CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27344 depositata il 26 settembre 2023
Tributi – Avvisi di accertamento – Ricavi non dichiarati – Minusvalenza – Indizi gravi, precisi e concordanti – Cessione dei crediti – Crediti verso clienti compresi nell’attivo circolante – Perdite su crediti non deducibili dal reddito imponibile – Accoglimento parziale
Rilevato che
– la società ricorreva contro l’avvisi di accertamento notificatole per IVA 2008 con il quale erano recuperati a tassazione ricavi non dichiarati per Euro 232.500,00 e disconosciuta la deducibilità di una minusvalenza per Euro 648.236,82;
– la CTP accoglieva il ricorso in ordine al primo recupero e lo rigettava quanto al secondo;
– appellava dapprima l’Ufficio; quindi, successivamente, proponeva autonomo appello la società contribuente;
– con la pronuncia oggetto della sentenza gravata, la CTR, dopo aver riunito gli appelli, li ha accolti entrambi;
– da un lato essa ha ritenuto meramente simulati i finanziamenti soci oggetto di rilievo, in quanto operati da soci sprovvisti della disponibilità patrimoniale o reddituale necessaria; d’altro canto essa ha ritenuto provata la cessione dei crediti in sofferenza da parte della società, quali operazioni necessitate dalla impossibilità di procedere a ulteriori operazioni di sconto bancario stante la permanenza dell’insolvenza dei debitori;
– ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a un solo motivo di ricorso che illustra con memoria; resiste con controricorso la società S. s.r.l.; la stessa ha proposto autonomo ricorso per cassazione affidato ad un motivo.
Considerato che
– il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate è stato notificato il 23/10/2017; l’autonomo ricorso della società contribuente notificato il 20/10/2017. Pertanto, in quanto proposti contro la medesima sentenza, gli stessi debbono riunirsi ex art. 335 c.p.c., e l’impugnazione dell’Erario va qualificata come incidentale mentre quella della società va qualificata come impugnazione principale essendo di più antica iscrizione;
– esaminando quindi per primo il ricorso principale di S. s.r.l., il Collegio rileva che lo stesso si incentra sulla violazione del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 39 comma 1, lett. d), per avere la CTR erroneamente ritenuto sussistenti, nel caso di specie, elementi presuntivi idonei a fondare l’accertamento in quanto costituenti presunzioni gravi, precise e concordanti;
– il motivo è infondato;
– invero, rispetto alla prospettazione dell’Amministrazione finanziaria, basata sulle circostanze indiziarie in forza della quale da un lato i soci non avevano la capacità finanziaria di provvedere agli ingenti versamenti a titolo di finanziamento, dall’altro detto apporto finanziario alla società era del tutto gratuito, il giudice del gravame ha correttamente proceduto a valutare i suddetti elementi indiziari singolarmente e nella loro valenza probatoria complessiva;
– questi ha infatti proceduto dai suddetti fatti noti al ragionamento logico inferenziale di accertamento del fatto non noto (esistenza di ricavi non dichiarati), attribuendo alle ridette circostanze la natura di indizi gravi, precisi e concordanti sulla base di cui presumere l’esistenza di attività non dichiarate che possono essere recuperate con l’accertamento analitico-induttivo;
– ciò operando, la CTR si è correttamente allineata ai principi in materia dettati da questa Corte (in termini, Cass. n. 1151/2022);
– il motivo contiene poi un ulteriore profilo (da pag. 7 dell’atto in poi) con il quale però parte ricorrente principale contesta in sostanza la valutazione delle prove operata dalla sentenza impugnata;
– in quanto diretto a provocare un riesame del merito, sotto tale profilo il motivo risulta inammissibile;
– pertanto, il ricorso principale va rigettato;
– venendo ora allo scrutinio del ricorso incidentale, l’unico motivo qui proposto dall’Amministrazione Finanziaria censura la pronuncia impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TUIR e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente ritenuto deducibili le perdite su crediti oggetto di rilievo sulla base della mera cessione dei crediti medesimi (per il prezzo di Euro 25.000,00 a fronte di un credito nominale di complessivi Euro 648.236,82) occorrendo al contrario una più compiuta prova della effettiva irrecuperabilità; – il motivo è fondato;
– va premesso che (in termini si veda Cass. sez. 5 sentenza n. 13181 del 4/10/2000) i crediti verso clienti sono ricompresi, ai sensi dell’art. 2424bis c.c., nell’attivo circolante, generando possibili perdite, che non possono confondersi con le minusvalenze, cioè col minor valore di realizzo di beni inseriti nello stato patrimoniale rispetto al costo di acquisizione; pertanto, la cessione pro soluto dei crediti ritenuti inesigibili non dà luogo a minusvalenze patrimoniali deducibili ai sensi dell’art. 66, n. 1, del TUIR (per quanto qui riguarda, art. 101 TUIR vigente ratione temporis) ma comporta la deducibilità degli stessi solo laddove ricorrano le condizioni di cui al n. 3 della norma cit.;
– nel caso che si occupa, come si evince chiaramente dalla lettura della motivazione, la pronuncia gravata ha ritenuto deducibili le perdite su crediti in parola unicamente in forza del fatto che la cessione dei medesimi sia stata effettivamente operata “mediante appositi atti notarili” (pag. 4 penultimo periodo della pronuncia impugnata);
– ebbene, tale affermazione è fuori asse rispetto ai principi enunciati in materia da questa Corte, secondo i quali (così Cass., sez. 5, ordinanza n. 5787 del 3/03/2021) in tema di redditi d’impresa, la cessione di un credito pro soluto a un prezzo inferiore all’effettivo valore dello stesso costituisce una perdita su crediti, la quale, in presenza del requisito dell’inerenza, è deducibile, ai sensi dell’art. 101, comma 5, TUIR soltanto a condizione che risulti da elementi certi e precisi ovvero che il debitore sia assoggettato a procedura concorsuale. Peraltro, l’automatica deducibilità opera soltanto in quest’ultimo caso, stanti le garanzie derivanti dalle procedure concorsuali sul piano della certezza dell’insolvibilità e dell’entità delle perdite, mentre in tutti gli altri casi è richiesta la prova dell’effettiva riduzione di valore del credito, indipendentemente dal corrispettivo pattuito, e dunque della oggettiva definitività della perdita, della quale è onerato il contribuente;
– da quanto appena illustrato dipende anche, per evidente conseguenza logica oltre che giuridica, che (Cass., sez. 5, sentenza n. 16823 del 24/07/2014) in tema di imposte sui redditi, l’art. 66 (attuale 101), comma 3, TUIR prevedendo che le perdite su crediti sono deducibili dal reddito imponibile soltanto se risultino da elementi certi e precisi, pone a carico del contribuente, anche in relazione alle cessioni pro soluto, l’onere di allegare e documentare gli elementi de quibus, che non possono tautologicamente esaurirsi nella pattuizione di un corrispettivo inferiore al valore nominale del credito ceduto, ma devono riguardare le ragioni che hanno consigliato l’operazione ed il conseguente recupero solo parziale, dovendosi escludere, al di fuori dell’ipotesi del debitore assoggettato a procedure concorsuali, l’esistenza di qualsiasi automatismo di deducibilità delle perdite;
– pertanto, proprio riconoscendo la deducibilità delle perdite in parola in via sostanzialmente automatica, sulla base del mero incontestato fatto della loro cessione, la CTR capitolina ha commesso errore di diritto;
– conclusivamente, il ricorso incidentale va accolto e la sentenza è conseguentemente cassata con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame del merito nel rispetto delle indicazioni interpretative sopra illustrate.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso incidentale; rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo di ricorso incidentale accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.
Ai sensi del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico di parte ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.