
La perdita del bonus può non essere revocato solo in presenza di cause di forza maggiore mentre il licenziamento è una libera scelta del datore di lavoro.
La vicenda ha origine dalla emissione di un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate con cui veniva disposto la revoca del credito di imposta concesso ad un’impresa per l’assunzione di cinque nuovi lavoratori effettuata nel 1998.
L’agevolazione era stata introdotta dall’articolo 4 della legge n. 449/1997 e prevedeva un credito di imposta per le nuove assunzioni utilizzabile in compensazione con le imposte dovute dalle imprese interessate.
Nel caso di specie il datore di lavoro due anni dopo l’assunzione i nuovi dipendenti venivano licenziati per via della sospensione dell’appalto.
Il provvedimento veniva impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva il ricorso. La sentenza del giudice di prime cure, a seguito di appello dell’Agenzia delle Entrate, veniva integralmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale.
I giudici di appello hanno ritenuto che la chiusura dei cantieri non potesse giustificare il licenziamento dei dipendenti anche in considerazione del fatto che l’impresa non avesse provato la grave crisi economica nella quale asseriva di versare.
L’impresa ricorreva in Cassazione, argomentando che il licenziamento dei lavoratori era indipendente dalla sua volontà: in un caso era la diretta conseguenza della decisone assunta dal committente di sospendere i lavori, mentre nell’altro caso venivano ultimati i lavori dopo due anni dall’assunzione e dunque la prestazione dei dipendenti non era più necessaria.
La Suprema Corte confermava la decisone dei giudici d’appello, ritenendo infondati tutti i motivi di ricorso.
Gli ermellini puntualizzano che l’agevolazione era finalizzata ad incentivare la stabile occupazione, da mantenere costante per i tre anni successivi e la riduzione di personale era motivo di decadenza dal beneficio.
Pertanto la chiusura del cantiere o la sospensione dell’appalto non potevano costituire un valido motivo affinché permanesse il diritto al credito di imposta.
L’impresa, nel proprio atto difensivo, aveva ribadito che la circolare ministeriale n. 219/E del 1998 precisava che non era motivo di revoca la diminuzione del livello occupazionale per ragioni non imputabili né alla volontà del datore di lavoro né a quella del prestatore.
A riguardo la Corte di Cassazione ha affermato che le circostanze indicate dal contribuente non erano riconducibili a causa di forza maggiore ovvero non imputabili alla volontà del datore di lavoro, posto che la sospensione dei lavori o la chiusura di un cantiere non determinavano la cessazione dell’attività, di conseguenza il licenziamento era una libera scelta dell’impresa.
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