CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 maggio 2019, n. 12335
Cooperative – Lavoratori domestici – Inquadramento previdenziale – Retroattività – Errore inquadramento operato d’ufficio dall’INPS
Rilevato che
1. con sentenza del 10 luglio 2013 la Corte d’appello di Milano confermava la decisione del Tribunale di Como di accoglimento dell’opposizione proposta dalla Casa di Riposo I. Società Cooperativa a r.l. (d’ora in avanti, cooperativa) alla cartella esattoriale con la quale l’INPS, in proprio, e quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a., le aveva chiesto il pagamento della somma di euro 178.706,22 a titolo di contributi, somme aggiuntive e spese da versarsi alla Gestione Lavoratori dipendenti dovuti con riferimento al personale di cui al verbale ispettivo del 29 aprile 2008 a seguito del quale i dipendenti, inquadrati come lavoratori domestici, erano stati iscritti al Fondo Lavoratori Dipendenti con la richiesta dei contributi retroagente al 2006 ovvero dalla modifica statutaria della cooperativa non comunicata all’INPS e dalla quale era derivato – nell’assunto dell’istituto – il predetto mutamento di inquadramento;
2. ad avviso della Corte territoriale il nuovo inquadramento non poteva avere effetto retroattivo dalla detta variazione dello statuto essendo quest’ultima irrilevante in quanto l’iniziale inquadramento, operato d’ufficio nel 1998, era frutto di un errore dell’INPS al quale, peraltro, la cooperativa stessa si era opposta chiedendo di poter pagare la contribuzione “secondo le norme dei lavoratori comuni”;
3. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’INPS affidato ad un unico motivo cui resiste la cooperativa con controricorso e spiegando, a sua volta, ricorso incidentale condizionato fondato su un motivo; Equitalia Nord s.p.a. è rimasta intimata;
4. entrambe le parti hanno depositato memorie;
Considerato che
5. con l’unico motivo del ricorso principale si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 comma 8, della legge 8 agosto 1995 n. 335 (in relazione all’art. 360: primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) per avere la Corte territoriale errato nel ritenere non ricorrenti i presupposti cui l’art. 3, comma 8, citato subordina la retroattività dell’efficacia dell’inquadramento previdenziale evidenziandosi come, nel caso in esame, la variazione effettuata nel 2008 a seguito di nuovo accesso ispettivo era avvenuta non all’esito di una diversa valutazione di circostanze di fatto già esistenti sulle quali era fondato il primo inquadramento, bensì sulla valutazione di una nuova situazione di fatto costituita, appunto, dalla variazione dello statuto operata nel 2006 la cui omessa comunicazione era assimilabile ad una inesatta informazione;
6. il motivo è infondato. Osserva il Collegio che la Corte territoriale ha sottolineato come l’inquadramento operato d’ufficio dall’INPS nel 1998 (anche in quella occasione a seguito di un’ispezione) fosse errato in quanto non si era in presenza di una “convivenza familiare”, ma di una società cooperativa a responsabilità limitata che gestiva “una casa di riposo per infermiere dell’Ospedale Maggiore di Milano e altri ospedali similari” la quale non poteva in alcun modo essere equiparata al datore di lavoro domestico a tanto non essendo sufficiente il fatto che per poter accedere al servizio occorreva acquisire una quota della cooperativa medesima, ciò anche in considerazione che su delibera del CdA potevano esser ammessi come soci anche soggetti non aventi i menzionati requisiti; ha sottolineato, altresì, come la cooperativa si fosse opposta al detto inquadramento presentando reclamo rigettato dall’istituto. La Corte, quindi, dopo aver riportato il principio secondo cui <<In materia di classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali e ai fini dell’applicabilità dell’art. 3, comma ottavo, della legge n. 335 del 1995 – che fissa la regola che gli effetti della variazione della classificazione si producono dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento, con la sola eccezione, con conseguente retroattività degli effetti della variazione, dell’ipotesi in cui l’inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro – l’omessa comunicazione dei mutamenti intervenuti nell’attività svolta dall’azienda, la quale, per effetto delle scelte operate dall’imprenditore, assume caratteristiche tali da comportare una diversa classificazione ai fini previdenziali, è da equiparare all’ipotesi delle dichiarazioni inesatte, giacché, alla stregua della comune “ratio” di assicurare la corrispondenza della classificazione, a fini previdenziali, all’effettiva attività dei datori di lavoro, anche in caso di omessa comunicazione – rispetto al quale la sanzione amministrativa comminata dall’art. 2 del d.l. n. 362 del 1978 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 467 del 1978) ribadisce, per un verso, l’obbligo della comunicazione e, per altro verso, non esaurisce gli effetti dell’omissione stessa – si realizza, sia pure in un momento successivo, una discrasia tra l’effettività della situazione e le dichiarazioni sulle quali la classificazione iniziale era fondata. >> (Cass. n. 8558 del 11/04/2014 ; Cass. n. 13383 del 23/05/2008) giustamente ha valutato che il nuovo inquadramento non poteva retroagire perché l’omessa comunicazione della variazione dello statuto non aveva avuto alcuna efficacia causale dell’erroneo inquadramento essendo l’attività esercitata dalla cooperativa rimasta in sostanza la stessa e con le medesime caratteristiche di quella sin dall’inizio svolta e comunicata all’INPS ma da quest’ultimo erroneamente inquadrata;
7. il rigetto dell’unico motivo del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato fondato su un unico motivo;
8. pertanto, il ricorso principale va rigettato con assorbimento di quello incidentale condizionato;
9. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore della Cooperativa; nulla per le spese nei confronti Equitalia Nord s.p.a. rimasta intimata;
10. sussistono i presupposti Per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato, condanna l’INPS alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 7.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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