Corte di Cassazione sentenza n. 32909 depositata l’ 8 novembre 2022
perdite su crediti – principio di competenza – assorbimento di una domanda
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate ricorre, con sei motivi, nei confronti della C.A. s.r.l. avverso la sentenza in epigrafe con la quale la C.t.r. della Campania ha accolto l’appello della contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di Caserta, che aveva accolto solo parzialmente il ricorso spiegato avverso l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta, 2009 erano stati recuperati a tassazione maggiori redditi ai fini Ires, Irap ed Iva, ed ha ritenuto assorbito l’appello incidentale dell’Ufficio.
2. L’Amministrazione. a seguito di processo verbale di contestazione del 23 marzo 2011, rilevava l’indeducibilità di alcuni costi ritenuti non inerenti, non di competenza, di importo superiore al limite di deducibilità.
3. La C.t.p. accoglieva solo parzialmente il ricorso della contribuente e, per l’effetto, riteneva illegittimo il recupero a tassazione delle perdite su crediti limitatamente all’importo di euro 234.892,61, confermando per la parte residua l’accertamento. In particolare, per quanto ancora di rilievo, escludeva la deducibilità di alcuni crediti valutati come irrecuperabili ritenendo che il contribuente non avesse provato che fossero di competenza dell’esercizio 2009; escludeva, ai fini dell’ammortamento del costo di acquisto di un immobile, il costo imputabile all’area di sedime ed alle aree pertinenziali; confermava, invece, la deducibilità di alcuni crediti divenuti irrecuperabili a seguito dell’apertura di procedure concorsuali in capo al debitore.
4. La C.t.r., pronunciandosi sull’appello proposto dalla contribuente e sull’appello incidentale dell’Ufficio, dichiarava illegittimo il recupero a tassazione dell’ulteriore importo di euro 120.465,00. In particolare, in accoglimento dell’appello del contribuente, riteneva legittima, essendosene provati i presupposti, la deduzione dei crediti ritenuti irrecuperabili dalla società contribuente – vantati rispettivamente a) nei confronti di una ditta individuale che risultava essersi cancellata dal registro delle imprese nel 2009 (la MP Costruzioni di Perri Michele); b) di una società che era risultata documentalmente irreperibile solo nel 2009 (Calcestruzzi Tor San Lorenzo s.r.l.); c) di una terza società che risultava cancellata dal registro delle imprese a seguito di visura del 2009 (Ciset s.r.l.). Riteneva, altresì, legittima la deducibilità dell’intero costo dell’immobile, ovvero anche per la parte relativa al terreno sul quale il medesimo insisteva ed all’area pertinenziale, in quanto trattavasi di aree non utilizzabili ad altri fini ed il cui ripristino era antieconomico. Rigettava, invece, l’appello incidentale dell’Ufficio, relativo alla deduzione dei crediti ritenuti irrecuperabili in ragione dell’apertura di una procedura concorsuale, che riteneva «assorbito».
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2494 e 2697 cod. civ., degli artt. 101, comma 5, 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
In particolare, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha individuato l’anno di imputazione della perdita e all’irrecuperabilità del credito in ragione della data in cui la società contribuente aveva eseguito la visura dalla quale era risultata la cancellazione del debitore dal registro delle imprese o la sua irreperibilità e nella parte in cui ha ritenuto di ravvisare il presupposto dell’impossibilità di realizzo del credito nella cancellazione del debitore dal registro delle imprese.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
In particolare, censura la sentenza impugnata nella parte in cui, al fine di valutare l’irrecuperabilità del credito, ha dato rilievo alla data della visura, senza accertare la data della conoscenza effettiva.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112 e 346 cod, proc. civ. e degli artt. 49,54,56 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in via subordinata, in relazione all’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ. la violazione dell’artt. 132 cod. proc. civ e dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
In particolare, con entrambi i motivi, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto «assorbito» il ricorso incidentale – afferente la deduzione delle perdite su crediti derivanti dalla sottoposizione del debitore ad una procedura concorsuale – così incorrendo nel vizio di omessa pronuncia o, in subordine di omessa motivazione.
5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione dell’art. 101, comma 5, P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, degli artt. 2697 e 2945 cod. civ.
In particolare, in via subordinata rispetto ai motivi quattro e cinque, – e per l’ipotesi in cui questa Corte ritenesse che la C.t.r. abbia motivato per relationem in ragione di quanto ritenuto dalla C.t.p. – censura l’erronea deduzione, per l’anno 2009, delle perdite su crediti derivanti dalla sottoposizione del debitore ad una procedura concorsuale apertasi in un anno diverso.
6. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36, comma 7, l. 4 luglio 2006, n. 223 convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
In particolare, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto deducibile, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento dell’immobile acquistato, anche il costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle di pertinenza.
7. Il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.
7.1 La C.t.r. ha ritenuto quanto ai crediti sub. a) e c) che la cancellazione dal registro delle imprese fosse elemento sufficiente ad integrare la irrecuperabilità del credito e che detta ultima dovesse ritenersi palesata alla data della visura. La C.t.r. ha, altresì ritenuto, quanto al credito sub b), che la irrecuperabilità derivasse dal fatto che la debitrice fosse «documentalmente irreperibile solo dal 2009»
7.2 Dette statuizioni sono censurate dall’Agenzia delle Entrate sotto un doppio profilo, ovvero sia perché in violazione del principio di competenza, sia in ragione dell’errata applicazione dei presupposti per la deducibilità delle perdite.
7.3 Quanto alla prima censura, questa Corte ha affermato il principio secondo cui la deduzione dal reddito delle perdite su crediti deve avvenire nel rispetto del criterio della competenza che non consente all’impresa, una volta che se ne determinino i presupposti, il rinvio dell’imputazione ad esercizio successivo. In particolare, si è rilevato che l’art. 66, comma 3, d.P.R. n. 917 del 1986 – nel testo applicabile ratione temporis che prevede la deduzione delle perdite su crediti, quali componenti negative del reddito d’impresa, se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali – va interpretato nel senso che l’anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto, perché in quel momento si materializzano gli elementi «certi e precisi» della sua irrecuperabilità; diversamente opinando si rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile ed oggettivo per determinare il reddito d’impresa (Cass. 06/10/2017, 23330; Cass. 23/12/2014, n. 27296; Cass. 03/08/2005, n. 16330).
Quanto alla seconda censura, questa Corte, con giurisprudenza consolidata, in merito alla deducibilità delle perdite su crediti ai fini fiscali non correlate all’assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, ritiene – in ragione di quanto previsto dapprima dall’art. 66 e, successivamente, sull’art. 101 d.P.R. n. 917 del 1986 – che il contribuente che voglia portare in deduzione la perdita, ha l’onere di dimostrare gli elementi «certi e precisi» che hanno dato luogo alla perdita stessa; ha, altresì, chiarito che si può parlare di perdita su crediti quando il debitore non paga volontariamente e il credito non risulta attuabile coattivamente attraverso gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione del creditore. Il fatto costitutivo del diritto alla deducibilità della perdita riguarda sia l’an (il verificarsi della perdita dovuta alla inesigibilità del credito) che il quantum (l’entità della perdita): occorre dimostrare per prima cosa come e perché si è verificata una perdita – non configurandosi una perdita a fini fiscali nelle ipotesi in cui il creditore nulla abbia fatto, nelle forme previste dalla legge, per esercitare il suo diritto di credito tenendo un comportamento remissivo o liberale – e poi che la perdita è divenuta definitiva nella misura indicata (Cass. 15/02/2019 n. 4567).
7.4 La sentenza impugnata non si è attenuta a questi principi.
In primo luogo la C.t.r., dando rilievo alla data delle visure eseguite nel 2009 dal creditore, al fine di imputare a detto esercizio le perdite conseguenti alla cancellazione dal registro delle imprese o alla irreperibilità dei debitori, ha violato il criterio di competenza rimettendo a quest’ultimo la scelta dell’esercizio al quale imputare la presunta perdita.
In secondo luogo, dando rilievo alla cancellazione dal registro delle imprese, ha pure disatteso gli arresti di questa Corte in merito ai requisiti di certezza e precisione della perdita. A tal fine va considerato che la cancellazione dal registro delle imprese del soggetto debitore non determina tout court l’estinzione del debito ma, al più, la modifica della titolarità passiva dell’obbligazione restando così esclusa l’irrecuperabilità in ragione esclusivamente di questo evento. Ugualmente, il rilievo dato alla conoscenza dell’irreperibilità, non consente alcuna verifica sulla diligenza tenuta dal creditore.
8. Il terzo motivo è fondato, restando così assorbiti il quarto ed il quinto.
8.1 A fronte dell’accoglimento parziale del ricorso del contribuente, la C.t.r. era stata investita, oltre che dell’appello principale, anche dell’appello incidentale dell’Amministrazione. Quest’ultima aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto legittima la deduzione di altre perdite su crediti in ragione dell’assoggettamento del debitore ad una procedura concorsuale. Si trattava, quindi, di crediti ulteriori rispetto a quelli sui quali si era incentrato il ricorso principale soggetti ad un diverso regime di deducibilità. La C.t.r., pronunciandosi sull’appello incidentale, si è limitata ad affermare che il medesimo era «assorbito».
8.2 L’assorbimento di una domanda in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte che, con la pronuncia sulla domanda assorbente, ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre quello in senso improprio è ravvisabile quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. L’assorbimento erroneamente dichiarato si traduce in una omessa pronunzia (Cass. 22/06/2020, n. 12193; Cass. 12/11/2018, n. 28995, Cass. 27/12/2013, n. 28663).
8.3 Nella specie non ricorreva alcuna di dette ipotesi in quanto l’appello incidentale aveva ad oggetto crediti diversi da quelli attinti dall’appello principale e per i quali, per di più, la deducibilità si fondava su presupposti diversi.
9. Il sesto motivo è fondato.
9.1 L’art. 102, commi 1 e 2, d.P.R. n.917 del 1986, in conformità al principio di competenza, per il quale i costi devono essere imputati agli esercizi in cui si manifestano i relativi ricavi, disciplina la procedura contabile di ammortamento dei costi riferibili a beni strumentali di durata pluriennale, prevedendo che essi debbano essere dedotti in forma ripartita nei diversi esercizi in cui manifestano la loro utilità, secondo i coefficienti di ammortamento stabiliti da apposito decreto ministeriale. Il procedimento di ammortamento, ossia di deduzione frazionata del costo, presuppone logicamente che il bene materiale strumentale che estende la propria durata lungo più esercizi, sia comunque un bene soggetto a consumo ed esaurimento nel tempo della propria utilità; pertanto l’ammortamento non può, in linea generale riguardare il costo di beni quali il terreno che, per sua natura, ha una ha una durata d’uso illimitata. In tal senso l’art. 2426 punto 2 cod.civ. prevede che la procedura di ammortamento si applica alle immobilizzazioni materiali la cui durata «è limitata nel tempo», quindi con esclusione dei terreni su cui insistono i fabbricati, la cui utilizzazione non patisce limitazioni temporali, secondo un principio valevole anche in ambito fiscale ( Cass. 07/04/2022, n. 11336, Cass. 05/12/2019, n. 31781; Cass. 06/05/2015, n.9068).
A conferma, il d.m. 31 dicembre 1988, che in attuazione dell’art. 102, comma 2, cit. determina i coefficienti di ammortamento applicabili alle varie categorie di beni, non prevede un coefficiente di ammortamento applicabile in via generale ai terreni, salvo le specifiche eccezioni nominativamente previste ( terreni adibiti a piste e moli e terreni adibiti a linee e servizi ferroviari ( Gruppo XVIII specie 1,2,3 e specie 4 e 5), e salvo che il terreno costituisca esso stesso un bene soggetto ad esaurimento inserito nel ciclo produttivo ( terreni adibiti ad attività estrattive o a discariche). In tal senso dispone anche il principio contabile nazionale OIC 16 punto 58) secondo cui tutti i cespiti sono ammortizzabili, tranne i cespiti la cui utilità non si esaurisce, come i terreni e le opere d’arte; ancora più specificamente il punto 60) prevede che se il valore dei fabbricati incorpora anche quello dei terreni sui quali insistono, il valore del fabbricato va scorporato, anche in base a stime, per determinarne il corretto ammortamento. I terreni non sono oggetto di ammortamento salvo nei casi in cui essi abbiano una utilità destinata ad esaurirsi nel tempo come nel caso delle cave e dei siti utilizzati per le discariche (Cass. n. 31781 del 2019).
Le novità in materia di ammortamento introdotte dall’art.36, commi 7, 7-bis, 8, d.l. n.223 del 2006, convertito dalla legge n.248 del 2006, non hanno riguardato la nozione di bene ammortizzabile, rimasta invariata, che già escludeva i terreni suscettibili di un’utilizzazione temporalmente illimitata; le citate disposizioni, dopo aver ribadito il principio (immanente) secondo cui il costo deducibile del fabbricato strumentale è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzioni, hanno previsto un sistema forfetario di determinazione del costo delle predette aree non ammesso all’ammortamento (comma 7 secondo e terzo periodo), ed hanno previsto che tali disposizioni trovino
applicazione anche nell’ipotesi in cui il fabbricato strumentale sia stato acquisito mediante contratto di leasing anziché mediante contratto di compravendita( comma 7-bis).
9.2 La C.t.r., riformando in parte qua la sentenza della t.p., nel ritenere ammortizzabili l’area di sedime e le aree pertinenziali stante «sia l’inutilizzabilità ad altri fini […] sia l’antieconomicità del ripristino» non si è attenuta a questi principi.
10. Ne consegue, in accoglimento del ricorso, nei limiti di cui sopra, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi primo, secondo, terzo, sesto, assorbiti il quarto e quinto; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.