CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 gennaio 2014, n. 1568
Tributi – Accertamento – Simulazione del contratto – Prova a carico del fisco
Ritenuto in fatto
1. Nel corso di una verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza di Bolzano nei confronti della società A.L. s.n.c., i verbalizzanti acquisivano elementi dai quali traevano il convincimento che tra quest’ultima e la società G…… s.n.c. di P.B. e F. sussistesse un rapporto di commissione, in forza del quale la commissionaria G…… s.n.c. avrebbe ceduto alla committente A.L. s.n.c. diverse autovetture senza emissione di regolare fattura. L’Ufficio, mediante emissione di due avvisi di rettifica per gli anni 1995 e 1996, recuperava, pertanto, a tassazione l’IVA non versata dalla Giudici s.n.c., oltre interessi e sanzioni.
2. Gli atti impositivi venivano impugnati dalla contribuente dinanzi alla CTP di Brescia, che rigettava il ricorso.
2.1. La CTR della Lombardia, con sentenza n. 252/65/05, depositata il 18.1.06, accoglieva, peraltro, l’appello proposto dalla contribuente, ritenendo sussistente nella specie, tra le due società, non un rapporto di commissione, bensì un rapporto di procacciamento di affari, in forza del quale la A.L. s.n.c. procurava alla G….. s.n.c. la vendita di auto a clienti stranieri, emettendo fattura per le proprie prestazioni di intermediazione.
3. Per la cassazione della sentenza n. 252/65/05 ha, quindi, proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato a due motivi. La Giudici s.n.c. ha replicato con controricorso.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia la contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. e 111, co. 6 Cost.
1.1. L’impugnata sentenza non esporrebbe, infatti, le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione adottata, non consentendo, pertanto, di ricostruire l’iter logico-giuridico seguito dal Collegio, in relazione alle questioni sollevate dalle parti ed agli elementi di prova offerti a sostegno delle stesse.
1.2. Il motivo è infondato.
1.2.1. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che ha indotto il giudicante, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento. Per converso, il vizio in parola non può ritenersi sussistente quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di legittimità (cfr., tra le tante, Cass. S.U. 24148/13; Cass. 3370/12; 6288/11).
1.2.2. Ebbene, nel caso di specie, la CTR ha compiutamente ed esaustivamente esaminato, dandone atto nella motivazione della decisione adottata, gli elementi di prova documentale versati in atti, e segnatamente le fatture emesse dalla A.L. s.n.c. nei confronti della Giudici s.n.c., traendone il convincimento, adeguatamente motivato, che il rapporto tra le due società fosse da qualificare come un rapporto di procacciamento di affari. In forza di tale rapporto, a parere del giudice di appello, la A.L. s.n.c. procurava dei clienti privati tedeschi alla Giudici s.n.c., che provvedeva a rimetterle il compenso per l’intermediazione e l’assistenza alla vendita. Ed i passaggi essenziali di tale ricostruzione, operata dalla CTR, sono stati riportati dalla stessa Agenzia delle Entrate nel motivo di ricorso.
1.2.3. Se ne deve necessariamente inferire, a giudizio della Corte, che il dedotto vizio motivazionale finisce per tradursi in una richiesta di riesame del procedimento logico-giuridico effettuato dalla CTR, poiché non conforme alle aspettative di parte ricorrente; istanza questa, peraltro, non accoglibile in questa sede di legittimità, per i motivi suesposti.
2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1731, 1742, 2729 c.c. e 54 d.P.R. 633/72, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
2.1. Sostiene, invero, l’Amministrazione finanziaria che l’A.L. s.n.c., in qualità di mandante, desse incarico alla G….. s.n.c., in qualità di mandatario, di provvedere all’acquisto di autovetture da destinare alla vendita a clienti tedeschi, in forza di un contratto di commissione, ai sensi degli artt. 1731 e ss. c.c. Configurando la fattispecie negoziale in questione una forma particolare di mandato senza rappresentanza – stante il tenore letterale dell’art. 1731 c.c., che fa riferimento a vendite o acquisti da effettuarsi per conto del committente ed in nome del commissionario – la G….. sarebbe stata, pertanto, obbligata – secondo la ricorrente – a trasferire le auto acquistate per conto della A.L. s.n.c. a quest’ultima, in adempimento del contratto suindicato (art. 1706, co. 2 c.c.). Con la conseguenza che, trattandosi di passaggi dal commissionario al committente di beni acquistati in esecuzione di un contratto di commissione, la commissionaria G….. s.n.c. avrebbe dovuto fatturare le diverse cessioni delle autovetture alla committente A.L. s.n.c., attesa la previsione dell’art. 2, co. 2 n. 3) d.P.R. 633/72, che assoggetta tali operazioni ad IVA, assimilandole alle cessioni ordinarie di beni.
2.2. Per contro, la G….. s.n.c. – secondo la ricostruzione operata dall’Ufficio – aveva provveduto ad alienare direttamente ai clienti tedeschi le autovetture acquistate per conto della A.L. s.n.c., omettendo di fatturare la cessione delle auto a quest’ultima, in adempimento del contratto di commissione. La A.L. s.n.c. aveva provveduto, peraltro, ad emettere fatture per le proprie provvigioni di intermediazione e di assistenza alla vendita nei confronti della G….. s.n.c.
2.3. In tal modo le due società, ad avviso dell’Ufficio, avrebbero simulato l’esistenza di un contratto di procacciamento di affari, dissimulando il reale contratto di commissione tra le stesse intercorso, al fine di evitare alla commissionaria G…… s.n.c. la fatturazione ed il conseguente versamento dell’IVA sulle cessioni operate, in qualità di commissionaria, nei confronti della committente A.L. s.n.c.
3. La censura è infondata.
3.1. E’ noto che la figura contrattuale atipica del procacciatore di affari, la cui attività consiste nel raccogliere le ordinazioni dei clienti, trasmettendole, poi, alla casa, che resta libera di accettarle o meno, è chiaramente distinguibile da quella dell’agente, per un verso, e da quella del mandatario, per altro verso.
3.1.1. A differenza dell’agente – il quale non si limita a raccogliere episodicamente le ordinazioni dei clienti, ma promuove stabilmente la conclusione di contratti (senza tuttavia concluderli direttamente, neppure se fornito di poteri di rappresentanza) per conto del preponente, nell’ambito di una determinata sfera territoriale – il procacciatore di affari opera senza alcun vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccogliendo le ordinazioni dei clienti e trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni (Cass. 13629/05; 12776/12).
3.1.2. Inoltre – ed è il profilo che qui più interessa – il procacciatore di affari si differenzia dal mandatario senza rappresentanza – tenuto a compiere uno o più atti giuridici per conto del mandante (art. 1703 c.c., acquistando i diritti ed assumendo gli obblighi derivanti dagli atti compiuti per i terzi, per ritrasferirli, poi, al mandante – poiché non dispone dei poteri decisori del mandatario, operando il procacciatore come semplice veicolo di trasmissione delle proposte, che di regola raccoglie per iscritto in appositi moduli fornitigli dalla casa, nel cui interesse egli procura gli affari (Cass. 3932/68).
3.2. Orbene, è evidente che, stante la chiara e netta distinzione operabile tra le figure contrattuali sopra descritte, costituisce – sul piano generale – onere di colui che affermi la sussistenza dell’una, dissimulata attraverso la simulazione dell’altra, di fornire la prova della vicenda simulatoria dedotta (Cass. 9012/09).
Con specifico riferimento alla prova dei contratti che possano integrare una frode al fisco, questa Corte ha – di poi – avuto modo di affermare che, in base al criterio stabilito in via ordinaria dall’art. 2697 c.c., l’Amministrazione finanziaria, qualora faccia valere la simulazione assoluta o relativa di un contratto stipulato dal contribuente, ai fini della regolare applicazione delle imposte, non è dispensata dall’onere della relativa prova, la quale, tenuto conto della qualità di terzo dell’Amministrazione, può essere offerta con qualsiasi mezzo, e quindi anche mediante presunzioni. Ed è evidente che, incidendo l’accordo simulatorio sulla volontà stessa dei contraenti, detta prova non può rimanere circoscritta ad elementi di rilevanza meramente oggettiva, ma deve necessariamente proiettarsi anche su dati idonei a disvelare convincentemente i profili negoziali di carattere soggettivo, riflettentisi sugli scopi perseguiti, in concreto, dalle parti (cfr. Cass. 17221/06; 1549/07; 12249/10).
3.3. Sennonché, nel caso di specie, a fronte dell’unico dato documentale certo, costituito dalle fatture emesse dalla A.L. nei confronti della Giudici s.n.c., per le provvigioni relative all’attività di intermediazione e di assistenza nelle vendite operate dalla Giudici s.n.c. ai clienti esteri procurati dalla stessa A.L. s.n.c., che dimostravano – con evidenza – l’esistenza di un rapporto di procacciamento di affari, nessuna prova di segno contrario ha offerto l’Amministrazione finanziaria, a sostegno della pretesa simulazione di tale contratto.
La sussistenza di un dissimulato contratto di commissione è rimasta, invero, nel ricorso introduttivo del presente giudizio, al livello di una mera asserzione sfornita del benché minimo elemento di riscontro sul piano probatorio, in violazione dei principi suesposti, in materia di onere della prova della simulazione.
4. Per tutti i motivi che precedono, pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
5. Le spese del presente giudizio vanno poste a carico della ricorrente, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500,00, oltre ad € 200,00 per esborsi ed accessori di legge.
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