CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27352 depositata il 26 settembre 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IRES – IRAP – IVA – Disconoscimento note di credito – Indebita deduzione di perdite – Accoglimento – la legittimità di un finanziamento soci, opponibile all’Amministrazione Finanziaria, richiede la regolarità formale delle delibere assembleari e delle scritture contabili, in tempi coerenti con l’andamento finanziario del periodo, diversamente l’erogazione finanziaria deve ritenersi re-immissione in azienda di utili occulti
Rilevato che
– la società (…) s.r.l. ricorreva contro l’avviso di accertamento notificatole per IRES, IRAP e IVA 2008 con il quale erano accertati maggiori tributi e richiesti interessi e sanzioni in forza di ricavi non dichiarati emergenti da non dimostrati finanziamenti soci, del disconoscimento di note di credito per sconti a clienti, di indebita deduzione di perdite su crediti e di ulteriori costi;
– la CTP rigettava il ricorso;
– appellava la società;
– con la pronuncia oggetto della sentenza gravata, la CTR ha accolto l’impugnazione della contribuente ritenendo difettosa la prova della sussistenza dei maggiori ricavi in quanto la merce corrispondeva con l’importo indicato in bilancio e non era provata l’esistenza di vendite non contabilizzate; quanto agli sconti, gli estremi erano indicati in fattura e le note di credito rispondevano alla notoria concessione di premi a clienti; con riguardo alle perdite su crediti vantati nei confronti della società fallita, rilevava secondo la CTR il momento di avvenuta conoscenza da parte della società del fallimento del debitore e non la pronuncia della sentenza da parte del tribunale;
– ricorre a questa Corte l’Agenzia delle entrate con atto affidato a tre motivi di ricorso e illustrato da memoria; resiste con proprio controricorso la società contribuente;
Considerato che
– il primo motivo di ricorso, relativo al recupero riguardante ricavi non dichiarati per Euro 255.000,00 relativi a finanziamenti soci simulati, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del d.p.r. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 del d.p.r. n. 633 del 1972 nonché dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 85 TUIR in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR erroneamente mancato di far gravare sulla società l’onere di provare la necessità dei finanziamenti soci e la loro effettiva provenienza dai medesimi;
– il motivo è fondato;
– rispetto alla prospettazione dell’Ufficio, basata sulla circostanza che i soci non avevano la capacità finanziaria di provvedere agli ingenti versamenti per Euro 255.000,00 a titolo di finanziamento, oltre che sul fatto che i versamenti erano stati eseguiti in contanti (pag. 11 del ricorso, ove si trascrive in parte qua l’avviso di accertamento), il giudice del gravame avrebbe dovuto procedere a valutare i suddetti elementi indiziari singolarmente e nella loro valenza probatoria complessiva, procedendo dai suddetti fatti noti al ragionamento logico inferenziale di accertamento del fatto non noto (esistenza di ricavi non dichiarati);
– secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la legittimità di un finanziamento soci, opponibile all’Amministrazione Finanziaria, richiede la regolarità formale delle delibere assembleari e delle scritture contabili, in tempi coerenti con l’andamento finanziario del periodo, diversamente l’erogazione finanziaria deve ritenersi re-immissione in azienda di utili occulti (Cass. civ., 17 giugno 2021, n. 17322);
– ma non solo: rispetto agli elementi presuntivi offerti dall’Amministrazione finanziaria, basata su circostanze fattuali certe, era onere della società anche provare la provenienza del denaro oggetto dei finanziamenti dei soci, in particolare che gli stessi avessero la disponibilità finanziaria sufficiente per eseguire i finanziamenti, producendo idonea documentazione al fine di contrastare la valenza presuntiva degli elementi indiziari di segno contrario offerti dall’amministrazione finanziaria (Cass. n. 1151 del 2022);
– il secondo motivo di ricorso si incentra sul recupero relativo alle componenti positive di reddito non dichiarate per Euro 26.551,78, relative a note di credito per premi e sconti applicati ai clienti al raggiungimento di un certo numero di acquisti e denuncia la violazione dell’art. 26 del d.p.r. n. 633 del 1972, dell’art. 85 TUIR e dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR superato la prova del necessario accordo negoziale sugli sconti/abbuoni ai clienti, facendo riferimento a pretese consuetudini commerciali delle “industrie italiane”, e al “fatto notorio”;
– il motivo è infondato;
– invero, in disparte l’ulteriore argomentazione relativa al “pagamento doppio dell’imposta”, affermazione introdotta ad colorandum dalla CTR (ed in effetti erronea, come si segnala avvenuta in ricorso), dalla lettura della pronuncia impugnata si evince come in realtà il giudice dell’appello abbia fondato il proprio convincimento in ordine alla regolarità delle operazioni contabili in parola non solo su elementi costituenti “fatto notorio” (operazione non ammessa), ma su elementi ulteriori;
– infatti, la CTR ha valorizzato, al fine di ritenerle corrette, anche altri elementi di fatto, con valutazione del meritus causae non più aggredibile in questa sede: essa ha rilevato che “tutti gli estremi dello sconto sono inseriti nelle singole fatture, che si ripetono ogni anno (quando si raggiunge il target)…” (pag. 3 terzultimo periodo della pronuncia gravata); che “le note di credito che hanno concesso lo sconto sono di fine anno e premiano, non la singola operazione commerciale fatturata, ma il fatturato complessivo annuo raggiunto dal cliente” (pag. 3 penultimo periodo della sentenza impugnata);
– il terzo motivo di ricorso deduce, con riguardo al recupero relativo a perdite su crediti non di competenza dell’anno 2009 per Euro 53.036,23, la violazione e falsa applicazione degli artt. 75 e 101 TUIR in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR, a fronte della chiusura della procedura fallimentare della debitrice (…) s.r.l. nell’agosto 2008 e della cancellazione dal registro imprese della Euro Carbo di L.P. nel dicembre 2006, erroneamente ritenuta legittima la deduzione delle relative perdite nell’anno 2009, ancorché notiziata la (…) s.r.l. di tali fatti solo in tale ultimo anno;
– il motivo è all’evidenza fondato;
– va premesso che, come costantemente affermato da questa Corte di Legittimità (Cass., sez. 5, n. 23330 del 6/10/2017; Cass., sez. 5, sentenza n. 27296 del 23/12/2014) in tema di imposte sui redditi di impresa, l’art. 66, comma 3, TUIR – al quale è connesso per quanto qui interesse l’art. 75 TUIR, ambedue nella formulazione vigente ratione temporis – va interpretato nel senso che il periodo di competenza per operare correttamente la deduzione delle perdite sui crediti deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che questi non possono più essere soddisfatti, materializzandosi in tale momento gli elementi “certi e precisi” della loro irrecuperabilità. Diversamente, infatti, si rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile e oggettivo per determinare il reddito d’impresa;
– a fianco di ciò, va poi considerato come si sia precisato che (in termini Cass., sez. 5, ordinanza n. 15218 del 1/06/2021) ove il debitore sia assoggettato a procedure concorsuali, la deduzione della perdita su crediti è ammessa, ai sensi dell’art. 101, comma 5 TUIR – da interpretare alla luce del successivo comma 5 bis, introdotto dall’art. 13, comma 1, lett. d), d. Lgs. n. 147 del 2015 (c.d. decreto internazionalizzazione) – e del comma 3, dell’art. 13, cit., in tema di svalutazione contabile dei crediti, anche con riferimento agli esercizi anteriori al 2015, nel periodo di imputazione a bilancio, entro la “finestra temporale” che va dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento al periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito dal bilancio;
– in tale senso depone, non condividendo il Collegio sul punto la pronuncia di questa Corte n. 775/2019 dalla quale ritiene di dovere discostarsi, conformandosi invece a quanto statuito dalla sopra citata altra pronuncia di questo Giudice della Legittimità n. 15218/2021, l’art. 13 del ridetto decreto internazionalizzazione;
– la lett. e) al n. 3 del già citato decreto pare chiara, sul punto, nel prevedere che il quale “l’art. 101, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 si interpreta nel senso che le svalutazioni contabili dei crediti di modesta entità e di quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento, deducibili a decorrere dai periodi di imposta in cui sussistono elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale ed eventualmente non dedotte in tali periodi, sono deducibili nell’esercizio in cui si provvede alla cancellazione del credito dal bilancio in applicazione dei principi contabili” (sottolineatura aggiunta);
– ne deriva che la CTR, avendo reputato legittima la deduzione delle perdite su crediti in un esercizio (2009) posteriore a quello in cui è stato dichiarato il fallimento di uno dei debitori (2008) non ha fatto corretta applicazione della regula iuris sopra enunciata;
– infatti, il giudice dell’appello non ha verificato, da un lato, in quale periodo d’imposta erano state iscritte a bilancio le perdite su crediti e, dall’altro, in quale periodo d’imposta, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, la contribuente avrebbe dovuto procedere alla cancellazione dei crediti dal bilancio, valorizzando unicamente la conoscenza fattuale di tali eventi in capo alla società contribuente senza prendere in esame, nel caso concreto, se fosse stata fatta o meno applicazione corretta dei principi contabili adottati dalla società o ad essa applicabili ai fini della corretta rappresentazione in bilancio delle perdite su crediti in parola;
– con riguardo poi alla perdita derivante dall’avvenuta cancellazione dal registro delle imprese dell’altro debitore (2006), parimenti il giudice dell’appello non ha verificato l’applicazione dei principi contabili nei termini sopradetti messi in relazione con l’elemento certo della iscrizione a registro imprese della cancellazione dell’impresa debitrice, limitandosi a rilevare solo il fatto materiale avvenuto senza considerare la sua rappresentazione, secondo i corretti principi contabili applicabili alla società contribuente, nel bilancio d’esercizio;
– conclusivamente, va rigettato il solo secondo motivo; il primo e il terzo motivo vanno invece accolti; la sentenza impugnata è quindi cassata, limitatamente ai motivi oggetto di accoglimento, con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame alla luce dei principi sopra illustrati.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso; rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.