CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 agosto 2013, n. 18527
Lavoro – Retribuzione imponibile ai fini previdenziali – Polizza assicurativa – Stipulata dal datore per conto del dipendente – Rischi professionali ed extraprofessionali del lavoratore – Premio di solidarietà
Svolgimento del processo
1.- Con sentenza del 12.06,02 il Tribunale di Parma rigettava i due ricorsi, riuniti in corso di causa, con cui l’Unione Parmense degli Industriali (UPI) affermava di non essere tenuta a pagare il contributo previdenziale di solidarietà sui premi pagati per assicurare i rischi professionali ed extraprofessionali dei propri dipendenti nei periodi 1986-91 e 1993-97, richiesto dall’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS) ai sensi dell’art. 1, c. 194, della l. 23.12.96 n. 662 e dell’art. 9 bis, d. 1, del dl 29.03.91 n. 103 (conv. dalla 1. 1.06.91 n. 166) e quantificato in £ 38.987.000, dapprima con verbale di accertamento e successivamente con cartella esattoriale notificata dalla locale società di riscossione.
2.- Proposto appello dall’UPI, la Corte d’appello di Bologna con sentenza in data 10.12.07 accoglieva l’impugnazione dichiarando la nullità della cartella esattoriale e l’inesistenza del credito contributivo vantato dall’INPS.
3.- La Cotte osservava che le polizze assicurative erano state stipulate per assicurare un rischio del datore di lavoro e, non integrando la retribuzione dei dipendenti, non costituivano fringe benefits sottoposti a contribuzione ai sensi dell’art. 12 della 1. 30.04.69 n. 153. Rilevava, inoltre, che nella fattispecie l’esistenza dell’obbligo contributivo non era regolato dall’art. 9 bis del decreto legge n. 103 del 1991 di interpretazione autentica dell’art. 12 della legge n. 153 del 1969, come modificato dall’art. 1, c. 193-194-195, della legge n. 662 del 1996 (per la quale l’obbligo contributivo sul finanziamento di “casse, fondi, gestioni o forme assicurative” esisteva solo nei limiti di un contributo di solidarietà del 10%, fermo restando che per il periodo antecedente il 30.06.91 i datori inadempienti erano tenuti a titolo di sanatoria al pagamento onnicomprensivo del 15% annuo sui pagamenti effettuati. L’art. 9 bis in questione, nell’assoggettare al contributo previdenziale il finanziamento di gestioni o forme assicurative, intendeva colpire esclusivamente esborsi già rientranti nella ordinaria contribuzione previdenziale, ma non i premi assicurativi dei rischi professionali ed extraprofessionali, che, per un principio immanente nel sistema (affermato da copiosa giurisprudenza) già erano esclusi dalla retribuzione previdenziale. La ricorrente Unione non era, pertanto, tenuta a corrispondere il contributo previsto dall’art. 9 bis né nella misura ordinaria del 10% (dall’1.07.91), né nella misura a sanatoria del 15% (per il periodo precedente). La Corte d’appello riteneva, in ogni caso, maturata la prescrizione quinquennale del credito contributivo.
4.- Avverso questa sentenza FINPS propone ricorso per cassazione, cui risponde (…) con controricorso.
Motivi della decisione
5.- I motivi di impugnazione dell’INPS possono essere sintetizzati come segue.
5.1.- Carenza di motivazione, in quanto il giudice di appello avrebbe affermato che i premi erano connessi a polizze assicurative che soddisfacevano un interesse proprio del datore di lavoro e non costituivano una erogazione a favore dei dipendenti in maniera apodittica, senza alcun supporto motivazionale, omettendo di esaminare i contratti di assicurazione. In ogni caso, con questa affermazione sì porrebbe in contraddizione l’affermazione del giudice che le polizze assicurative avevano anche “l’obiettivo dichiarato di integrare le prestazioni derivanti dal sistema previdenziale ed assistenziale”.
5.2.- violazione dell’art. 12 della 1. 30.04.69 n. 153, dell’art. 9 bis del d.l. 29.03.91 n. 103 (conv. dalla 1.1.06.91 n. 166), dell’art. 1, c. 193 e 194, della 1. 23.12.96 n. 662, in relazione all’art. 3, c. 9 e 10, della 1. 8.08.95 n. 335, in quanto il giudice dì appello ha erroneamente affermato che l’esclusione dei premi assicurativi dalla contribuzione deriverebbe direttamente dall’art. 12 della 1. n. 153 del 1969, atteso che quest’ultima disposizione non prevede la fattispecie in esame tra le ipotesi di esclusione del versamento dei contributi assicurativi. E’, dunque, erronea anche l’affermazione dell’avvenuta prescrizione del credito, che è basata tutta sull’inapplicabilità ai premi assicurativi delle norme regolatrici del contributo di solidarietà introdotte successivamente all’entrata in vigore di detta norma.
6.- L’art. 12 della 1, 30.04.69 n. 153, nel testo originario rilevante ratione temporis (anteriore alla riforma introdotta con il d.lgs. 2.09.97 n. 314), prevedeva che “per la determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, sì considera retribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in danaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro” (c. 1), prevedendo nei commi successivi l’esclusione di altre attribuzioni a carattere retributivo che qui non rilevano.
L’art. 9 bis del d.l. 29.03.91 n. 103 (conv. dalla l. 1.06.91 n. 166) escludeva dalla retribuzione imponibile di cui all’art. 12 che precede “le contribuzioni e le somme versate o accantonate … a finanziamento dì casse, fondi, gestioni o forme assicurative previsti da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari, nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione. …” (c. 1). Lo stesso articolo prevedeva in via transitoria, a decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, che “per le contribuzioni o le somme di cui al comma 1 è dovuto un contributo di solidarietà ad esclusivo carico dei datori di lavoro nella misura del dieci per cento in favore delle gestioni pensionistiche di legge cui sono iscritti i lavoratori” (c. 2).
Dichiarata l’incostituzionalità della parte finale del detto c. 1, nella parte in cui esonerava dai contributi i datori che alla data di entrata in vigore della legge di conversione non avessero ancora provveduto al pagamento o avessero provveduto posteriormente (Corte cost. 8.09.95 n. 421), la 1. 23.12.96 n. 662, art. 1, affermava l’applicabilità della disposizione anche ai periodi precedenti quella data (c. 192) e prevedeva che, limitatamente al periodo contributivo 1.09.85-30.06.91, i datori di lavoro erano tenuti al pagamento dei contributi previdenziali nella misura del 15 % sulle somme versate o accantonate di cui all’articolo 9 bis, c. 1.
La presente controversia ha ad oggetto la richiesta dell’INPS di ottenere da (…) il pagamento del contributo di solidarietà (nella
percentuale applicabile ratione legis secondo la scansione temporale sopra riferita) per le somme pagate da detta Unione per assicurare i rischi professionali ed extra professionali dei propri dipendenti nei periodi 1986-91 e 1993-97, assumendo l’Istituto che le stesse rientrerebbero tra “le somme versate o accantonate … a finanziamento di -.. forme assicurative previste da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari” di cui al richiamato art. 9 bis.
7.- La retribuzione imponibile ai fini previdenziali, prevista dall’art. 12 della legge n. 153 del 1969, c. 1, comprende tutto ciò che in danaro od in natura venga dal datore di lavoro corrisposto in favore del lavoratore in costanza del rapporto di lavoro, con esclusione delle somme erogate per uno dei titoli elencati nel capoverso successivo, a nulla rilevando che l’attribuzione patrimoniale venga effettuata non nelle mani del lavoratore medesimo, ma a terzi estranei al rapporto di lavoro, oppure consista in somme accantonate su fondi previdenziali od assistenziali. Detta attribuzione patrimoniale deve essere causalmente ricollegata (anche latu sensi) al rapporto dì lavoro e deve assicurare al lavoratore un bene o un vantaggio economicamente valutabile (Cass. 22.11.11 n. 24602 e 5,06.07 n. 13097).
Con riferimento alla fattispecie ora in esame, la stessa giurisprudenza evidenzia che rientrano nella retribuzione imponibile le somme (continuativamente ed obbligatoriamente) erogate dal datore di lavoro ad una compagnia di assicurazione per il pagamento del premio di una polizza assicurativa dei suoi dipendenti (“terzi” beneficiari del contratto assicurativo) contro i rischi da infortuni extraprofessionali (ossia verificatisi fuori dall’attività lavorativa); mentre non rientrano nella retribuzione imponibile i premi pagati dal datore di lavoro per l’assicurazione dei rischi da infortuni professionali (ossia verificatisi a causa od in occasione dell’attività lavorativa), perché in tal caso il pagamento del premio non costituisce un’integrazione della retribuzione, ma è diretto a soddisfare un’obiettiva esigenza del datore di lavoro di cautelarsi dagli eventuali effetti della propria responsabilità ex art. 2087 cod. civ., o per il fatto dei propri dipendenti (v. la citata sentenza n. 24602 del 2011).
Il giudice di merito ha accertato che le somme su cui è richiesto il contributo dì solidarietà sono quelle pagate dal datore di lavoro a titolo di premio per polizze stipulate al fine per la copertura dei rischi dei propri dipendenti – professionali ed extraprofessionali – “connessi con eventuali domande risarcitorie”. Lo stesso giudice ritiene, inoltre, che detta polizze avrebbero l’obiettivo di integrare le prestazioni derivanti dal sistema previdenziale ed assistenziale, di modo che le stesse non costituiscono integrazione della retribuzione, né comportano trasferimento di ricchezza dall’imprenditore ai dipendenti (pag. 10 della motivazione).
Tale accertamento, tuttavia, è compiuto in maniera apodittica, senza specifica indagine circa il contenuto dei contratti assicurativi, dei quali viene data una descrizione meno che sommaria. E’, invece, necessario che i contratti vengano valutati sulla base delle pattuizioni ivi specificamente adottate, al fine di verificare se le somme versate all’assicuratore rientrino nella tipologia delle attribuzioni patrimoniali effettuate indirettamente a favore del lavoratore (nel caso che il contratto copra il rischio da infortunio verificatosi fuori dell’attività lavorativa), o in quella dei pagamenti effettuati per soddisfare un interesse diretto ed immediato del datore (nel caso che l’assicurazione copra rischi rientranti nello svolgimento dell’attività lavorativa). In questo secondo caso, infatti, il pagamento del premio non costituirebbe un’integrazione della retribuzione.
8.- In ragione dell’insufficiente esame compiuto dal giudice di merito, sono dunque fondati il primo motivo e quella parte del secondo che sostiene la non automatica esclusione dei premi assicurativi dal concetto di retribuzione imponibile, mentre deve ritenersi assorbito il secondo profilo di censura del secondo motivo, attinente la prescrizione del credito.
Il ricorso va dunque accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice di merito che procederà a nuovo esame secondo Ì principi indicati al capo che precede, all’esito pronunziando anche sull’eccezione di prescrizione e sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, anche per la pronunzia sulle spese del giudizio di legittimità.
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