Corte di Cassazione sentenza n. 12191 del 16 luglio 2012

RAPPORTO DI LAVORO – LEGGE REGIONE SICILIA – RETRIBUZIONE – PAGAMENTO – ENTE DI FORMAZIONE – DECRETO INGIUNTIVO

massima

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Esiste una netta distinzione tra il titolo costitutivo del diritto dei lavoratori verso l’ente di formazione finanziato dalla Regione e quello del diritto di quest’ultimo nei confronti della Regione tenuta al finanziamento, ipotizzando unicamente la possibilità di una c.d. garanzia impropria di questa verso quello, per tenerlo indenne da quanto pagato a titolo di retribuzioni, in assenza dell’erogazione del finanziamento dovuto.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 22 giugno 2012 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:

“(OMISSIS), dipendente dell’ente di formazione professionale (OMISSIS) (C.R.S.R.T.), aveva chiesto ed ottenuto l’ingiunzione al datore di lavoro in persona del commissario liquidatore e all’assessorato del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell’emigrazione della regione Sicilia di pagargli la somma di euro 4.293,18 a titolo di differenze retributive. Il decreto ingiuntivo era stato confermato, in sede di relativo giudizio di opposizione, promosso il 25 agosto 2006 dall’assessorato.

Su appello di quest’ultimo, la Corte d’appello di Palermo, con sentenza depositata il 10 marzo 2010, ha revocato il decreto ingiuntivo, limitatamente alla intimazione di pagamento rivolta all’assessorato, accogliendo le difese di quest’ultimo, relative al suo difetto di legittimazione passiva (rectius, di titolarità passiva del rapporto dedotto in giudizio: sulla diversità delle due nozioni, cfr., ad es., Cass. 14 giugno 2006 n. 13756).

Per la cassazione di tale sentenza (OMISSIS) ha notificato in data 4 marzo 2011 ricorso, con un unico motivo, relativo alla violazione della Legge Regionale siciliana 6 marzo 1976, n. 24, articoli 7 e 14 e Legge Regionale 1 settembre 1993, n. 25, art. 2.

Resiste alle domande l’assessorato intimato (oggi Assessorato all’istruzione e alla formazione professionale) con rituale controricorso.

Il procedimento è regolato dall’art. 360 c.p.c. e segg. con le modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c.

Nell’ambito delle proprie competenze istituzionali la regione Sicilia ha approvato, in materia di formazione professionale, la Legge Base 6 marzo 1976, n. 24, relativa all'”Addestramento professionale dei lavoratori”.

Con tale legge è affidato all’assessorato regionale del lavoro il compito di promuovere, programmare, dirigere e coordinare le iniziative di formazione professionale (art. 1). A tal fine l’assessorato provvede, tra l’altro, a svolgere un’azione di coordinamento tra strutture formative, forze produttive, forze sociali e amministrazioni pubbliche interessate; alla concessione di contributi e sovvenzioni in favore di enti che si prefiggono finalità di formazione professionale; alla promozione ed alla istituzione di centri, corsi ed altre iniziative in materia, al riconoscimento di idoneità tecnico-didattica dei suddetti centri ed enti; alla relativa vigilanza tecnico-didattica ed amministrativo-contabile (art. 2); a promuovere, istituire e finanziare corsi di formazione, avvalendosi degli enti, anche di fatto, che abbiano per fine la formazione professionale (art. 3 e 4).

I corsi di formazione finanziati dalla regione si svolgono normalmente presso centri di formazione professionale gestiti dagli enti indicati, di cui sia accertata l’idoneità dall’assessorato regionale (art. 7); l’organizzazione e il funzionamento di tali centri sono disciplinati da un regolamento interno, il cui modello viene elaborato da una commissione istituita dall’art. 15 della legge ed approvato dall’assessore (art. 8).

Secondo l’art. 9 della legge, il contributo regionale potrà coprire, tra le altre, le spese relative agli oneri sociali, di legge e contrattuali per il personale degli enti.

Infine vengono stabiliti i requisiti necessari per l’assunzione, da parte degli enti dediti alla formazione, del personale preposto alle attività formative teoriche e pratiche e del personale amministrativo (art. 13) e per i docenti viene istituito un albo presso l’assessorato regionale e vengono disciplinate le relative modalità di iscrizione e di cancellazione (art. 14).

La seconda legge regionale invocata dalla parte ricorrente è la n. 25 del 1° settembre 1993, la quale all’art. 2 stabilisce che “al personale iscritto nell’albo previsto dalla Legge Regionale 6 marzo 1976, n. 24, art. 14 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato è garantita la continuità lavorativa e riconosciuto il trattamento economico e normativo previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria”.

Così richiamato il quadro normativo di riferimento e passando all’esame delle censure svolte nel ricorso, va subito precisato che, nonostante una certa ambiguità nello sviluppo delle relative difese, la domanda iniziale della parte ricorrente (il cui contenuto è richiamato nel suo atto in questa sede), come le sue attuali pretese, frustrate dalla decisione dei giudici dell’appello, fondano sull’assunto di una responsabilità diretta e solidale della Regione nei confronti dei dipendenti degli enti gestori di centri di formazione finanziati dalla Regione, in particolare quanto all’erogazione delle retribuzioni.

Senonché nessuna delle norme di legge regionale invocate a sostegno di tali tesi conduce al risultato voluto.

Appare infatti da numerosi passi della Legge Principale del 1976 che il personale docente o non, operante nei centri di formazione gestiti da enti, anche di fatto, finanziati dalla Regione e che perseguono tale finalità, è assunto, dipende ed è gestito e retribuito dall’ente medesimo, secondo principi stabiliti con legge regionale mentre nessun rapporto diretto intercorre con l’assessorato regionale, che assume unicamente i compiti di promozione, coordinamento, vigilanza e finanziamento dei corsi medesimi.

La legge regionale citata (e non l’assessorato) disciplina infine i requisiti per l’assunzione del personale degli enti che ricevono i finanziamenti, il suo stato giuridico ed economico e l’iscrizione del personale docente in apposito albo a garanzia della idoneità alla funzione.

Non appare inoltre ipotizzabile, alla stregua di tale normativa, l’assunzione da parte dell’assessorato di una garanzia diretta nei confronti dei lavoratori quanto all’osservanza da parte dell’ente dei suoi obblighi verso di essi, con particolare riferimento agli obblighi retributivi.

Sul piano economico, infatti, l’assessorato dispone unicamente il finanziamento totale o parziale dei corsi istituiti o promossi mentre gli obblighi retributivi, contributivi etc., eventualmente assolti utilizzando tali contributi, gravano unicamente sull’ente gestore.

La previsione di una garanzia diretta dell’assessorato nei confronti del personale degli enti per i debiti di questi ultimi (di cui pertanto dovrebbe rispondere in via solidale) non è infine rinvenibile nel citato Legge Regionale n. 25 del 1993, art. 2 il cui contenuto è stato sopra riprodotto, che si limita a richiamare quanto già riconosciuto dalla Legge Regionale n. 24 del 1976, art. 13, comma 6, relativamente all’applicazione al personale a tempo indeterminato degli enti del trattamento economico e normativo di cui al contratto collettivo di settore e a ribadire programmaticamente che a tale personale, in quanto a tempo indeterminato, è garantita la continuità lavorativa.

Del resto, questa Corte ha già in altra occasione rilevato, sia pure con riguardo alla situazione verificatasi in una diversa regione, la netta distinzione e autonomia tra il titolo costitutivo del diritto dei lavoratori verso l’ente di formazione finanziato dalla regione e quello del diritto di quest’ultimo nei confronti della regione tenuta al finanziamento, ipotizzando unicamente la possibilità di una c.d. garanzia impropria (che presuppone appunto titoli diversi: cfr., ad es. Cass. 29 luglio 2009 n. 17688) di questa verso quello, per tenerlo indenne da quanto pagato a titolo di retribuzioni, in assenza dell’erogazione del finanziamento dovuto (cfr. Cass. 2 febbraio 1998 n. 1020, citata dalla Corte territoriale ad ulteriore sostegno della decisione e paradossalmente da ambedue le parti, per trame argomenti di opposta valenza). La Corte territoriale avendo correttamente interpretato le leggi invocate a sostegno della domanda, conformemente a quanto sopra esposto, non merita le censure svolte dalla parte ricorrente.

Ove il collegio condivida le considerazioni sopra svolte, il ricorso andrà deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c.”.

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, valutando il ricorso manifestamente infondato e rigettandolo, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio, come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al resistente le spese di questo giudizio, liquidate in euro 40,00 per esborsi ed euro 1.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.