Corte di Cassazione ordinanza n. 16430 del 10 giugno 2021
riconoscimento costi anche senza contabilizzazione – esistenza ed inerenza – coerenza – onere della prova – ripartizione della prova
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
la parte contribuente proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento, relativo ad un maggior imponibile IRES per l’anno d’imposta 2011;
la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente, ritenendo in particolare insufficienti le prove documentali fornite dal contribuente circa l’inerenza del costo di 130.000 euro per i servizi forniti dalla società M.G. Service;
la Commissione Tributaria Regionale accoglieva parzialmente l’appello della parte contribuente relativamente ai costi, osservando che quello di 130.000 euro risultava documentato da 12 fatture contabilizzate, dal relativo contratto e dai relativi pagamenti; inoltre tale costo risultava giustificato, sotto il profilo dell’inerenza, dal fatto che la società contribuente, per la documentata grande mole di lavoro (178 clienti e ricavi per un ammontare di oltre 821mila euro) da svolgere, in qualità di fornitrice d servizi di revisori legali e per la documentata disponibilità di 9 dipendenti, aveva fondamentale necessità dell’apporto esterno della società M.G. Service; infine sosteneva che tale costo appariva congruo, rispetto al volume d’affari, incidendo per il 18% su quest’ultimo.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato ad un unico motivo illustrato con memoria, mentre la parte contribuente si costituisce con controricorso.
Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., primo comma, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986 (T.U.I.R.), 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, 25 del d.lgs. n. 446 del 1997, 2697 c.c., 39, 40, 41 e 41 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, sostenendo che la parte contribuente da un lato non ha provato l’inerenza delle spese all’attività d’impresa, dal momento che la maggior parte dei costi asseritamente sostenuti per i servizi resi da M.G. Service s.r.l. non sono stati documentati, e dall’altro lato non ha fornito la prova del sostenimento del costo stesso.
Il motivo è fondato.
Secondo questa Corte, infatti:
in tema di imposte sul reddito d’impresa, in presenza di contestazione dell’Amministrazione finanziaria relativa all’insussistenza di una posta passiva iscritta a bilancio, è onere del contribuente dimostrare l’esistenza e l’ammontare della stessa, oltre che l’inerenza all’attività di impresa esercitata ai fini della deduzione, senza che rilevi l’eventuale inerzia dell’Ufficio relativamente alla dichiarazione resa per i periodi di imposta precedenti, contenente la medesima posta, stante l’autonomia di ciascun periodo ai fini dell’esercizio del potere impositivo, tale per cui il termine decadenziale va valutato con riferimento al periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione rettificata (Cass. n. 14999 del 2020);
il principio in virtù del quale è consentito all’imprenditore, in sede di accertamento dell’imposta sul reddito, dedurre dal reddito imponibile anche i costi d’impresa non risultanti dalle scritture contabili non costituisce una deroga alle regole generali in tema di riparto dell’onere della prova, restando, quindi, a carico dell’imprenditore (ovvero, dopo il suo fallimento, del curatore fallimentare) dimostrare di avere effettivamente sostenuto i costi dei quali chiede la deduzione, prova, questa, che, ai sensi dell’art. 2709 c. c., non può essere fornita attraverso la mera annotazione del costo nel libro giornale (Cass. n. 5079 del 2017);
in tema di imposte sui redditi d’impresa, l’abrogazione, ad opera dell’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1996, dell’art. 75, comma 6, del d.P.R. n. 917 del 1986, che impediva la deduzione dei costi non regolarmente registrati nelle scritture contabili, non ne determina l’automatica deducibilità, dovendo l’imprenditore dimostrare di averli effettivamente sostenuti: tale prova, tuttavia, non può essere fornita esclusivamente mediante le annotazioni del libro giornale, in quanto le stesse, per un verso, non fanno fede della veridicità dei dati in esso esposti e, per un altro, non costituiscono prova a favore dell’imprenditore ai sensi dell’art. 2709 c.c. (Cass. n. 18401 del 2018);
in tema di accertamento delle imposte sui redditi, spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (nella specie, la Cassazione ha negato la deducibilità dei premi, di importo cospicuo, corrisposti dall’amministratore della società alle proprie affiliate in assenza di un supporto documentale: Cass. n. 13300 del 2017).
La Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta ai suddetti principi là dove – di fronte ad una puntuale ed analitica contestazione dell’Ufficio in tutti i gradi del giudizio (fin dall’avviso di accertamento e riportata finanche nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza) circa l’esistenza di costi asseritamente sostenuti ma non documentati se non in piccola parte – ha ritenuto correttamente fornita la prova della sussistenza dei costi accontentandosi di osservare in maniera alquanto generica che il costo, oggetto di contestazione da parte dell’Ufficio quanto alla sua deducibilità dai redditi d’impresa, di 130.000,00 euro risulta documentato da 12 fatture contabilizzate, dalla stipula di un contratto di servizi e da copia dei pagamenti effettuati, senza una puntuale imputazione di ciascun pagamento ad un determinato servizio realmente effettuato ed inerente all’attività d’impresa, in assenza di effettiva dimostrazione del pagamento delle prestazioni indicate in ciascuna fattura, nella specie vieppiù necessaria alla stregua del rilievo mosso con l’avviso di accertamento in base al quale, a fronte di 12 fatture mensili per l’anno d’imposta 2011 per un importo complessivo di 152.000,00 euro, risultavano bonifici di pagamento per soli 26.400,00 euro.
La Commissione Tributaria Regionale pertanto non ha dato sufficienti indicazioni circa l’effettivo sostenimento del costo portato in detrazione dalla società contribuente e il giudice del rinvio dovrà pertanto analiticamente verificare per quali costi sussista una prova adeguata relativa al loro effettivo sostenimento.
Pertanto, ritenuto fondato il motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.