prestazione principale quando essa non costituisce per il destinatario una prestazione a sé stante bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore. Ciò vale, in particolare, quando due o più elementi forniti al consumatore sono a tal punto connessi da formare, oggettivamente, una prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale” (Corte di giustizia CEE 6 luglio 2006, causa C-251/05).
Alla luce di quanto sopra si ritiene corretto assoggettare l’operazione IVA di acquisto e la successiva cessione del notebook al regime speciale del reverse charge mentre l’acquisto degli altri prodotti e la successiva cessione al normale regime iva, questo anche nel caso in cui i beni facciano parte di un unico ordine di acquisto.
CASO 3
In relazione al caso n. 3 oggetto del presente interpello occorre segnalare che il reverse charge è il meccanismo che consente di far ricadere gli obblighi IVA sul destinatario della cessione o della prestazione, qualora sia soggetto passivo nel territorio dello Stato. In caso di applicazione di tale meccanismo, infatti, l’IVA viene assolta dal destinatario della vendita in luogo del cedente. Come già richiamato in precedenza, il meccanismo del reverse charge interno trova applicazione sulle sole cessioni di beni effettuate nella fase distributiva precedente quella del commercio al dettaglio (verso il consumatore finale).
Pertanto, nel caso in esame, i beni oggetto di cessione rientrano tra quelli oggettivamente elencati dall’art 17, sesto comma, lettera c) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. L’acquirente, tuttavia, non è un soggetto passivo IVA in Italia e di conseguenza la Società dovrà emettere fattura con IVA.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Il D.lgs. 11 febbraio 2016, n. 24, (G.U. n. 52 del 3 marzo 2016), adottato in attuazione delle Direttive 2013/42/UE e 2013/43/UE del Consiglio del 22 luglio 2013, ha modificato l’art. 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633.
In particolare, l’articolo 1, comma 1, lett. a), del citato D.lgs. 11 febbraio 2016, n. 24, ha modificato la rubrica dell’art. 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, che ora fa riferimento al “debitore d’imposta”. Le lettere da a) a d) del citato articolo 1 hanno modificato il contenuto dell’articolo 17, sesto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, che individua le operazioni soggette al meccanismo dell’inversione contabile, c.d. “reverse charge”.
Nel dettaglio, il D.lgs. 11 febbraio 2016, n. 24, ha sostituito la lett. c) che adesso fa riferimento “alle cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale”. La nuova disposizione ha avuto una portata innovativa nella parte in cui ha esteso, a decorrere dal 2 maggio 2016, il “reverse charge” alle cessioni di console di gioco, tablet PC e laptop.
CASO 1
L’articolo 17, sesto comma, lett. c), del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, dispone l’applicazione del “reverse charge” in relazione alle cessioni “di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale”.
Esaminando il profilo soggettivo, si rileva, come puntualizzato anche dalla Circolare del 25 maggio 2016 n. 21/E che: “Si ritiene che l’obbligo del meccanismo dell’inversione contabile alle fattispecie in esame, (…) trovi applicazione per le sole cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio, analogamente a quanto già precisato dalla scrivente con la circolare n. 59/E del 23 dicembre 2010 e la Risoluzione n. 36/E del 31 marzo 2011. (…) per le cessioni dei beni in argomento che si verificano in tutte le fasi di commercializzazione precedenti la vendita al dettaglio, il destinatario della cessione, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, è obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente.”
In sintesi, i cedenti (non venditori al dettaglio) dei beni in argomento sono tenuti ad emettere fattura senza addebito d’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 21 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972 e con l’indicazione della norma che prevede l’applicazione del reverse charge (art. 17, sesto comma, lett. c) del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633; il cessionario (soggetto passivo d’imposta), a sua volta, dovrà integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e annotarla nei registri contabili, secondo quanto previsto dagli artt. 23, 24 e 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633.
In conclusione, la Scrivente non condivide la soluzione prospettata dall’Istante, secondo la quale l’applicazione del reverse charge non è dovuta, a seguito delle richieste dei cessionari e dall’uso che questi faranno del bene acquistato. Infatti, come si evince chiaramente dall’analisi delle norme e della prassi che regolano la fattispecie, non è dato riscontrare eccezioni e/o integrazioni rispetto alla regola generale, né si rinvia ad un qualunque obbligo di verifica da parte del cedente rispetto alle future intenzioni del cessionario sulla successiva rivendita, o meno, del bene. Nella risoluzione n. 36/E citata, infatti, è espressamente chiarito che “non sussiste l’obbligo da parte del cedente di acquisire specifica attestazione e/o dichiarazione da parte del cessionario in ordine allo status di utilizzatore finale, ancorché soggetto passivo IVA”.
CASO 2
Nella risoluzione 36/E del 31 marzo 2011 è indicato quanto segue: “Si precisa, altresì, che il reverse charge non torna applicabile alle cessioni dei componenti ed accessori dei “telefoni cellulari”.
Anche se i beni oggetto dell’istanza sono merceologicamente differenti, la Scrivente condivide la soluzione prospettata dall’Istante di applicabilità dell’istituto del reverse charge ai soli beni puntualmente individuati dalla disposizione. Con particolare riferimento alla fase della commercializzazione in cui opera l’istante si ritiene, poi, che in tal caso non ricorrano i principi propri dell’accessorietà, così come declinata ai sensi dell’articolo 12 del d.P.R. n. 633/72. Pertanto, agli acquisti e alle rivendite degli altri beni ossia, i monitor, gli adattatori e i cavi di rete si ritiene applicabile il regime ordinario di fatturazione e non il reverse charge.
CASO 3
L’applicazione del meccanismo del reverse charge, ai sensi dell’art. 17, comma 6, lett. c) del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, comporta che il destinatario della cessione territorialmente rilevante, se soggetto passivo d’imposta, è obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente.
Giova precisare che il cessionario è obbligato all’assolvimento dell’imposta mediante reverse charge anche se non stabilito in Italia o avente stabile organizzazione in Italia. Per assolvere il predetto obbligo, dunque, il cessionario – non stabilito o in assenza di stabile organizzazione nel territorio dello Stato – dovrà identificarsi ai fini IVA in Italia oppure dovrà provvedere alla nomina di un rappresentante fiscale (cfr. circolare 21/E del 25 maggio 2016; risoluzione n. 28/E del 28 marzo 2012).
Pertanto, la Scrivente non condivide la soluzione prospettata dall’Istante, secondo la quale la Società cedente dovrà emettere fattura con IVA.
I cedenti dei beni in argomento, infatti, sono tenuti ad emettere fattura elettronica tramite il sistema d’interscambio senza addebito d’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 21 e seguenti del d.P.R. n. 633 del 1972 e con l’indicazione della norma che prevede l’applicazione del reverse charge, cioè, art. 17, sesto comma, lett. c) del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633; il cessionario dovrà integrare la fattura (con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e annotarla nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi, di cui agli artt. 23 o 24 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633), entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro di cui all’articolo 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (cfr. circolare 21/E del 25 maggio 2016).
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