CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 settembre 2013, n. 20245
Tributi – Agevolazioni tributarie – Credito di imposta – Incremento occupazione di cui all’art. 7, comma 10, della Legge n. 388 del 2000 – Cumulabilità con altri benefici – Ammissibilità – Limiti – Quantificazione del tetto massimo – Inclusione anche del credito di imposta di cui all’art. 8 della medesima legge.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 332/40/2007 del 18/05/2007, depositata in data 25/06/2007, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio Sezione Staccata di Latina respingeva, con compensazione delle spese di lite, l’appello proposto, in data 2/12/2005, dall’Agenzia delle Entrate Ufficio di Sora avverso la decisione n. 51/08/2004 della Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone, che aveva accolto parzialmente (con riduzione del credito, a favore dell’Ufficio, ad € 6.817,00) il ricorso proposto dal Fallimento T2A contro l’avviso, notificato nel gennaio 2004, di recupero del credito d’imposta, indebitamente utilizzato, dall’impresa, all’epoca, in bonis, a fronte di un incremento dell’occupazione ai sensi dell’art. 7 l. 388/2000, per gli anni dal 2001 al 2003, sia perché in violazione (avendo l’impresa, nel triennio, usufruito anche dell’ulteriore agevolazione di cui all’art. 8 l. 388/2000) della c.d. regola comunitaria “de minimis”, prevista dal Regolamento CE n. 69/01, art. 2, in relazione all’art. 107 – già 87 – par. l Trattato CE, sugli aiuti di Stato, che limitava invece il suddetto credito di imposta ad € 100.000,00, sia perché fruito anche in relazione a due dipendenti assunti antecedentemente al 01/01/2001.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva il gravame dell’Agenzia delle Entrate, in quanto non era desumibile una incompatibilità, “non prevista espressamente” né “desumibile stando al tenore letterale delle due norme” tra l’agevolazione di cui all’art. 7 comma 10 l. 388/2000 e quella di cui al successivo art. 8.
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo tre motivi, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.
(Motivo 1, in relazione all’art. 7 comma 10 l. 388/2000, dovendo ritenersi che, ai fini della determinazione dell’importo massimo del credito d’imposta di cui all’art. 7 comma 10 (la regola c.d. de minimis), si debba tener conto anche del credito d’imposta per nuovi investimenti ottenuto ai sensi dell’art. 8 l. 388/2000) e n. 4 c.p.c. (Motivo 2, in relazione all’art.112 c.p.c., non essendosi i giudici tributari pronunciati sul motivo di appello concernente il capo della sentenza di primo grado nel quale, malgrado l’assenza di contestazioni, da parte del contribuente, in ordine al recupero a tassazione, operato dall’Ufficio, del credito d’imposta indebitamente fruito, nel triennio 2001-2002 e 2003, per l’assunzione di due dipendenti avvenuta prima del 01/01/2001, si era riconosciuto, a favore dell’Erario, soltanto il credito di € 6.817 per l’anno 2001, non confermandosi anche i crediti (di € 6.403 e di € 6.404, rispettivamente) inerenti gli anni 2002 e 2003), e per omessa motivazione su di un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (Motivo 3, sempre in relazione all’omessa motivazione su specifico motivo di appello, già oggetto del secondo motivo). Non ha resistito il contribuente con controricorso.
Motivi della decisione
L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta con il primo motivo la violazione dell’art. 7 comma 10 l. 388/2000, dovendo ritenersi che, ai fini della determinazione dell’importo massimo del credito d’imposta di cui all’art. 7 comma 10, secondo la regola comunitaria c.d. de minimis, si debba tener conto anche del credito d’imposta per nuovi investimenti ottenuto dalla medesima impresa ai sensi dell’art. 8 l. 388/2000.
Il motivo è fondato.
Il legislatore nazionale, al comma 10 dell’art. 7 l. 388/2000, disciplinante gli incentivi concessi, in forma di credito d’imposta, ai datori di lavoro che incrementano la base occupazionale, ha previsto che: “Per i datori di lavoro che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2001 e il 31 dicembre 2003 effettuano nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato da destinare a unità produttive ubicate nei territori individuati nel citato articolo 4 e nelle aree di cui all’obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999, del Consiglio, del 21 giugno 1999, nonché in quelle delle regioni Abruzzo e Molise, spetta un ulteriore credito d’imposta. L’ulteriore credito d’imposta, che è pari a lire 400.000 per ciascun nuovo dipendente, compete secondo la disciplina di cui al presente articolo. All’ulteriore credito di imposta di cui al presente comma si applica la regola de minimis di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità europee 96/C68/06, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C68 del 6 marzo 1996, e ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione purché non venga superato il limite massimo di lire 180 milioni nel triennio”.
Deve rammentarsi che la Commissione CE già nel 1992 (e, successivamente, nel 1996) aveva introdotto, con una propria Comunicazione, la regola “de minimis” per la quale gli aiuti di esigua entità (aiuti appunto “de minimis”) non rientrano nel campo d’applicazione dell’art. 87, par. 1, del Trattato, perché, concretamente, non hanno effetti sulla concorrenza e sugli scambi ed, in quanto tali, non sono soggetti all’obbligo di previa notifica alla Commissione (ex art. 88, par. 3 del Trattato). Per la Commissione, infatti gli aiuti che non superano l’importo di 100.000 ECU (circa 200 milioni di lire) in tre anni non rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 92 del Trattato, in quanto non produrrebbero degli effetti percettibili sugli scambi e sulla concorrenza (Comunicazione della Commissione relativa agli aiuti de minimis , in GUCE C 68 del 6 marzo 1996, p- 9).
Ora, nel legittimo esercizio dei suoi poteri discrezionali, il legislatore nazionale ha inteso riconoscere il beneficio dell’ulteriore credito d’imposta in esame, in misura limitata e non in rapporto al numero di lavoratori effettivamente assunti, facendo proprio, in via di rinvio alla relativa fonte normativa, il criterio comunitario c.d. “de minimis” (cfr. Cass. 21797/2011, nella quale si è, in particolare, affermato che “tale adottata modalità di delimitazione della agevolazione accordata (qualunque ne sia la natura) rientra nel legittimo esercizio delle scelte discrezionali dei legislatore, essendo consentito legiferare con la tecnica del rinvio (recettizio o formale) a norme di altro ordinamento e non riscontrandosi violazioni della normativa comunitaria, atteso che questa se pone agli stati membri il divieto di concedere “aiuti di Stato” in misura eccedente la regola “de minimis”, non impedisce loro di circoscrivere benefici fiscali entro soglie predefinitè’ ).
L’art. 8 stessa legge introduce poi altre agevolazioni fiscali a fronte di nuovi investimenti in aree svantaggiate ed il primo comma così recita: “Ai soggetti titolari di reddito d’impresa, esclusi gli enti non commerciali, che, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2000 e fino alla chiusura del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2006, effettuano nuovi investimenti nelle aree territoriali individuate dalla Commissione delle Comunità europee come destinatarie degli aiuti a finalità regionale di cui alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c) , del Trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209, è attribuito un credito d’imposta entro la misura massima consentita nel rispetto dei criteri e dei limiti di intensità di aiuto stabiliti dalla predetta Commissione. Per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2000 sono agevolabili i nuovi investimenti acquisiti a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge o, se successiva, dall’approvazione del regime agevolativo da parte della Commissione delle Comunità europee. Il credito d’imposta non è cumulabile con altri aiuti di Stato a finalità regionale o con altri aiuti che abbiano ad oggetto i medesimi beni che fruiscono del credito d’imposta”.
L’agevolazione compete sugli investimenti effettuati a decorrere dal 14 marzo 2001, vale a dire dal giorno successivo alla data di approvazione da parte dell’Unione europea del regime agevolativo e non può superare la misura massima consentita nel rispetto dei criteri e dei limiti di intensità di aiuto stabiliti dalla Commissione europea.
Il legislatore nazionale tuttavia, nel disciplinare la possibilità di cumulo delle agevolazioni fiscali prescritte dall’art.7 comma 10, della stessa legge n. 388 del 2000, con altre forme di aiuto, ha ben individuato la portata della regola “de minimis”, prevista per le agevolazioni fiscali (di modesta entità) ivi prescrite.
Infatti, la possibilità di cumulo è limitata alla condizione di non superamento, per i benefici fruiti ai sensi dell’art.7, del limite massimo “di £ 180.000.000 nel triennio” (€ 100.000,00).
Come già sopra ribadito, il criterio comunitario de minimis è stato espressamente adottato (“in via di rinvio alla relativa fonte normativa”) dal legislatore nazionale, “nel legittimo esercizio dei suoi poteri discrezionali”, quale tetto massimo (“misura limitata”) dell”’ulteriore credito d’imposta in rassegna” attribuito ai datori di lavoro (Cass. n. 21797 del 2011; cfr. di recente Cass. 17440 – 17441 del 2012, Cass. 12869/2012 e Cass. 12635/2012).
In conclusione, l’importo del credito d’imposta per nuovi investimenti di cui all’art. 8 l. 388/2000 deve essere preso in considerazione ai fini dell’applicazione della regola “de minimis” (e dell’individuazione del limite quantitativo da detta regola contemplata) agli aiuti di cui all’art. 7, comma 10, della stessa legge.
Con il secondo motivo, la ricorrente invoca inoltre la nullità della sentenza per avere i giudici tributari omesso di pronunciare su specifico motivo di appello (ritrascritto in ricorso), inerente il mancato riconoscimento, nella sentenza della C.T.P. di Frosinone, anche dei crediti, a favore dell’Ufficio, da recupero a tassazione anni 2002 e 2003.
Anche detto motivo è fondato, in quanto nella sentenza impugnata della C.T.R. viene esaminato esclusivamente il motivo incentrato sulla estensione della regola “de minimis” alle due tipologie di agevolazioni fiscali, disciplinate dagli artt. 7 e 8 l. 388/2000, pur dandosi atto che i giudici di primo grado avevano ridotto il credito a favore dell’Ufficio a soli € 6.817,00 e che l’appellante Agenzia delle Entrate aveva nell’appello “ribadito i motivi riportati nell’atto impugnato”.
Il primo ed il secondo motivo vanno pertanto accolti, assorbito l’esame del terzo motivo, e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio. Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta sezione civile, l’11/04/2013.
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